Mi piace aspettare il mese di ottobre come il tempo del ritorno a scuola: una ricorrenza importante per la quale c’era attesa, c’era emozione ed anche una certa ansietà per l’arrivo di compagni di classe sconosciuti, ma anche ritorni che facevano rincontrare gli innamorati che durante l’estate, dopo accorate promesse, non avevano spedito altro che una cartolina. Capitava poi inaspettatamente di ritrovare un amore sbocciato in una serata danzante, sotto il cielo stellato in riva al mare ed era un attimo di inattesa felicità. Tante storie da raccontare, segreti da scoprire, emozioni che fanno ormai parte di ricordi antichi che si battono con forza per non precipitare nell’oblio.

Ottobre è un mese di inconsapevole ascolto dell’inverno che arriverà nella notte solstiziale e porterà con sé le premesse e le speranze per un altro anno.

Ottobre è un mese in cammino, con lo sguardo volto verso un cielo freddo di stelle, capace di intensi odori di morte stagioni, che si sprigionano dai colori del suolo coperto di foglie vestite d’oro e di giallo.

Arco di sogno che brilla
fra nuvole burrascose:
un ponte fra la terra e il cielo.
Difficile è trovare la sua entrata

(Deng Ming-Dao)

Come un arco nel cielo l’autunno e l’inverno si toccano nella lontananza e mischiano l’acqua gelata con la pioggia nella quale ancora si attarda qualche raggio di sole.

Ottobre è un mese di atmosfere rituali che porta nel suo nome la magia del numero otto.

In ottobre si mettono al riparo le aspidistre che talora accade di veder fiorire.

Ottobre invita ad un’esperienza di percezione, ad un percorso fatto di silenzio nella contemplazione della Natura che si spoglia dei suoi abiti più belli per indossare la trasparenza del vuoto.

È un ripulirsi da tutti i richiami che intasano la nostra mente per intrecciare un contatto di verità, di purezza, un contatto con i luoghi che si fa intimo. Un procedere che diventa viaggio.

La prima pioggia d’autunno
ripulisce dal caldo appiccicoso.
Il viaggiatore riconoscente
respira aria fresca e cieli tersi.
Le montagne, lontane, sembrano
più grandi, più azzurrine,
e il suono della cascata si fa
più intenso

C’è una sorta di nudità del paesaggio che è una forma di comunicazione: è incontro e segno, testimonianza che induce a guardare le cose con purezza, con essenzialità andando oltre la mente che spiega, che cataloga per lasciare spazio alle sensazioni che dilatano la visione, per imparare a lasciar fluire i pensieri e le parole come una musica interiore che attraversa il corpo e lo colma di emozioni, perché si esprima come un evolversi, un dipanarsi della materia, per sentir scorrere dentro di sé la forza vitale che altro non è se non l’essere parte del tutto.

Amo questo lago,
bacino di lacrime celesti,
inclinato dall’attrazione lunare
che preme sulle sue sponde.

Amo queste montagne,
affioramenti di nuda roccia
scolpiti dai mari,
scaturiti da epoche ignote,
isolati in un campo di veccia
solcati da argentee cascate

Un gufo in allerta mi osserva
senza battere ciglio,
e oltre, foreste alpine inquadrano
una luna lontana

C’è un affidarsi all’accadere che schiude lo sguardo sulla certezza della trasformazione, del mutamento: ad ogni estate segue l’autunno che sfocerà nell’inverno.

C’è la forza della fiducia, una parola che sa rinnovarsi continuamente, che sempre rinasce poiché si alimenta nella speranza, si accompagna all’attesa e c’è la certezza di poter essere parte della rinascita se si accetta il mistero della vita.

Spasmi di roccia infuocata
formarono un cono alto tre miglia.
Pioggia e vento lo spaccarono
in cento dita turrite.
Nel tempo gli alberi fecero leva
nelle fessure.
Dopo un milione di anni, condor
e serpenti
vi posero dimora.
Roccia imponente, pareti istoriate
di pallidi e vermigli licheni
l’uomo ancor più fragile su quelle
pietre

Ottobre ha i chiaroscuri della poesia, ha i suoni melodici di musiche ascoltate nella penombra. Vede scendere i tramonti imbevuti di rosso, sfumati nel rosa e violetto.

Ottobre è il freddo luminoso del mattino.

Mi ritorna in mente il profumo di mela cotogna nelle parole di una vecchia canzone.

Ottobre è il ritorno da scuola accolti da una torta di mele e dal profumo dei biscotti di pastafrolla appena sfornati e “inzuccherati” a velo sul tavolo della grande cucina.

Ottobre è il pomeriggio atteso, nel quale si andava dalla sarta per provare il cappotto ormai pronto per i primi freschi e poi, con immensa gioia, a gustare il caldo cioccolato in tazza con l’aggiunta della panna montata.

Ottobre ha la luce nascosta tra i rami di una pineta, ha l’odore umido delle prime nebbie che lasciano filtrare tiepidi raggi.

Arcipelaghi di nuvole bianche si mostrano all’orizzonte come scogli innevati.

Ottobre raccoglie conchiglie lavate dalla risacca e le intreccia in arabescate volute.

C’è un tepore nei raggi del sole d’ottobre che riscalda la solitudine che sembra catturare i cuori dopo l’estate.

Cantano gli insetti
tra mille erbe in fiore;
solo, nella mia capanna,
aspetto stanotte
il sorgere della Luna

(Daigu Ryokan)

La poesia è una sensazione della mente, è lo sguardo che trascende l’accadere quotidiano. Nella visione illuminata e illuminante squarcia il velo del prevedibile così da dare accesso alle ragioni che non spiegano gli eventi ma li “accolgono” con la pazienza di chi conosce il nesso fra tutte le cose, ascolta la vita nella sua interezza e sa ritornare dopo ogni partenza.