Joseph Pulitzer nel 1904 sulla rivista "The North America Review" diede questa definizione di giornalista:

«un giornalista è una vedetta sul ponte della nave dello Stato. Egli nota i bastimenti di passaggio, le piccole cose che punteggiano l'orizzonte. Egli segnala il naufragio delle navi che possono salvarlo, scruta nella nebbia e nella tempesta per avvertire dei pericoli in arrivo. Egli non pensa al suo salario o al profitto dei suoi padroni. Egli è lì per procurare la sicurezza e il benessere alla gente che crede in lui».

Questa citazione è tratta dal libro "Sotto la notizia niente" di Claudio e Franco Fracassi, padre e figlio. E Franco Fracassi, il personaggio che intervisterò oggi, giornalista, scrittore, regista, documentarista, col suo impegno incessante fatto di inchieste su argomenti come mafia, servizi segreti, terrorismo e nel suo ruolo di inviato di guerra, risponde proprio a questa descrizione di Pulitzer…

Sei figlio d’arte di Claudio Fracassi, ex-direttore di Paese Sera, quanto è stata importante la figura di tuo padre per la tua professione?

È evidente che è stata decisiva, sono cresciuto respirando aria di giornalismo nel corso di tutta l’infanzia senza rendermene conto, non solo perché mio padre era un giornalista, ma perché lo era anche mia madre, mia zia, i miei cugini, ero circondato. Diciamo che io ho fatto il giornalista perché sono curioso e mi interessava fare tante cose diverse, perché non sopporto di fare una cosa sola: c’è tanta gente specializzata solo in una cosa, a me questo dà addirittura fastidio, io sono l’antitesi di questo, perciò ho pensato che il giornalista fosse l’unico mestiere che poteva permettermi di essere eclettico… Giornalismo non vuol dire solo scrivere, ma fare informazione: lo puoi fare con la macchina fotografica, con la telecamera, con il computer, con la penna, anche disegnando, insomma in tantissimi modi differenti…

Ho visto che da poco hai presentato, alla Televisione di Heather Parisi, il libro “Sotto la notizia niente”, scritto in collaborazione con tuo padre. L’allievo supera il maestro? Ora su Wikipedia si legge che Claudio Fracassi è padre di Franco Fracassi…

Non so chi ha inserito la mia biografia su wikipedia, è sbagliata anche la data di nascita…

Comunque il libro che hai citato fu pubblicato per la prima volta nel 1994, allegato al settimanale Avvenimenti che ne vendette qualcosa come trecentomila copie…

Questa seconda edizione nasce 28 anni dopo, rivisitata e arricchita, adeguata alla nostra era digitale. Eppure, anche se internet ha soppiantato la carta stampata, i meccanismi che regolano l’informazione non sono cambiati: ancora oggi è vero che chi controlla l’informazione controlla il mondo…

Il libro svela i trucchi e i meccanismi che regolano la propaganda mascherata da informazione: quando tutti raccontano la stessa cosa allora significa che molto probabilmente quella narrazione è falsa.

Gli antidoti? Dubitare, dubitare, dubitare e leggere, leggere, leggere!

Se tu dovessi presentarti da solo cosa diresti di te? Che cosa ti caratterizza?

Il fatto di vedere le cose sempre al contrario. È come quelli che leggono una frase, poi la leggono al contrario. Quando vedo qualche cosa, provo ad immaginarmi l’opposto di quella cosa, anche fisicamente. Se vedo una persona che ha un bellissimo vestito, me la immagino nuda, cerco di pensare questa persona nuda che cammina. Se vedo una persona che dice le cose molto seriamente, provo ad immaginarmi la stessa scena con questa persona che ride a crepapelle, che dice delle cose assurde…

Insomma, sei pirandelliano?

La cosa che mi caratterizza è di cercare di immaginare il mondo diverso da quello che è, e portarlo all’estremo, all’assurdo. Il mio libro preferito è quello delle favole. Io mi ritrovo perfettamente in quella dimensione perché sono convinto che senza la fantasia non esisterebbe la realtà. È la fantasia che fa la realtà e non viceversa. Insomma il mondo al contrario…

In verità le tue inchieste sono come le Fiabe che a volte raccontano la storia dalla parte dei vinti, mentre noi la studiamo dal punto di vista dei vincitori e allora mi chiedo quanto ci sia di vero nell’informazione che ci arriva oggi, dai giornali, dalle televisioni, dalle radio, dai libri, spesso io rimetto in discussione tutto quello che ho studiato…

