Il tema dell’ascensione verso una vetta montana è da sempre la metafora di un’evoluzione spirituale, di un cambio di paradigma esistenziale, di un’agnizione della coscienza verso una necessaria consapevolezza del vero sé.

René Daumal, poeta, scrittore e filosofo ha attraversato la sua breve vita per raggiungere la verità, quell’assurda rivelazione che ha rincorso da sempre. Nato nel 1908 nelle Ardenne, Daumal nel 1925 trova a Parigi il luogo dove sviluppare la sua arte e la sua poesia aderendo al Surrealismo. Nella capitale francese studierà filosofia e prenderà parte al fertile scena artistica della Rive Guachi. Ma è nel 1928 che per Daumal arriva la svolta quando fonda la rivista “Le Grand Jeu” insieme a Roger Gilbert-Lecomte e Joseph Sima, che con le sue illustrazioni correderà i testi. Purtroppo, la rivista conoscerà solo quattro uscite, a causa della malattia che colpirà il suo fondatore.

La ricerca filosofica e poetica di Daumal prosegue, comunque, anche attraverso l’assunzione di sostanze che possono alterare lo stato di coscienza e far intravvedere lo squarcio tra la realtà vissuta e quella percepita. La sete di conoscenza di René Daumal arde come la fiaccola di un viandante che non sa mai se si trova sulla strada giusta. Il traguardo è ambizioso, i mezzi non sempre adeguati. In molti casi gli esperimenti condotti da Daumal per sbirciare oltre il regno visibile sono pericolosi per la sua salute. Ma il rischio per quello che è, oltre che un artista, un ricercatore spirituale a tutti gli effetti è parte di questo viaggio verso il palazzo della conoscenza. Nel 1938 il poeta pubblica “La Grande bevuta”, ma sarà successivamente che il percorso di Daumal comincerà a delinearsi. Avviene quasi per caso, grazie all’incontro con Alexandre Gustave Salzmann, uno dei più importanti allievi di Georges Ivanovic Gurdjieff, colui che custodisce nel lignaggio diretto tutti gli insegnamenti del maestro greco-armeno.

Daumal intraprende lo studio della Quarta via, e da lì condensa la sua esperienza dell’"insegnamento sconosciuto” nel romanzo “Monte Analogo”, la sua più grande opera. Dopo avere forgiato l’intelaiatura del romanzo attraverso lo studio del sanscrito e dell’induismo, il filosofo partorisce un testo fondamentale nel suo cammino introspettivo. E in un processo di circolarità esegetica, Daumal racconta nel suo romanzo il viaggio che lo ha portato finalmente alla consapevolezza del suo transito terreno. “Monte Analogo” racconta la vicenda di una spedizione di alpinisti, o meglio di ricercatori spirituali, che vogliono raggiungere il monte più alto del mondo, partendo da Parigi.

Il gruppo si imbarca su l’”impossibile”, un natante che solcando il mare in un’insolita rotta, li farà approdare sull’isola del Monte Analogo, una sorta di continente misterioso che ricorda per certi versi quello sommerso di Atlantide. In quest’isola il gruppo di esploratori incontra gli abitanti che provengono da tutto il mondo e da tutti i tempi, ognuno di loro porta un uso e un costume che appartiene a luogo e all’epoca in cui ha vissuto. Tutti vorrebbero scalare la montagna, arrivarvi in cima. Gli alpinisti iniziano l’ascensione dal villaggio del Porto delle Scimmie raggiungendo il campo base. Ma proprio qui, dopo una serie di dissertazioni metafisiche sul significato dell’ascesa sulla vetta del Monte Analogo, il romanzo si interrompe e il gruppo di ricercatori decidono di fermarsi in una sorta di limbo dell’analogia in cui non esiste nulla che sia completamente vero e nulla che sia completamente falso. Ciò che conta è semplicemente gettare lo sguardo all’interno, verso il proprio io interiore.

René Daumal muore nel 1944 e il romanzo resterà incompiuto, verrà pubblicato successivamente da Gallimard nel 1952. “Monte Analogo” ha ispirato l’opera del compositore argentino Javier Giménez Noble e il film “La montagna sacra” di Alejandro Jodorovski.