Continuo ad esplorare la misteriosa, esotica e pittoresca Mitteleuropa (vedi i miei precedenti articoli su Brno e Bratislava1) spostandomi sul confine austro-ungherese. A cavallo di questo si trovano le dimore principesche degli Esterházy - nobili ungheresi un tempo proprietari di milioni di ettari di terra in questa regione - che intendo descrivere in questo articolo. I palazzi sono tre: a Fertöd, in Ungheria e ad Eisenstadt e Forchtenstein, in Austria. Poiché questi tre luoghi sono a poca distanza da Vienna, la città dove abito, li ho visitati più volte (l’ultima, assieme al mio amico Claudio Iacobini, professore di linguistica all’università di Roma, in visita a Vienna per uno dei suoi convegni).

Ma prima di esaminarli uno per uno, una breve rassegna della storia di questa dinastia.

Gli Esterházy

La storia di questa famiglia non è, in realtà, né particolarmente antica né “eroica”.

Di origini medioevali, la famiglia salì alla ribalta sotto il conte Nikolaus Esterházy (1583-1645) e suo figlio, il principe Paul Esterházy (1635-1713). Nel 1626 gli Esterházy ottennero il titolo di conti e nel 1712 quello di principi del Sacro Romano Impero.

Il successo della famiglia derivava dall'accumulo costante di terre e dalla fedeltà all'imperatore asburgico. Se il tema ricorrente della storia ungherese è stato il desiderio di ribellarsi al dominio austriaco, i principi Esterházy furono invece sempre fedeli alla monarchia asburgica e in diverse occasioni le resero servizi vitali in tempi di crisi. Tra questi, l'assedio turco di Vienna nel 1683 e l'occupazione di Vienna da parte di Napoleone nel 1809.

La famiglia acquisì le sue proprietà in tre modi principali: la redistribuzione delle terre sottratte ai protestanti durante la Controriforma, la redistribuzione delle terre conquistate dall'Impero Ottomano e una serie di matrimoni fortunati. Col tempo, gli Esterházy divennero i più grandi magnati e proprietari terrieri del Regno d'Ungheria, durante il periodo in cui questo faceva parte della monarchia asburgica e successivamente dell'Austria-Ungheria, e il loro reddito superò talvolta quello dell'Imperatore. La maggior parte delle loro terre si trovava nelle attuali Austria, Slovacchia e Ungheria.

Sebbene gli Esterházy abbiano combattuto per difendere l’impero dai turchi e contro i protestanti, forse il loro lascito più importante deriva dal fatto di aver ospitato il grande e prolifico compositore Franz Joseph Haydn che, nato nella regione, visse e compose per decenni alla loro corte come Kappelmeister.

La sede più importante degli Esterházy era Kismarton (oggi Eisenstadt, Austria), un piccolo villaggio che scelsero per farne la loro residenza principale. Nel XIV secolo vi era stata costruita una roccaforte che gli Esterházy, dopo averla acquistata, trasformarono nel 1663-1672 in quello che oggi è il principesco Schloss Esterházy. La ragione pratica per cui scelsero di creare e mantenere la corte principesca a Eisenstadt fu che la regione, pur appartenendo all'Ungheria, era stata colonizzata principalmente da tedeschi ed era situata piuttosto vicino a Vienna, la residenza imperiale degli Asburgo. La regione rimase parte dell'Ungheria fino al 1921, quando passò all'Austria in base ai trattati di pace che misero fine alla Prima Guerra Mondiale.

La Seconda Guerra Mondiale si rivelò disastrosa: la famiglia fu dispersa durante gli anni del conflitto e alla fine della guerra il nuovo governo ungherese attuò un'ampia riforma agraria, confiscando le terre dei nobili. Inoltre, negli anni successivi al 1945, sotto la Repubblica Popolare Ungherese, il capofamiglia principe Paolo subì un processo-farsa e fu condannato all'isolamento per 15 anni. Liberato durante la Rivoluzione ungherese del 1956, si trasferì a Zurigo, gestendo da lì i suoi domini austriaci, fino alla sua morte. Il titolo di Principe non ha oggi valore legale né in Ungheria, dove i titoli nobiliari sono stati aboliti nel 1947, né in Austria, che li ha aboliti nel 1919.

Eisenstadt e lo Schloss Esterházy

Mutatis mutandis, Eisenstadt sta alla famiglia Esterházy come Ferrara agli Estensi, Verona agli Scaligeri, Mantova ai Gonzaga. Oggi è una sonnolenta città di meno di 10.000 abitanti, capitale del Burgenland, il Land federale più agricolo dell’Austria e un po‘ la sua “Cenerentola”. In città ci sono quasi più monumenti che case, e tutti si riferiscono agli Esterházy o al già citato Haydn.

