La Basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma è un luogo di straordinaria importanza storica e artistica, un palinsesto che racconta millenni di trasformazioni, dalla grandezza dell'antica Roma all'affermazione del Cristianesimo e alle successive epoche.

La sua storia inizia ben prima della sua dedicazione cristiana, affondando le radici nel cuore del Foro Romano. L'attuale complesso sorge infatti su strutture romane preesistenti, in particolare inglobando parti del Tempio della Pace (o Foro della Pace) e del cosiddetto Tempio del Divo Romolo.

Il Tempio della Pace

Costruito dall'imperatore Vespasiano tra il 74 e il 79 d.C., era un vasto complesso monumentale che ospitava una biblioteca (la Bibliotheca Pacis) fungendo probabilmente da deposito di documenti pubblici. Le sue possenti mura e l'ampia aula rettangolare divennero la navata principale della futura basilica cristiana. All'interno del Tempio della Pace era esposta la Forma Urbis Romae, la gigantesca pianta marmorea della città incisa tra il 203 e il 211 d.C. sotto l'imperatore Settimio Severo. È ancora visibile il muro su cui era affissa.

Il Tempio del Divo Romolo

È adiacente al Tempio della Pace, di pianta circolare con caratteristica cupola, era in origine un tempio dedicato da Massenzio al figlio Valerio Romolo (morto prematuramente intorno al 309 d.C.), o forse un monumentale ingresso per collegare il Foro della Pace alla prospiciente Via Sacra, fu unito alla biblioteca per formare il vestibolo della basilica cristiana.

La cristianizzazione

Questi edifici vennero cristianizzati nel VI secolo d.C., quando Papa Felice IV (526-530), con la donazione di Teodorico il Grande e di sua figlia Amalasunta, trasformò la Bibliotheca Pacis e una porzione del Tempio di Romolo in una chiesa. La basilica fu dedicata ai santi Cosma e Damiano, due fratelli medici e martiri, venerati come protettori dei guaritori e contrapposti al culto pagano dei Dioscuri Castore e Polluce, venerati nel vicino tempio. Ben presto la chiesa divenne presto un importante centro per invocare la guarigione, richiamando la fama taumaturgica dei due fratelli.

Modifiche e restauri antichi

L’intervento più innovativi avvenne nel XVII secolo sotto il pontificato di Papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), con lavori diretti dall'architetto Luigi Arrigucci. A causa delle frequenti inondazioni del fiume Tevere, il pavimento della chiesa venne rialzato di circa 7 metri, dividendo la basilica in due livelli: una cripta inferiore e una chiesa superiore. Questa modifica cambiò profondamente l'aspetto interno, con lo spostamento di cappelle e altari. Il soffitto a cassettoni dorato risale a questo periodo.

Nel 1870, con l'inizio degli scavi archeologici nel Foro Romano, l'ingresso originario del Tempio di Romolo fu riportato al suo livello antico, ma venne poi chiuso per motivi di sicurezza, rendendolo un monumento separato all'interno dell'area archeologica. Un nuovo ingresso alla basilica fu aperto nel 1947 su Via dei Fori Imperiali.

Mosaico absidale

L'aspetto artistico più significativo della Basilica è senza dubbio il suo mosaico absidale del VI secolo, considerato uno dei più antichi e pregevoli esempi dell'arte paleocristiana a Roma. Questo capolavoro domina l'abside e raffigura un'imponente scena della Parousia, la Seconda Venuta di Cristo.

Si tratta di un mosaico di stile romano, quindi non bizantino come quelli di Ravenna, terminato nella sua realizzazione nel 530 d.C.

Sullo sfondo di un azzurro cupissimo, su un mare di nubi dai riflessi di fuoco si erge la figura di Cristo Giudice che, vestito con toga e pallio romani, domina la scena, con la mano sinistra stringe il rotolo della Legge, mentre la destra è levata in un gesto ieratico.

