Si racconta che Michelangelo, dopo avere completato una delle sue opere più importanti, il Mosè, data la sua verosimiglianza con il profeta che aveva in mente, sin dal primo colpo sul marmo, gli abbia chiesto: “perché non parli?”. Non ottenendo, ovviamente, nessuna risposta, gli tirò il martello e lo colpì al ginocchio destro dove ancora oggi è visibile il segno. Certo, Michelangelo desiderava che Mosè gli dicesse qualcosa, magari che gli raccontasse la sua vera vita, ma, come sappiamo, le statue non parlano. Non parlano nemmeno gli animali con la sola eccezione dell’uomo. Non parlano neppure gli scimpanzé, che sono gli animali a noi più prossimi e che sono dotati di una morfologia fonatoria molto vicina alla nostra.
Eppure gli animali fanno cose veramente straordinarie. Per esempio, gli uccelli migratori sanno orientarsi per ritornare in un luogo lontano migliaia di chilometri in cui hanno nidificato l’anno precedente. I pipistrelli sanno orientarsi nel buio più pesto. Una gallina sa riconoscere il suo pulcino tra migliaia di altri pulcini. I predatori (leoni, pantere, iene e licaoni) sanno distinguere in un branco, tra centinaia di prede possibili, quella più facile da rincorrere e agguantare perché poco protetta o malata. In conclusione, gli animali fanno delle cose veramente sorprendenti, eppure non parlano. Ma di che cosa avrebbero bisogno per parlare?
Oltre a possedere una struttura morfologica adeguata alla emissione dei suoni, dovrebbero avere anche altre caratteristiche: i cosiddetti tratti costitutivi del linguaggio articolato. I più importanti sono: avere la possibilità di trasmettere a distanza i suoni e possedere una ricezione direzionale (questa caratteristica è esclusivamente umana); e poi la trasmissione dei suoni deve essere veloce, il parlante deve capire l’effetto che suscita su chi ascolta la produzione dei suoi segnali sonori, la comunicazione deve avere un valore, oltre che sintattico, semantico e riferirsi anche a fatti distanti nel tempo e nello spazio, le frasi devono avere un chiaro contenuto proposizionale, il parlante deve assumere che le sue intenzioni siano chiare e produrre gli effetti desiderati.
Non secondario è il fatto che il parlante deve avere una visione interiore di quello che sta dicendo, deve quindi possedere la capacità, per esempio, di mentire e di apprendere un’altra lingua. Queste sono le caratteristiche più importanti, sebbene ne esistano altre, come per esempio la ricorsività, cioè la capacità di costruire nuove frasi utilizzando uno stesso vocabolario.
Se esiste un animale che possiede quasi tutte queste caratteristiche, straordinariamente, è lo scimpanzé, nemmeno il gorilla o l’orango le posseggono sebbene siano scimmie antropomorfe come lo scimpanzé. È vero, lo scimpanzé, per esempio, per quanto riguarda la capacità di riflettere su quello che vuole segnalare non possiede una comunicazione articolata come quella umana, però può usare quella del linguaggio dei segni che può acquisire e con cui può riflettere e persino fare delle ipotesi. Uno scimpanzé ha l’intelligenza per poter ingannare e, se vogliamo, dal momento che può apprendere il linguaggio dei segni, per poter anche imparare un’altra lingua per comunicare il proprio pensiero.
Allora, perché lo scimpanzé non parla? Eppure avrebbe l’intelletto e il potere cognitivo per poterlo fare. Certamente non per sua scelta. Ha un apparato fonatorio che non glielo consente. Per capire la questione, dobbiamo mettere a confronto l’apparato fonatorio dello scimpanzé con quello dell’uomo e vedere che ci sono delle differenze che hanno impedito allo scimpanzé di parlare. Rispetto allo scimpanzé la cavità orale dell’uomo è più corta e più larga, ha una mandibola più leggera e, cosa molto importante, la laringe nel collo dell’uomo è situata più in basso e quindi con una cavità faringea più ampia e ad angolo retto rispetto alla cavità orale. La lingua nell’uomo è più corta ma più larga e può modificare la forma e le dimensioni della cavità faringea e di quella orale, fondamentali per emettere i suoni, le vocali soprattutto, cosa che lo scimpanzé è incapace di fare.
