A trionfare, ottenendo il prestigioso Orso d’Oro alla 73ª edizione del Festival di Berlino, è Sur l’Adamant. di Nicolas Philibert. Il documentarista francese, entra in un centro psichiatrico atipico parigino, per ribaltare l’immagine di “invisibilità” dei malati mentali spesso raccontati in maniera disumanizzante.

Un’esplorazione ancora, nello stile di Philibert, che osserva con garbo e rispetto gli individui fragili e ci porta a conoscere una quotidianità spesso ignorata, che resiste tenacemente in un mondo che pensa solo agli scopi economici anche nel settore sanitario. Un documentario sul disagio sociale che narra il grande lavoro di un presidio psichiatrico in cui si toccano con mano, tra gli sguardi smarriti, i balbettii e i gesti inconsulti, sofferenza e solitudine. L'Adamant è un battello ormeggiato sulla Senna a Parigi, utilizzato come struttura diurna con un team di operatori psicologici e psichiatrici che cerca di portare avanti un progetto di ascolto e rapporto umano con il paziente, personalizzando le terapie, aiutandolo nella cura e a mantenere alto il morale, offrendogli un radicamento nella vita di tutti i giorni.

Un day hospital insolito, galleggiante nel cuore di Parigi, che si può frequentare ogni giorno o saltuariamente, dove vengono organizzati laboratori di cucito, disegno, musica, danza e cinema, per esprimere e sviluppare le proprie tendenze e capacità artistiche. Nicolas Philibert, con alle spalle una lunga filmografia che conta più di trenta documentari, si pone davanti la telecamera con gentilezza e discrezione senza mai cercare l’inquadratura perfetta, comprovando “la follia” in tutta la sua espressione e singolarità.

Si avvicina ai malati, li riprende singolarmente e durante le sedute collettive, catturando momenti di comunità. Li incontra personalmente, li lascia parlare delle loro debolezze e solitudine sociale, rendendoli protagonisti. Esplorando le loro vite e attraverso lavori creativi, vengono fuori persone straordinarie, musicisti, cantanti, pittori e appassionati di musica. Una visione quasi giocosa che il cineasta transalpino sceglie per sovvertire l’idea “deprimente” dei centri di cura psichiatrici, dall’elettrizzante canzone con cui si apre il film, a presunti musical o assoli con chitarra elettrica. Un ritratto di vera umanità, doloroso ma a volte anche divertente, che abbatte i pregiudizi sui soggetti con disturbi mentali attraverso un rapporto di dialogo significativo ed empatico, in cui bisogna trovare la chiave giusta per accostarsi ed entrare.

L’Adamant è innanzitutto un punto di relazioni che cerca di resistere al deterioramento e alla disumanizzazione della psichiatria e costituisce un’implicita protesta contro la condizione difficile delle strutture ospedaliere francesi. È uno spazio accogliente, lontano da comuni o austeri ospedali psichiatrici, dove i terapeuti non somministrano solo farmaci, ma ricorrono a pratiche alternative quali l’autoconsapevolezza, attività sociali e di comunità, come andare a comprare i cibi e cucinare insieme.

Un luogo confortevole, per soggetti di tutte le età, in cui scegliere di vivere e restare come il miraggio di una casa, “almeno finché sarà possibile”. Philibert ritrae una realtà complessa e circoscritta, descrivendo i metodi di lavoro e lo spirito che si respira all’interno de l’Adamant, abbattendo le barriere che ci separano da questa “follia reale”, trasformandola in una semplice alterazione nella percezione della realtà, regalando momenti di vero fascino e bellezza. Prodotto da TS Productions, Sur l’Adamant è coprodotto da France 3 Cinéma e dai giapponesi di Long Ride, e uscirà nelle sale francesi alla fine di marzo a Les Films du Losange.