Nell’800 l’arte si è misurata col Realismo e col Naturalismo, interpretati mirabilmente dalla concretezza di Courbet, mentre successivamente Monet e gli Impressionisti hanno rappresentato la leggerezza e la rarefazione dell’impressione, esprimendo un sentire individuale, attraverso il quale l’opera viene creata. Lo sviluppo successivo non poteva che essere la ricerca individuale dell’immenso patrimonio di emozioni e sensazioni che si scoprono scandagliando l’animo. Da tutto ciò è sorto il Simbolismo, Redon è stato uno dei primi illustri rappresentanti, che insieme a lui si sono tuffati in quel mondo di suggestioni fantastiche che la mente umana elabora in sogni e allusioni simboliche.

Freud a questo punto ha dato il suo personale contributo con l’analisi del subconscio e dell’inconscio, allargando il campo verso scoperte tuttora in itinere. Alla fine dell’800 poeti, scrittori, musicisti e pittori, hanno ulteriormente approfondito, che la rilevanza del pensiero umano potesse essere interpretata e svelata attraverso l’intuizione, ineffabile sviluppo delle nostre abilità. È andato così assumendo maggior peso, in tutte le arti, il valore assoluto, in grado di rappresentarle, del simbolo, che penetra in ciò che è ignoto e irrazionale, portando alla luce i misteriosi legami delle percezioni.

Ai primi del ‘900 l’arte si è sviluppata con la carica inarrestabile delle Avanguardie, che hanno raccolto gli stimoli e le scoperte dell’800. Come non ricordare la novità strabiliante dell’Arte Astratta, dopo la quale nulla è stato più come prima. Il Surrealismo è stato l’erede naturale del Simbolismo, a cui è debitore di tanta ispirazione, mentre non va sottovalutato l'impatto destrutturante del Dadaismo, passaggio ineludibile verso l'Arte Concettuale.

Attraverso il dispiegarsi di tante correnti, che si sono aperte a sempre più diversificate tematiche, oggi l’arte è consapevole di voler rappresentare non i fenomeni apparenti della realtà, ma le risonanze più profonde dell'essenza interiore. Un artista contemporaneo può sviluppare la propria arte con più mezzi a disposizione, come la performance, l'installazione, la video arte, quella generativa come l’interattiva. La pittura, nonostante abbia attraversato momenti di profondo isolamento, è riemersa, impressa com’è nel nostro dna dai primordi, dal tempo dei petroglifi, che contestualizzano il bisogno umano di lasciare una traccia di sé.

Leo Ragno è un giovane artista pugliese, che vive a Milano, luogo molto vivace ed attivo nel panorama nazionale artistico e opera nell’ambito della prestigiosa Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2014 docente di Tecniche dell’Incisione: nel contempo è un valente artista che si sta facendo sempre più apprezzare per il suo stile inconfondibile di rara raffinatezza e sensibilità, ancora più apprezzato oggi, quando è dominante tutto quello che è eccessivo, roboante e dirompente. Ne risultano opere silenziose e discrete, tenui, rarefatte.

Il suo processo di avvicinamento al mondo dell’arte è stata una presa di coscienza via via rafforzata nel momento in cui si è reso conto delle possibilità di espressione che la pittura gli offriva: attratto dall’Esistenzialismo, che dà valore soprattutto all’esistenza individuale, l’artista ha trovato in Alberto Giacometti – grande amico di Jean-Paul Sartre, rappresentante conclamato dell'Esistenzialismo – l’ispirazione iniziale della sua creatività, individuando nelle forme allungate dello scultore interesse per il senso di solitudine e separazione tra gli individui, che sottolinea l'effimera fragilità dell’esistente, che già Ragno andava indagando.

Anche nella pittura Giacometti rivela la trepidante e nervosa sensibilità della forma esplorata nella sua inquietante bellezza. Francis Bacon, con le sue immagini inquietanti e crude, attraverso l’Espressionismo, il Surrealismo e il Cubismo, dissociandosi dal lato narrativo e illustrativo, pur rispettando la figura, ha rappresentato ritratti incorporei e spettrali, argentei e sfocati, che sembrano svanire sul fondo scuro delle opere.

Leo Ragno ne è stato molto affascinato, comprendendo come Bacon abbia voluto significare l'impossibilità di dare senso compiuto all'esistenza con le sue frantumazioni e ha ricercato nelle proprie opere di ritrovare questo stesso afflato, incoraggiato anche dal Surrealista ed Espressionista Lucien Freud, che ha dato enorme significato ai dettagli, per meglio scavare nel profondo dell'essere umano, al fine di comprenderne l'essenza e la verità, che Freud osserva dal punto di vista animale, altro punto in comune con Ragno, il che chiarisce come per lui siano realmente gli uomini, che ritrae sempre nudi per sottolinearne la loro verità ultima. E' una ricerca di poesia che Leo Ragno ha ugualmente colto e sviluppato.

