Lei lo guardò e disse riducendo gli occhi a due fessure: "Aspide!"
Lui la guardò e non disse niente.
Mentre lei si allontanava camminando di passo svelto e nervoso lui si sentì triste.
Prese un taxi e scese alla stazione, attese il diretto delle tredici e quarantacinque e giunse alla sua città alle diciotto e quarantacinque.
Prese l'autobus numero trentadue, poi il numero quarantasette, quindi il numero cinquanta.
Camminò per circa seicento metri, salì le scale fino al terzo piano, aprì la porta e la richiuse alle sue spalle.
Al buio, seduto su di una sedia si chiedeva: "Cos'avrà voluto dire?"
Prese il telefono, compose il 632003... non rispose nessuno.
Compose il 610557... non rispose nessuno.
Compose il 472282... "Pronto!"
"Mario, sei tu?"
"Sì, chi parla?"
"Sono Giorgio... "
"Oilà! com'è andata? da dove telefoni? da lì?"
"No sono a casa; non mi ha voluto più."
"Come non ti ha voluto più!?"
"No, non mi ha voluto più!"
"Ma perché?"
"Non lo so."
"Come non lo sai? cosa ti ha detto?"
"Non me lo ricordo."
"Ah andiamo bene! come fai a non ricordarlo!"
"Mi sembra che abbia detto... ospi... no asci... astice... si astice."
"Ma cosa vuol dire?"
"Non lo so."
"Ma tu non le hai chiesto cosa volesse dire?"
"No, non ne ho avuto la forza."
"Aspetta che chiedo a mio fratello... ... ... dice che è un tipo di crostaceo... una specie di piccola aragosta... cosa ne pensi?"
"E cosa vuoi che ne pensi, non capisco! ne so meno di prima."
"Senti non è che sei stato a pranzo fuori con lei e avete mangiato aragoste, non so... "
"Macché! ti dico che come mi ha visto ha detto così: -Astice!- e se n'é andata; l'ho vista qualche secondo, non di più."
"Fa una cosa, comprale un'astice e portaglielo, non si sa mai, fa sempre effetto."
"Dici?"
"Sì sì. Cosa ti costa? vai sicuro che ce la fai!"

L'indomani mattina uscì di casa molto presto.
Scese le scale e camminò fino alla fermata dell'autobus.
Salì sul cinquantuno poi cambiò e prese il quarantotto quindi il diciannove.
Scese al mercato del pesce.
"Può darmi un astice?"
"Astici? non ne ho. Vuole un'aragosta?"
"E' della stessa famiglia?"
"Più o meno. E' buonissima vedrà, guardi me l'hanno portata questa mattina ancora viva."
"Può farmene una confezione regalo?"
"Come?"
"Sa... come un mazzo di fiori, con la carta trasparente."
"Ma è ancora viva, rischia di perderla per strada... vabbé come vuole... non deve andare lontano vero?"
"Non tanto."

Con l'aragosta in braccio che muovendo le lunghe zampe da crostaceo faceva scricchiolare la carta trasparente prese un taxi e andò alla stazione.

Attese l'espresso delle nove e venti.
Sull'appennino il treno rimase fermo per un guasto un'ora e tre quarti sotto il sole cocente.
L'aragosta aveva appannato la carta trasparente esalando gli ultimi respiri, le sue lunghissime antenne anteriori giungevano immobili fin sotto il suo naso.
In un attimo di stanchezza gli cadde il capo in avanti in preda al sonno ed una delle antenne gli si conficcò in fronte, si svegliò con un urlo.
Si asciugò il sangue che gli gocciava dalla fronte e guardò fuori le colline assolate.
Il treno ripartì.
Giunse in stazione alle quindici e venticinque, prese un taxi e andò da lei.
In ascensore gli cadde l'aragosta. Si spezzarono le due antenne ed una zampa. Non sapendo dove metterle se le infilò prima in tasca poi decise di nasconderle sotto lo stuoino davanti alla porta.
Mentre si chinava per alzare lo stuoino lei uscì.
"Cosa ci fai qui?"
"Ti ho portato l'aragosta... cioè l'astice... cioè è un'aragosta ma volevo portarti un'astice però non ce l'avevano."
"Ma sei matto??"
Gli prese l'aragosta di mano e la lanciò dalla finestra aperta.
Lui la vide roteare arancione contro il cielo blù e poi scomparire in basso.
Non sapendo cosa fare cercò di lanciare anche le due antenne e la zampa dalla finestra ma lanciò corto e colpirono i piedi della madre di lei che gridò: "Ma è matto?? cos'è sta roba?"
Lui disperato corse giù per le scale singhiozzando a più non posso.
Mentre attraversava di corsa la strada un gruppo di persone nel mezzo analizzava il crostaceo.
I più affermavano di avere solo sentito lo schianto sull'asfalto ma qualcuno giurava di averlo visto volare.
Si avvicinò un bambino: "Mamma cos'è? lo voglio!"
"Non toccarlo che ti becca! è un serpente cattivo!" disse la madre senza guardare.