E fai bene… Sempre vedendo le cose al contrario, noi siamo abituati a pensare che quelle cose siano vere, in realtà non sono mai esistite. Noi siamo abituati a prendere una parte della realtà e a trasformarla nel tutto. Perché accadono cento cose e tu prendi come vera una di quelle cose, quell’una non può spiegare il tutto. Insomma quello che raccontiamo è vero, ma in realtà non è vero. Ci sono state nel corso della storia un sacco di notizie false, alcune davvero clamorose, che uno a volte si domanda come sia possibile. Ti faccio un esempio. Quando nel 1991 c’era la Guerra del Golfo, gli Stati Uniti dovevano trovare una motivazione per invadere l’Iraq convincendo l’opinione pubblica e allora si è cominciato a puntare il dito su Saddam: “Saddam è cattivissimo, perché ha aperto i rubinetti del petrolio, sta distruggendo il Golfo Persico col petrolio”. Insomma, un pazzo! E a dimostrazione di ciò apparvero le immagini e si vedevano dei filmati di un uccello tutto sporco di petrolio che stava su una spiaggia e camminava come fosse ubriaco fino al momento che stramazzava nella sabbia. Le immagini erano vere, ma erano anche false. Nel senso che era la realtà, ma accadeva altrove, non nel Golfo Persico. Si utilizza la realtà di un contesto e la si inserisce in un altro contesto, si utilizza la realtà, per creare la finzione. Per questo dico che bisogna sempre vedere il mondo al contrario.

A questo proposito bisogna andare ad indagare sulle verità storiche. A mia figlia all’esame di maturità è stato chiesto di parlare della morte di Hitler, poi a me è capitato di leggere il tuo libro “Hitler 1945”, dove parli della fuga di Hitler e quindi è morto o non è morto?

Certo che è morto, bisogna vedere però quando è morto e come è morto. Io racconto semplicemente che dove dovrebbe essere morto, non è morto. C’era un cadavere pure lì, ed era un cadavere vero, ma di chi era questo cadavere? Attraverso una cosa vera, si racconta una falsità. Noi siamo a teatro, facciamo una rappresentazione della realtà. La realtà c’è sempre, la notizia è la rappresentazione del fatto, è già qualcosa che non esiste, ossia una trasposizione nell’immaginario della realtà. In questo passaggio può accadere qualsiasi cosa…

Se gli alberi secolari potessero parlare, che cosa direbbero della realtà che ci è stata tramandata negli ultimi 50-60 anni? O forse anche di più?

Io credo che esistono delle Fiabe, le “Fiabe italiane” di Italo Calvino, che in realtà erano dei racconti. Nel Marcovaldo, attraverso una persona che non conosceva il mondo, cioè vedeva il nulla, tu rappresentavi la realtà. A noi ci hanno costretto in un luogo forzato della nostra mente – anche se noi viaggiamo – ci hanno inscatolato in un luogo, come hanno inscatolato Marcovaldo, lui in un luogo fisico, noi in un luogo mentale, ma è esattamente la stessa cosa. A quel punto noi dobbiamo cercare di comprendere quello che c’è fuori questo luogo, quindi il mondo, attraverso quello che ci hanno messo dentro. Ovviamente è la cosa più difficile di tutte e pochi ci riescono perché non sanno quello che c’è fuori, non ne hanno la conoscenza, ma non per colpa loro…

Chi è il maggior responsabile di tutto questo?

Esistono dei Poteri che non è che si susseguono, sono Poteri contemporanei che si intrecciano tra di loro i quali ci spingono verso una realtà, ognuno ci spinge verso la sua realtà. C’è quello più convincente e quello meno convincente. Negli ultimi ottant’anni il Potere degli Stati Uniti d’America è stato il più convincente di tutti. A colpi di cartoni animati della Disney, a colpi di film di Hollywood, a colpi di Mac-Donalds, a colpi di Coca Cola, ci hanno convinto che quella realtà che loro ci raccontano è migliore della nostra. Prendiamo Babbo Natale, è il trionfo della menzogna: Babbo Natale è la realtà della Coca Cola. Babbo Natale, che esiste, si trova in Lapponia, in una grotta, se uno lo va a vedere, non ha gli stivali, non ha nulla di rosso addosso, ha dei calzettoni enormi tutti a strisce gialle e arancioni che gli arrivano quasi al bacino e una giubba verde sopra. Non ha nulla di rosso e nulla di nero. Perché invece Babbo Natale è rosso e nero? Perché la Coca Cola è rossa e nera… La Coca Cola ha preso un’icona, l’icona più diffusa nel mondo, quella più cara a tutti i bambini, e l’ha trasformata a sua immagine e somiglianza, per fare che cosa? Per vendere bottigliette. La Coca Cola ha una potenza enorme, tutti conosciamo il Babbo Natale della Coca Cola, se vediamo quello vero nemmeno lo riconosciamo…

Tuo figlio aveva tre anni quando ti capitò di finire in una lista nera in Ucraina, hai capito perché?