L’intera composizione converge verso di Lui, ma poco più in basso, sulle sponde erbose, smaltate di fiori, del fiume Giordano, troneggiano tre figure per parte, possenti e vigorose, vestite anch'esse con tuniche e pallii, nel costume romano. Si tratta degli Apostoli Pietro e Paolo, vestiti di bianco, che presentano al Cristo i due fratelli medici Cosma e Damiano, tenendo una mano sulla loro spalla, quasi a garantire per essi. I volti dei due martiri rivelano una intima profondità di sentimento e pensiero recando una corona, simbolo del martirio subito.

Alla destra, in elegante abito, è raffigurato il martire Teodoro, soldato romano, del quale si aveva già devozione in questo settore di Roma, alla sinistra troviamo Felice IV, il pontefice costruttore della Basilica, che reca in mano un modellino di essa. La composizione si chiude ai lati con due grandi palme, segno di trionfo per i due martiri. Su quella di sinistra si posa con il suo nimbo di raggi, una fenice, uccello favoloso di Arabia, simbolo di immortalità.

Nella sottostante fascia di base, sono presenti, ai due lati, le città gemmate di Betlemme e Gerusalemme, dalle quali dodici pecorelle, simbolo degli Apostoli, sei per parte, muovono verso l'Agnello, sopra una collina dal quale zampillano i quattro fiumi del Paradiso terrestre. La composizione musiva è chiusa, in basso, da quattro versi latini.

Mosaico dell'Arco Trionfale

L'arco absidale presenta un altro mosaico, datato al VII secolo, precisamente al pontificato di Papa Sergio I (687-701), che raffigura l'Agnello di Dio in trono, con il rotolo dei sette sigilli ai suoi piedi. Ai lati si trovano angeli e i simboli degli evangelisti (originariamente tutti e quattro, ma San Giovanni e San Luca furono persi nei restauri del XVII secolo).

Interni Barocchi e altre opere

I profondi interventi del XVII secolo hanno conferito alla basilica l'aspetto attuale della chiesa superiore, con un sontuoso soffitto a cassettoni dorato. Al centro del soffitto si trova un affresco di Marco Tullio Montagna (1632) raffigurante i Santi Cosma e Damiano accolti in cielo dalla Vergine con il Bambino. L'altare maggiore barocco, del 1628, incorpora colonne marmoree in bianco e nero provenienti da un altare preesistente nella cripta. L'immagine centrale dell'altare è una Madonna della Grazia del XIII secolo. Nelle cappelle laterali si possono ammirare opere come Sant'Antonio da Padova con Gesù Bambino di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino e una Deposizione di Gesù Cristo dalla croce di Francesco Allegrini, il quale realizzò anche affreschi con le Storie di San Francesco.

Le cappelle del lato sinistro

Tutte le cappelle sono datate a agli anni 1628-1638.

La prima cappella entrando è dedicata a S. Barbara, patrona degli artificieri e dei pirotecnici. La pala d’altare, con S. Barbara, e gli affreschi laterali del 1642 richiamano lo stile tardo del Cavalier d'Arpino.

La seconda è la Cappella di S. Alessandro. Gli affreschi della volta e delle pareti laterali, rappresentanti l'arresto e il martirio di S. Alessandro, sono tra le ultime opere di Francesco Allegrini, morto nel 1663. Il quadro centrale a lui dedicato è andato perduto. Ora vi si ammira una tela del sec. XVII, con il Crocifisso della scuola di Rubens (1577-1640), notevole per la sua anatomia e potenza espressiva.

La Cappella, vicino all'altare maggiore, è dedicata dal Seicento alle Sante Rosa da Viterbo e Rosalia da Palermo, tutte e due del Terzo Ordine. Sono raffigurate insieme nella pala di altare, di ignoto pittore della scuola romana. Alle pareti laterali sono rappresentati episodi della vita delle stesse sante.

Le cappelle del lato destro

Tutte le cappelle sono datate a agli anni 1628-1638.

La prima cappella è dedicata a San Francesco d’ Assisi, la pala di altare è copia del noto quadro di Girolamo Muziano (1528-1592) e rappresenta il santo in preghiera davanti al Crocifisso. Sin dal Seicento questa Cappella fece capo alla locale fraternità dell'Ordine Francescano Secolare e per questo ebbe sin da allora, alle due pareti laterali, un dipinto dell'Immacolata e uno del Patrono S. Ludovico.