Il castello (o meglio palazzo) Esterházy secentesco, opera di due illustri architetti italiani, il Carlone e il Bartoletto, che si ispirarono al barocco delle dimore romane, campeggia maestoso in centro città. La facciata anteriore è alquanto sobria, se confrontata con quella posteriore, ornata da un mastodontico colonnato neoclassico dei primi dell’Ottocento. Alle spalle del castello si stende il grande parco all’inglese, che confina direttamente con le alture dei Leitha, a ridosso delle quali sorge la città. Al suo interno si può ammirare un gioiellino neoclassico: il tempietto di Canova eretto in onore della principessa Leopoldine Esterházy.

All'interno del castello, la cosa più notevole è rappresentata dalla Haydn-Saal, il grande salone riccamente stuccato e affrescato dall'italiano Tencalla dove il musicista diresse gran parte della sua produzione (fra cui la ben nota Sinfonia degli Addii, in cui nell'adagio finale i musicisti a turno lasciano la sala e l'esecuzione viene portata a conclusione solo da due violini, composta per convincere Nicola Esterházy a concedere le ferie all’orchestra dopo anni di massacrante lavoro).

Un’altra attrattiva di Eisenstadt è il vicino Kalvarienberg, un Calvario dedicato alle stazioni della Via Crucis con centinaia di statue. Accanto vi è la Bergkirche, barocca, assai movimentata architettonicamente. All'organo di questa chiesa suonò Haydn e nella cripta il musicista fu sepolto, in un sarcofago marmoreo.

Fertöd, la “Versailles ungherese”

Per arrivarci, si deve attraversare il confine fra Austria e Ungheria, dopo aver costeggiato la riva settentrionale del lago Neusiedl. Negli anni Settanta del XVII secolo, il principe Nikolaus Esterházy, che non amava Vienna, fece costruire un nuovo magnifico palazzo a Fertőd, in Ungheria sul sito di un precedente castello di caccia. Oggi è la più ammirata delle dimore Esterházy, spesso chiamata (con molta esagerazione) la “Versailles ungherese”.

La tenuta fu ereditata dal suo secondogenito, il conte Miklós “il Magnifico”, che trasformò la villa in un grande palazzo, ribattezzandolo Esterháza. I progetti di costruzione continuarono quasi ininterrottamente fino alla sua morte, avvenuta nel 1790.

Il Palazzo Esterháza era davvero una splendida residenza degna delle corti reali europee, dove le grandi celebrazioni erano un evento quotidiano. Nel XVIII secolo, personalità di spicco dell'epoca, tra cui la stessa imperatrice Maria Teresa, visitarono Esterháza e il suo grande giardino alla francese. Dopo la morte del principe Miklós, il complesso rococò fu utilizzato solo raramente, soprattutto durante le battute di caccia, e cadde progressivamente nel dimenticatoio.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il palazzo fu occupato dalle truppe sovietiche e subì grandi distruzioni. L'edificio iniziò a deteriorarsi rapidamente e l'arredamento fu portato via. La proprietà fu confiscata, nazionalizzata e ribattezzata Fertöd. Visitai il palazzo per la prima volta nel 1991, poco dopo la caduta del Muro. Per arrivarci si dovevano ancora attraversare una terra di nessuno e i resti della cortina di ferro, fra fili spinati arrugginiti e torri di avvistamento. Il palazzo stesso era decrepito, un guscio vuoto e fatiscente (in compenso, potei acquistare a poco prezzo una preziosa porcellana Herend in un negozietto del posto). Negli ultimi decenni il palazzo, che è di proprietà dello Stato, grazie a fondi europei è stato sottoposto a lavori di ristrutturazione e oggi offre al visitatore le stanze e gli spazi storici restaurati, decorati con pitture murali a cineserie, nel loro splendore originale. I restauratori hanno lasciato qualche graffito in cirillico e falci e martello a ricordo delle vicissitudini più recenti del palazzo.

Il castello di Forchtenstein

Si torna in Austria per visitare l’ultimo, e forse il più interessante degli edifici legati agli Esterházy, il castello di Forchtenstein.

Considerato una delle più belle roccaforti dell‘Austria, il castello di Forchtenstein è situato alla sommità di uno spuntone di roccia scoscesa e consente una veduta panoramica di mezza Austria e mezza Ungheria (con il bel tempo si può spingere lo sguardo fino a Vienna, da una parte, e dall'altra fino alle città ungheresi di Sopron e di Veszprem). Edificato nel Duecento come avamposto fortificato in posizione dominante la pianura ungherese, nel Seicento gli Esterházy lo ristrutturarono e lo unirono ai loro vasti domini. Il complesso conserva il maschio esagonale e i bastioni medioevali e racchiude nei saloni seicenteschi superbe collezioni che vado a descrivere.