Perché un paese che non accetta il dissenso, deve presentare agli altri il fatto che ci siano delle persone cattive, sbagliate, che o vengono ignorate o semplicemente vengono fatte fuori, anche fisicamente. Quel modo di ragionare - che noi abbiamo accettato perché non abbiamo detto nulla agli ucraini – ormai è diventato normale…

Come hai protetto tuo figlio dalla programmazione dei media?

Adesso che lui ha dieci anni non ha il cellulare e ha un computer che usa solo per scrivere storie. E poi gli ho insegnato che quando qualcuno afferma qualcosa lui deve pensare il contrario. Gliel’ho insegnato talmente bene che anche quando io dico qualcosa, lui fa il contrario. È un po' faticoso…

Dopo aver visto questi tuoi libri, “Dentro la notizia” e “Hitler 1945” - ma so che ce ne sono tanti altri - sarebbe bello poterli presentare nelle scuole per insegnare agli giovani a difendersi dalle programmazioni. Cosa diresti a questi ragazzi?

Gli racconterei delle storie, che sono le cose più potenti che esistano. E dipende anche da come gliele racconti, la forma del racconto fa la differenza sulla sostanza di quello che stai raccontando…

Secondo te, rispetto a quando tu eri il figlio di tuo padre e lui era Direttore del quotidiano “Paese Sera” (forse avevi vent’anni), cosa è cambiato? È peggiorato questo sistema di programmazione?

È molto peggiorato perché le tecniche di controllo si sono affinate!

È come se il mondo di Orwell fosse diventato reale o si fosse vero il “Il mondo nuovo” Huxley?

No, siamo andati oltre…

Qual è il film che rappresenta questo oltre?

Matrix si avvicina…

Che potere abbiamo noi di andare in un’altra direzione?

La conoscenza!

Quando scriverai la prossima Fiaba?

La sto già scrivendo insieme a mio figlio. Non sono Fiabe, sono Favole, non so quando uscirà. Il mio prossimo libro si intitola “The Italy Project”: parla di come dal 1943 a oggi, cioè in questi ottant’anni circa, sia stato fatto un accordo tra lo Stato italiano, la mafia, il terrorismo rosso, il terrorismo nero – tutti insieme – coordinati dalla Massoneria per conto degli Stati Uniti d’America. Vorrei concludere l’intervista con la citazione di un’interessante storia che Franco narra nel suo libro "Sotto la notizia niente”.

“David Finn, un brillante newyorkese che nel 1948 aveva fondato una delle più importanti agenzie di pubbliche relazioni al mondo (la Ruder Finn), nel 1994, ebbe tale incarico da parte di un alto dirigente del Dipartimento di Stato: «Bisogna fare sì che in futuro i giornalisti non mettano in dubbio la verità che viene affermata dal governo. Basta domande, basta inchieste indipendenti». Egli impiegò un po' di tempo per trovare la soluzione poi gli venne in mente un termine che ebbe la sua efficacia dopo l'assassinio del Presidente Kennedy, "complottista".

«Il termine di per sé non voleva dire nulla ma evocava cose brutte, come i colpi di Stato o come gli attentati terroristici. In più faceva pensare a delle macchinazioni, cose sempre difficili da digerire da una mente umana abituata ai messaggi semplici e tranquillizzanti, come quelli inviati quotidianamente dalla pubblicità o dagli show televisivi».

E poi contattarono «alcuni produttori e sceneggiatori di Hollywood. Negli anni successivi nacque un nuovo filone cinematografico, quello dei complotti sventati da semplici cittadini, al massimo da intraprendenti reporter. "Ipotesi di complotto" con Mel Gibson e Julia Roberts, "Nemico pubblico" con Will Smith e Gene Hackman, "The Net" con Sandra Bullock e così via. Lo scopo era quello di preparare il terreno…».

Infine nacque il termine "negazionista" e dopo l'11 settembre il concetto di "fake news" e i "fact checker"...”.

Grande genio questo Finn, ancora oggi vengono attuate le sue idee!