C’è poi un’altra questione non trascurabile che riguarda, appunto, l’evoluzione dell’apparato fonatorio nell’uomo. All’inizio, prima che diventassimo uomini, la laringe era una fascia muscolare intorno alla glottide che consentiva fondamentalmente l’ingresso dell’aria nei polmoni ma che poi si evolse, chissà per quale ragione, ammesso che ce ne sia stata una, per creare anche dei suoni, cioè quelli delle parole. Questa modificazione sembra sia stata molto più importante, ai fini della nascita del linguaggio articolato, di quanto lo siano stati lo sviluppo delle aree corticali del linguaggio e l’allargamento del cervello. Infatti è inutile avere un controllo corticale sul linguaggio se poi non abbiamo gli strumenti per metterlo in atto. È come se una bella Ferrari nel serbatoio non avesse la benzina per correre e quindi non servisse a niente.
In sostanza, non sono state solo e unicamente le aree corticali ciò che ha determinato il divario tra scimpanzé e uomo nella emissione dei suoni. Inoltre, rispetto al controllo corticale, durante il nostro processo evolutivo, come si è già accennato, si è rivelato più importante il cambiamento del ruolo della laringe che prima aveva una funzione principale, quella di consentire l’ingresso dell’aria nei polmoni, per poi però assumerne un’altra, cioè quella di emettere anche dei suoni. Il grande antropologo americano Stephen Jay Gould ha chiamato questo fenomeno exaptation cioè “esattamento”.
Le sorprese comunque non finiscono qui. Si è sempre creduto che il linguaggio articolato sia stato come un miracolo, spuntato dal nulla, ma ovviamente non è così. C’è infatti una ipotesi che avvalora l’idea che il linguaggio abbia avuto una origine gestuale anche se con una integrazione minima di suoni. L’Homo erectus (1,6-0,7 milioni di anni fa) avrebbe parlato, anche se a stento, mentre la componente semantica, più importante di ogni altra cosa per il controllo del linguaggio, sarebbe apparsa solo con l’Homo sapiens, anche se il primo ominide dotato delle basi neurologiche predisposte per il controllo del linguaggio articolato addirittura sarebbe apparso prima dell’Homo erectus e sarebbe stato l’Homo abilis (2-1,5 milioni di anni fa). Se questo è vero, ci sono molti elementi per poter affermare che anche l’uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) avesse la capacità di parlare e ascoltare una lingua e che fosse quindi capace di comprendere il linguaggio articolato.
Dal momento che l’uomo di Neanderthal è scomparso dall’Europa solo, si fa per dire, 40 mila anni fa, e che l’Homo abilis e l’Homo erectus avessero vissuto milioni di anni prima in Africa, l’ipotesi che il Neanderthal potesse parlare, sebbene accompagnando il linguaggio con una gestualità molto accentuata, non è campata in aria. Dico questo perché fino a pochi decenni fa molti antropologi non erano d’accordo su questo punto. Erano convinti che il linguaggio fosse nato con l’Homo sapiens e senza l’aiuto di nessuna gestualità. Nel corso della nostra evoluzione, invece, la comunicazione, per esempio quella cooperativa, è apparsa in primo luogo con i segnali gestuali, con l’additare qualcosa che non può essere raggiunta con le proprie mani, per esempio un vasetto di marmellata posto in alto in una credenza, proprio come fa il bambino prima di essere in grado di parlare. Se così stanno le cose, i segnali gestuali sarebbero i candidati più probabili al ruolo di precursori della comunicazione linguistica.
Ma l’origine del linguaggio non si esaurisce qui. Nel nostro cervello esistono delle connessioni tra le aree motorie e in un’area particolare, detta nucleus ambiguus, che consente, appunto, il controllo della laringe, l’organo più importante per l’emissione dei suoni. Ciò è dovuto alla presenza nel nostro patrimonio genetico di un gene, denominato FOXP2 (forkhead box P2), di cui, guarda caso, sono in possesso anche le scimmie antropomorfe e molti altri mammiferi, ma evidentemente questo non è stato sufficiente per rendere loro possibile l’emissione di suoni articolati, cioè delle parole. Erano necessari tutti gli altri aspetti fondamentali di cui abbiamo parlato, anche se, per come stanno andando oggi le cose nel mondo, non sono molto convinto che questo sarebbe stato un bene per loro.