L’artista si è interessato poi a Medardo Rosso, che ha realizzato opere scultoree non finite, che catturano percezioni più che immagini realiste: pienamente in linea con la sua ricerca, poiché cerca fin dall’inizio la sottrazione della forma nelle sue opere. Anche Eugène Carrière è stato significativo col suo Realismo Intimista, che dematerializza il soggetto rifiutando il colore, nonostante le critiche avverse ricevute ai suoi tempi, in un momento in cui era troppo presto per proporre queste novità e anche Ragno utilizza al minimo il colore.

L’arte è, come si sa, comunicazione, bisogno intenso di realizzare un contatto aperto a molteplici interpretazioni, in grado di risvegliare l'attenzione verso ciò che è ignorato e trascurato dentro di noi. È un percorso profondamente intimista, che vuole coinvolgere l'emotività dello spettatore, inserendolo nell'opera stessa, facendone scaturire domande e riflessioni che coinvolgano tutta la personalità. Siamo spesso distratti da mille particolari superficiali: raggiungere il nostro io più profondo, in una dimensione artistica è un obiettivo di ricerca e di esplorazione spesso trascurato. Leo Ragno ottiene tutto ciò esplorando l'aspetto più istintivo dell'essere, svelandone gli atteggiamenti involontari, scoprendone i comportamenti inconsapevoli: ricordano la lezione di Carrière.

Privilegiare la figura umana rispetto ad altre scelte è stata la direzione più naturale della sua ricerca, partendo dalle persone più vicine a lui, i suoi familiari e via via pervenendo alle immagini che lui stesso si è costruito, decostruendole e ricostruendole, mettendo a contatto il complesso col profondo, alla ricerca del particolare sfuggito, ma significativo, per la comprensione globale. Le forme delle sue opere, le fattezze dei personaggi che dipinge, non sono il risultato dell'osservazione del modello, ma il ricordo che l'artista ricostruisce nella sua mente: attraverso un faticoso lavoro di elaborazione e soppressione, ne definisce infine i tratti, che sono il risultato di un'opera metafisica, concreta e concettuale.

Lo sforzo che compie lui stesso è compensato dal coinvolgimento dello spettatore nella fruizione dell'opera, che con notevole impegno mentale, sarà costretto a completare l’immagine nella propria memoria, creando un cortocircuito stimolante per il reperimento di parti di sé sconosciute e ambiti inesplorati. L’immaginazione, a questo punto, scatena la fantasia in una tensione sorprendente e coinvolgente, addirittura disturbante, perché sono aperte tutte le interpretazioni: la nostra mente è come un universo inesplorato.

Ne risulta un’immagine sbiadita, offuscata e trascolorata: sono morbide forme che si sfaldano nei contorni, senza decise prese di posizione cromatiche, ma messe a fuoco in punti focali e strategici, che attirano lo sguardo e lo conducono a ricostruire la figura. Si perde così il confine tra mondo interiore ed esteriore, nell'immergere dello scolorare dell'elemento cromatico, spesso assente o usato monocromo, con pochi tocchi delicati, che tuttavia possono presentare flash di luce improvvisa e spiazzante. La luce che ne risulta, infatti, trasforma ogni riferimento alla realtà trascinando lo spettatore in una dimensione interiore inattesa. La delicatezza del tratto è l'elemento che colpisce maggiormente, perché edulcora anche le immagini più crude e realistiche trasportandole in un'atmosfera di rarefatta poesia.

È chiaro che il giovane artista si ispira al suo vissuto creativo: è una osservazione che stabilisce una conoscenza senza giudizio, crea immagini, le comunica col suo linguaggio, lanciando un segnale gradevole e vigoroso, che colpendo il fruitore, lascia un segno destinato a evolversi nel pensiero, suscitandone altri. È un percorso all'interno della psiche che affascina, ma di cui non si conosce la direzione, né dell'artista, né dello spettatore, perché troppe sono le variabili e le distrazioni del pensiero. Notevole è l’impatto che questa arte può sollecitare, perché utilizza la discrezione per raggiungere ciò che è più profondo e arduo da cogliere. In genere questa operazione viene fatta attraverso “choc” eclatanti e roboanti, di profonda rottura.

In Leo Ragno c’è soltanto leggerezza e amabilità, che riconducono alla realtà. Anche più cruda, e assordante, perché sa nobilitare qualsiasi gesto, senza giudicarlo, né sottolinearlo. Sa prendere coscienza della situazione trasportandola in una riflessione che stimola memoria, ricordi e pulsioni, ma trascina inevitabilmente in una dimensione metafisica, rispetto al reale che rappresenta nell'opera.