Anzitutto, la galleria di ritratti ancestrali. Dopo che gli Esterházy erano diventati, nel giro di due generazioni, una delle più importanti famiglie ungheresi era loro assolutamente necessario presentare la propria tradizione di dinastia di magnati attraverso i ritratti. Essendo l'origine della famiglia in gran parte oscura, alcuni antenati furono semplicemente inventati, altri usurpati, come Vlad III Tepes, l'Impalatore che raggiungerà una fama particolare come Conte Dracula. Il suo ritratto conservato a Forchtestein è l'unica immagine coeva a figura intera che ci è stata tramandata del nobile valacco-transilvano. Anche il leggendario Attila, re degli Unni, è presente nella Galleria dei ritratti ancestrali, in quanto considerato il capostipite di tutti gli ungheresi dall’arrivo delle tribù magiare nell’ 896.

Altra importante collezione è la camera del tesoro (Schatzkammer). Qui sono stati conservati i tesori degli Esterházy, oggetti scientifici e didattici, curiosità, cimeli naturalistici e opere d'arte che presentano l'“universo principesco” di una dinastia aristocratica in ascesa nell'Europa centrale, come combinazione di passione collezionistica, erudizione e rappresentanza. La Camera del Tesoro non era infatti semplicemente curiosa e istruttiva; era anche uno status symbol. Sul modello della Kunstkammer di Praga dell’imperatore Rodolfo II, nella caotica e bizzarra collezione si trova un po‘ di tutto: automi e orologi di Augusta, oggetti d'arte in avorio tornito, gioielli scintillanti e lavori in pietra tagliata, una creatura simile a un drago fatta di esemplari esotici impagliati e i bottini delle guerre turche. Ma anche pregevoli copie d’epoca di Cranach, Dürer, Arcimboldo, Rubens, van Dyck, Ribera, Tiziano, Tintoretto e Rembrandt.

Molto interessante è anche la collezione d'armi custodita nei saloni riccamente decorati.

L’ultimo degli Esterházy?

Non posso concludere il mio pezzo senza i consueti riferimenti letterari a me cari. In questo caso, il riferimento è molto particolare.

Nel 2003 Feltrinelli pubblicò Harmonia Caelestis, storia romanzata dell'antica famiglia scritta da Péter Esterházy, scrittore ungherese nonché rampollo dell’antica casata. Vi si racconta, generazione dopo generazione, di trisnonni, bisnonni e nonni dell'autore, e poi dell'amatissimo padre, Mátyás Esterházy affabile, colto, generoso e fiero, considerato una specie di eroe per aver sopportato senza un lamento le umiliazioni inflittegli dal regime comunista che, dopo averlo spogliato di ogni cosa e relegato per anni al confino, lo costrinse, lui che era stato magnate d'Ungheria, a una modesta vita al limite della sopravvivenza per sé, la moglie e i quattro figli.

Così parlava Giorgio Pressburger dell’opera nell’introduzione al volume:

Péter Esterházy propone una rilettura, puramente romanzesca, beffarda, lirica, filosofica, tragica e ironica di un millennio di Storia del suo popolo, attraverso la storia di una sola famiglia, quella dello scrittore, una delle stirpi aristocratiche più influenti d'Europa. La narrazione naturalmente non è lineare, non sarebbe da Péter Esterházy, accanito sperimentatore, vero 'pierino' della letteratura, pronto a sbeffeggiare tutto ma non alieno da autentiche, toccanti commozioni.

È piena di impiccagioni, decapitazioni, torture, stupri, tradimenti (...) in tutto il libro sono dei figli a parlare dei rispettivi padri. Il piglio della narrazione, fatta a salti, frastagliata e composta di molti piccoli episodi, è leggero.

Sono sempre riluttante a parlare male di uno scrittore, specie se talentuoso (un altro suo romanzo, Lo sguardo della contessa Hahn-Hahn esplora l'anima del «fiume europeo» per eccellenza,il Danubio fra reportage, erudizione e divagazione filosofica) e che ci ha lasciato prematuramente come Péter Esterhàzy, ma devo confessare di essere rimasto perplesso di fronte ad Harmonia Caelestis. Lo stile post-moderno e sperimentale (basti dire che il nome Esterházy non viene mai nominato nel romanzo!) non è esattamente nelle mie corde. Sarà anche per la sua mole (695 pagine nell’edizione italiana), fatto sta che non sono mai riuscito a superare le prime pagine del libro. Mi riprometto di rimettermi un giorno d’ impegno, dato il grande interesse che ha per me l’argomento.

Note

1 Bratislava, capitale dai tre nomi e Brno: la Mitteleuropa che resiste.