In alcune città camminiamo in strade che nascondono segreti o tesori e la comunità che le abita non immagina il suo valore identitario e storico. In altre città è tutto talmente chiaro che basta alzare lo sguardo per cogliere la magnificenza della storia che si è succeduta.

Durante il periodo di dominazione Longobarda, la città di Benevento è stata arricchita di notevoli edifici molti dei quali giunti fino a noi. Non tutti sono immediatamente riconoscibili, si nascondono dentro altri edifici e solo gli occhi di un esperto riesce a scoprirli e riconoscerli. Le stratificazioni Longobarde sono davvero preziose, ci ricordano l’importanza di una città che oggi appare simile a molte altre. Benevento aveva una posizione strategia e questo la rendeva importante e le consentiva di crescere.

Oltre agli edifici interni alle mura di cinta alcuni edifici religiosi venivano edificati all’esterno e collocati lungo importanti strade come ad esempio: sulla via Traiana vi erano Sant’Ilario a Port’Aurea, Santa Sofia e a Ponticello San Michele Arcangelo e la chiesa di San Valentino.

La continuità di alcuni di questi edifici ha reso irriconoscibile la sua antica fisionomia l’unico tra gli edifici religiosi citati che ne conserva le antiche caratteristiche è Sant’Ilario e Port’Aurea. Il motivo, dell’immagine che oggi vediamo, è che l’edificio non è frutto della continuità ma di un restauro che ne ha portato alla luce le caratteristiche originali, cioè quelle di una struttura longobarda.

La chiesa era stata riutilizzata come casa colonica e per tale motivo non risultava facilmente riconoscibile e i cittadini che le passavano accanto non riconoscevano in lei la testimonianza di una storia ormai passata ma vedevano il frutto del riutilizzo. Solo a metà Novecento, Bartelli riconosce il valore culturale della chiesa e l’ente Provinciale per il turismo di Benevento giunge a conclusione che deve essere un bene da valorizzare. Successivamente lo studioso beneventano, Mario Rotili, ne rivela le strutture in quella che veniva riconosciuta come casa colonica. Nel 1962 viene fatta una richiesta di intervento con l’ammontare delle spese relative al restauro.

Nonostante le sollecitazioni il restauro e la riqualificazione, l’edificio risultava in stato di abbandono con depositi di paglia e di materiale che rendevano l’ambiente circostante pericoloso e a rischio incendio. Un bene così rappresentativo per la città doveva essere recuperato e valorizzato. La storia dei Longobardi e l’importanza della città nella storia doveva essere mostrata all’intera comunità.

L’edificio si presentava con volumi addossati l’uno all’altro, erano presenti scale a vista, pensilina per cavalli e pergolato il tutto coperto da grandi alberi che nascondevano tutto alla vista dei passanti. Non era facile riconoscere nella apparente casa colonica una chiesa longobarda nonostante la chiara abside semicircolare al lato nord. Da un primo esame venivano rilevati, oltre all’abside, elementi lapidei di epoca romana, incastrati nella muratura, che venivano utilizzate come pietre d’angolo un metodo utilizzato per rendere più stabile la muratura.

La prima fonte storica, su Sant’Ilario, risale al novembre del 1110 in cui viene menzionato un orto di proprietà dell’ecclesia Sancti Ylari e si viene a conoscenza di un cenobio, cioè di un luogo in cui i monaci, legati dalle stesse regole, potevano fare vita comune. Nel 1148 in un altro documento, conservato all’Archivio Segreto Vaticano, la chiesa viene menzionata come Sancti Ylari quod constructum est a foris portam auream. La sua costruzione però, probabilmente, risale al VII-VIII secolo e faceva parte di un complesso più ampio.

Nel XII secolo la chiesa apparteneva al monastero femminile di San Paolo extra muros di Avellino e solo nel 1504 Giulio II la annette al Capitolo di Benevento, come riporta il Borgia nelle Memorie istoriche della Pontifizia città di Benevento.

La chiesa ancora in uso nel 1628 venne chiusa al culto dopo l’epidemia di peste che colpì la città nel 1653 e dopo il terremoto del 1688 è successiva a questi eventi la trasformazione in casa colonica. La dedica al santo non è casuale. Il Santo al quale è stata dedicata la chiesa è Sant’Ilario vescovo di Portiers in Aquitania, in Francia, è dottore della chiesa e simbolo della lotta contro le eresie pagane. Difese la fede e il dogma di Cristo a costo d’essere esiliato in Asia Minore. Lì diventa più influente e una volta tornato in patria si batte per cacciare i vescovi ariani che vede come degli Angeli di Satana.

Probabilmente la chiesa di Sant’Ilario a Port’Aurea è stata edificata su un edificio d’epoca romana per cancellare la devozione locale e rafforzare il potere del cristianesimo. Dalle sue rovine nasce una chiesa forte e un simbolo di cristianità per l’intera comunità e per cancellare l’ancora presento culto pagano.

La chiesa viene menzionata nei documenti alla fine del XII secolo che la includono al monastero di San Paolo extra moenia di Avellino la cui dipendenza termina nel 1479 quando papa Sisto IV accordò il beneficio relativo alla chiesa al chierico e maestro di grammatica Pietro Bertolazio. Altre menzioni della chiesa risalgono al 1581, quando il vescovo Pietro de Lunel ne chiese il restauro con la demolizione del pulpito per il canto del vangelo e delle pareti che dividevano l’altare maggiore da quelli laterali.

Già nel XVIII secolo, nel documento della Biblioteca capitolare, la chiesa risulta sconsacrata ed è questo il momento in cui inizia la trasformazione in casa colonica. Nell’abside venne aperta una porta e le finestre venivano adattate a porte d’ingresso con divisioni interne che ne consentivano la fruizione. I corpi superiori, le cupole, vennero contenute e mascherata con un tetto a padiglione.

Nel 1974 fu acquistata dalla provincia e di Benevento e dopo il terremoto del 1980 è stata liberata dalle superfetazioni mostrando l’interno diviso in due campate sormontate da due cupole in asse. Vengono messi in evidenza anche elementi di riuso che trovano corrispondenza con reperti conservati al Museo del Sannio.

Oggi la chiesa fa parte della rete museale della provincia di Benevento è stato realizzato un parco chiuso che consente la protezione e la valorizzazione di un documento fondamentale per la storia cittadina. Valorizzare le risorse che la storia ci ha “regalato” è il modo migliore per far conoscere e riconoscere il proprio valore e la storia che offre questa piccola ma preziosa città.