Ritengo interessante scoprire l’evoluzione successiva dell’artista: la creatività va lasciata libera di fruire se non la si vuole annientare e sopprimere. Non è prevedibile l’evoluzione di una giovane mente, che attraverso le vicende della vita a volte prende strade diverse. Ma per un artista è fondamentale esprimersi con ispirazione e sincerità, anche se si sta andando verso percorsi complessi. La verità dell’arte la si comunica involontariamente e deve sempre essere l’obiettivo dell’artista, ben evidente nelle sue opere. Ed ecco il risultato, molto interessante, l’intervista all’artista:

Come hai scoperto di voler diventare artista?

Credo sia stata una scoperta avvenuta gradualmente e mi è difficile trovare un momento specifico. Direi che è stata quasi una presa di coscienza che, col passare del tempo, è andata rafforzandosi, facendomi capire la possibilità che la pittura offriva di esprimermi.

Come ti sei avvicinato al mondo dell'arte?

Il mio percorso è iniziato in Accademia ed è lì che, per la prima volta, ho avuto modo di incontrare persone che avevano un pensiero fisso simile. Da allora l’obiettivo che mi sono dato è quello di poter essere in questo mondo d’arte il più a lungo possibile.

Cosa ti ha spinto a scegliere i soggetti e le tematiche?

Ho sempre percepito in me una propensione per la figura. Inizialmente, per esercitarmi, dipingevo i miei familiari e in breve tempo ho capito che la mia ricerca doveva virare verso la comprensione di un mio modo di vedere le persone. Mi incuriosisce davvero molto l’aspetto “animale” delle persone, i loro atteggiamenti involontari, i comportamenti sociali e il loro modo di stare al mondo. Era davvero inevitabile allora che diventassero il soggetto principale delle mie immagini e della mia ricerca.

Quali significati vuoi rappresentare nelle opere?

Mi piacerebbe che nelle mie opere ci fosse la possibilità di coinvolgere lo spettatore profondamente nella sua emotività, coinvolgendolo nell'immagine e facendolo sentire parte di essa. Mi piacerebbe suscitare delle domande in chi guarda i miei dipinti. Ecco perché il tentativo nei miei lavori è quello di raffigurare momenti e immagini che rievochino ricordi, episodi o volti che permettano allo spettatore di riconoscere qualcuno o qualcosa o addirittura di riconoscersi dentro l’opera.

Quanto c'è della tua vita nelle tue opere?

Nelle mie opere, in qualche modo, c'è tutta la mia vita. L’espressione artistica nel mio caso vuole essere il più possibile sincera e questo porta a dichiararmi dipingendo. È un processo, però, che ritengo debba essere del tutto istintivo. Come esprimo me stesso e il mio vissuto nel modo di muovermi, camminare, parlare, così deve avvenire nella mia pittura. Non vi è quindi una mia narrazione dentro le immagini, ma di certo un mio modo di vedere le cose e sentirle. Mi dichiaro dipingendo nella misura in cui dipingo e lavoro con assoluta sincerità e quindi inevitabilmente inserisco nelle immagini quello che sento e provo. Intendo dire che non raffiguro scene o contenuti della mia vita, ma che quello è il mio modo di vedere e sentire le cose, l'espressione di me stesso.

Come nasce il tuo processo pittorico?

Il mio processo pittorico è fatto di costruzione e distruzione continua dell'immagine, dipingo un volto per poi cancellarlo e ridipingerlo su quel che resta. Questo procedimento va avanti fino a che l’immagine non raggiunge la definizione che mi soddisfa. Il tipo di risultato “rarefatto” vuole essere una sorta di immagine che riemerge dalla memoria, non perfettamente definita, evanescente, ma con una identità.

L’immagine, poco definita, costringe lo spettatore a completare il dipinto con il proprio sforzo mentale. Facendo ciò sarà inevitabilmente coinvolto dal dipinto che verrà in qualche modo completato dalla sua memoria.

A quale corrente artistica ti ispiri?

Se proprio devo sceglierne una, direi l’Espressionismo: è stata la prima corrente artistica a coinvolgermi nel periodo degli studi accademici e che, per certi aspetti continua a influenzarmi, non è però di certo l’unica. Non posso infatti evitare di citare l’Esistenzialismo, attualmente poi sono molto attratto dall’Astrattismo e cerco di studiarlo attentamente (De Koonig, Rothko) per poter arricchire i miei lavori.