La seconda Cappella, ornata di marmi finissimi, verde antico e alabastro, è dedicata a S. Antonio di Padova. Come pala di altare conserva un dipinto del Santo con il Bambino Gesù, attribuito a Giovanni Antonio Galli, detto lo Spadarino (1586-1653). Tuttavia alcuni critici attribuiscono l’opera al pittore veneziano Carlo Saraceni (1585-1620) e sarebbe allora una copia, qui riportata, di un dipinto del Carracci. Alle pareti laterali sono rappresentati in affresco, sulla destra S. Chiara di Assisi e sulla sinistra S. Ludovico, o Luigi IX, re di Francia, Patrono del Terzo Ordine.

La terza cappella, dedicata alla Vergine Maria e a S. Giovanni Evangelista, è forse la più artistica dell’intera Basilica. Fu completamente dipinta in anni diversi dal pittore e letterato romano Giovanni Baglione (1573-1664). Questo artista, manierista nella sua prima giovinezza, subì negli ultimi anni del Cinquecento, la sconvolgente influenza del Caravaggio e divenne suo seguace. Pochi anni più tardi, però, ebbe con lui una lite che lo portò ad un definitivo distacco e ad un acceso antagonismo. Il dipinto centrale rappresenta S. Giovanni che risuscita un morto.

L’ultima cappella di questo lato è la più piccola perché corrispondente al vano d'ingresso, ove in origine sorgeva il campanile, scomparso in seguito ad un terremoto, di data imprecisata, agli inizi del Seicento.

I restauri dell’Istituto Restauro Roma

Molti e importanti manufatti artistici, da diversi anni sono oggetto di restauro da parte degli allievi dell’Istituto Restauro Roma. Le operazioni sono state autorizzate ed eseguite sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza competente.

Gli interventi si inquadrano in un più ampio programma didattico che l’Istituto sta portando avanti da anni al fine di restituire alla Basilica le sue preziose tele e arredi lignei restaurati.

Tra le opere in legno abbiamo: un Busto reliquiario in legno argentato; un Busto di donna reliquiario del XIX secolo in legno dorato; una copertura di Fonte battesimale in legno datata al XVI secolo; un Crocifisso ligneo con settori in cartapesta; alcune cornici lignee dorate; un monumentale mobile di sacrestia in noce.

Tra le opere pittoriche abbiamo: Madonna Addolorata con simboli della passione, olio su tela, cm 140 x 104. Il dipinto rappresenta la Madonna Addolorata trafitta da un pugnale. In basso a sinistra un puttino regge gli strumenti del martirio di Cristo, la corona di spine, i chiodi, il martello e la pinza. Sullo sfondo si intravede la croce vuota sul Golgota. Madonna in trono con i Santi Cosma e Damiano, olio su tela, cm 246 x 181. L’opera rappresenta una Madonna in trono con Bambino tra due Santi Medici (Cosma e Damiano). L’impostazione, di stile neoclassico, rimanda alla pittura tradizionale veneta, sia nelle scelte stilistiche delle architetture del trono, che nell’ ambientazione all’aperto. In alto a destra su una roccia è rappresentata la scena del martirio dei Santi Medici. Stazioni della Via Crucis, n. 9 dipinti, olio su tela, cm 54 x 43.

Il ciclo pittorico rappresenta le stazioni della Via Crucis, delle 14 stazioni se ne conservano solo 9, le altre sono state rubate prima del 1984, anno in cui i dipinti rimanenti sono stati restaurati e sono state eseguite le copie dei dipinti mancanti ad opera di Gianfranco Pizzinelli.

Epilogo

La Basilica dei Santi Cosma e Damiano rappresenta un eccezionale esempio di come l'arte e l'architettura romana abbiano continuato a evolversi attraverso i secoli, adattandosi e trasformandosi per ospitare nuove funzioni e significati, lasciando al visitatore un'impressione indelebile della sua ricca e complessa storia.