Generalmente lo stile che utilizzo deriva da un percorso che parte da artisti come Giacometti, Eugène Carrière, Medardo Rosso. La liquidità dei dipinti di Carrière e delle sculture di Medardo Rosso, mi ha portato a cercare qualcosa di simile nei miei soggetti. Discorso simile per quanto riguarda i lavori di Giacometti, la sintesi della figura, la scarnificazione del soggetto, mi hanno portato a riflettere molto sul mio approccio alla pittura e all’immagine in generale.

Come vedi il mondo dell’ arte italiana? E quello estero?

Mi sembra di vedere un grande fermento e soprattutto nell'ultimo periodo un aumento della qualità in generale. Rimane, sia in Italia che all'estero, un certo controllo del mercato, che purtroppo permette che le cose (non) funzionino in un certo modo. Non mi piace però fare del vittimismo, mi riferisco al fatto che è un sistema che risponde a delle logiche di mercato, che molte volte sono differenti da quelle artistiche. Inutile forse dire che all'estero vi è un clima differente, ma credo dipenda soprattutto e molto pragmaticamente dalla disponibilità economica.

Cosa pensi dell’Arte Contemporanea, del mondo dell’arte, dei critici e dei curatori?

Noto con grande piacere un ritorno alla pittura e un nuovo interesse a questa forma d’arte che ha vissuto periodi travagliati.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto lavorando su dei progetti in Italia e all’estero, a breve ci saranno una mostra a Venezia e una seconda a Milano, il resto non posso ancora rivelarlo, ma mi costringe a passare parecchio tempo in studio, per fortuna.

Quanto ti senti soddisfatto delle opere che realizzi?

Mi sento soddisfatto quando, in un dipinto scorgo una crescita, un passettino in avanti verso la direzione che perseguo.

Quali esposizioni ritieni più significative nella tua vita artistica?

Credo che le più importanti siano quelle che sto per realizzare, ma se devo scegliere tra quelle realizzate, direi la mostra A Fleur de Peau a Parigi, dello scorso anno, presso l’Istituto Italiano di Cultura, curata da Angela Ghezzi. È stato un momento importante di crescita e di soddisfazione, come la Personale Il Rumore del Tempo del 2020, curata da Giulia Grassi presso il “Brunitoio” di Verbania.

Sono state due mostre che, oltre avere una importanza di per sé, hanno rivestito un ruolo cruciale nel mio percorso di ricerca artistica. Parlando della Mostra di Parigi, devo riconoscere che è stata un'occasione importante per poter esporre un insieme di lavori in un contesto prestigioso e in qualche modo chiudere un ciclo. Nella Mostra ho esposto un' importante selezione di dipinti che fanno parte di quello che potrei definire picassianamente il mio “periodo rosa”. La riflessione sulla memoria e l’uso di una tonalità calda, che richiamasse al contenuto emotivo del ricordo, aveva chiuso il suo ciclo e la mostra è stata l’occasione per sancire, anche psicologicamente, la fine di quel percorso, permettendomi di aprire un nuovo capitolo e di proseguire con una tavolozza differente, visibile nelle opere più recenti.

Questo percorso era appunto iniziato all'incirca nel periodo precedente la mia Personale del 2020. In quella circostanza, anche se non vi erano dipinti, avevo avuto modo di esporre una serie di disegni e incisioni che inauguravano questo “viaggio nel tempo” e mi hanno concesso un'importante riflessione sulla prosecuzione del mio percorso.

Consiglieresti ad un giovane artista di intraprendere questa carriera?

Non credo ci sia possibilità di scelta. Se qualcuno si pone la questione come una scelta, forse meglio evitare.

Quali sono i tuoi artisti preferiti e perchè?

Davvero tanti, in ordine cronologico partirei da Velasquez, Goya, Carrière, Kollwitz, Medardo Rosso, Rodin, fino ai più recenti Morandi, Bacon, Freud, Saville, Brown. Ve ne sono molti altri, ma è di questi nomi che mi ritrovo più spesso a sfogliare i cataloghi o cercare immagini su Google. I motivi sono molteplici, dalla forza di alcuni, alla poeticità e lirismo di altri, ma in tutti questi c'è un'estrema, profonda riflessione sulla condizione umana, che tanto mi affascina.

Quali artisti contemporanei secondo te passeranno alla storia?

Questa è una domanda molto bella e spesso mi ritrovo a pensare a chi resterà, ma rispondere è molto complicato. I nomi più noti attualmente sono quelli che rispondono alle logiche di mercato di cui parlavo prima e quindi vi è anche qualcosa di sommerso che forse prevarrà su queste logiche. Parlando di pittura, nello specifico, credo che chi raccoglierà il testimone, lasciato da Picasso e Bacon, potrà ambire a restare nella Storia dell’Arte. Al momento trovo una sintesi nei lavori di Cecily Brown, che potrebbe essere necessario ricordare nei libri del futuro.