“Si è spenta la luce”, “è andata via la corrente” sono alcune delle metafore utilizzate per descrivere gli episodi sincopali, caratterizzati da improvvisa e breve perdita di coscienza, con incapacità di mantenere il tono posturale e risoluzione spontanea.

La compromissione, improvvisa e transitoria, dello stato di coscienza, preceduta da prodromi, con difficoltà a mantenere la stazione eretta, con o senza caduta a terra, costituisce invece la presincope o comune lipotimia.

La diagnostica dei disturbi della coscienza, soprattutto nell’anziano, spesso non è facile per il medico, infatti è difficile raccogliere una buona descrizione dell’accaduto, soprattutto in assenza di testimoni, perché il paziente non ricorda o non sa riferire con precisione gli avvenimenti che hanno preceduto l’attacco. Gli stessi familiari o comunque i soggetti che richiedono l’intervento sono in genere molto preoccupati e spesso incapaci di riferire con esattezza la dinamica dell’accaduto.

La distinzione tra sincope/presincope e cadute per altri motivi, quali banali incidenti domestici, causati ad esempio da alterazioni della vista o dell’equilibrio, può perciò essere problematica. Anche la vertigine può talvolta associarsi a brusche cadute a terra, non per perdita del tono posturale ma dell’equilibrio. La sincope non è una malattia ma un sintomo; è quindi necessario riconoscere, o comunque rivalutare e correggere la patologia di base al fine di prevenire la recidiva degli episodi sincopali, che, oltre ad essere una importante causa di morbilità e mortalità, possono talvolta significare la perdita della vita indipendente. Il medico generalmente arriva dal paziente quando la crisi si è risolta e il suo compito principale, oltre a valutare l’entità degli eventuali danni seguiti alla caduta, è distinguere le forme a prognosi infausta, e quindi meritevoli di ulteriori approfondimenti, da quelle benigne che necessitano soprattutto di rassicurazione per il soggetto colpito e i familiari.

La patologia sottostante all’episodio sincopale è quindi il principale determinante per la stratificazione prognostica. La sincope cardiaca ad esempio ha una prognosi peggiore di quella non cardiaca. La maggior parte degli episodi sincopali afferenti alle strutture ospedaliere coinvolgono soggetti di oltre 65 anni e il 30% circa degli anziani istituzionalizzati presentano episodi ricorrenti. Le modificazioni cardiocircolatorie associate all’invecchiamento, le frequenti patologie coesistenti e le relative terapie, la diminuzione della forza e dell’agilità rendono le persone avanti con gli anni suscettibili alla sincope anche nei comuni stress ipotensivi della vita quotidiana, quali i cambiamenti posturali. In questi soggetti la sincope presenta spesso una costellazione di potenziali concause, nessuna delle quali in grado di provocarla singolarmente, ma che, insieme, possono agire da “trigger” per raggiungere la soglia critica di flusso ematico cerebrale. In assenza di una causa predominante la correzione di alcuni di questi processi patologici può consentire di risolvere il problema evitando al paziente i disagi di accertamenti spesso fastidiosi sia psicologicamente che fisicamente. E’ perciò fondamentale ad esempio una valutazione oculata delle terapie, spesso multiple, che possono alterare, direttamente o indirettamente, lo stato cardiocircolatorio dei soggetti avanti con gli anni, anche a posologie standard. Può inoltre essere importante la correzione di stati di disidratazione o anemia.

Le cause più frequenti di sincope negli anziani comprendono aritmie, ipotensione posturale, stenosi aortica, infarto miocardico e sincope del seno carotideo.

In genere è descritto un esordio improvviso, con caduta “a peso morto”, traumatica, e questo consente di escludere le forme vasovagali comuni, tipicamente graduali, precedute da un corteo di sintomi prodromici molto vari quali nausea, sudorazione, senso di calore al volto, offuscamento della vista che consentono di evitare cadute rovinose.

Anche le forme metaboliche e psichiatriche provocano in genere stati confusionali e alterazioni del comportamento. La crisi epilettica classica si manifesta invece con convulsioni tonico-cloniche prolungate, incontinenza, morso della lingua e sintomi post-critici (cefalea, mialgie, confusione, sonnolenza fino ad un vero e proprio stato comatoso).

La sincope cerebrovascolare nel territorio carotideo è rara, infatti anche un’occlusione completa di una carotide non provoca normalmente perdita di coscienza a meno che non sia quasi occlusa anche l’arteria controlaterale. Peraltro la malattia ostruttiva aterosclerotica può rendere il paziente più suscettibile a sincopi per altre cause.

Nonostante venga spesso richiesto in prima istanza, senza una motivazione specifica, nessuno studio ha valutato l’utilità dell’ ecodoppler carotideo nella sincope in generale. Può essere invece indicato in presenza di soffi carotidei, differenze marcate di pressione tra le braccia, deficit neurologici focali o sintomi caratteristici dell’insufficienza vertebrobasilare.

Una ipotesi diagnostica in genere da valutare è l’ipotensione ortostatica, definita come riduzione di oltre 20 mmHg della pressione sistolica o di oltre 10 mmHg della diastolica in ortostatismo; può manifestarsi come presincope (offuscamento visivo, astenia intensa, instabilità) o sincope, a seconda della rapidità e dell’entità del calo pressorio. A parte le rare forme neurologiche le forme più frequenti sono quelle da farmaci e da ipovolemia (emorragia, disidratazione, anemia, eccessivo aumento del pool venoso per allettamento prolungato o grave insufficienza venosa degli arti inferiori).

Più raramente la sincope può essere dovuta a ipotensione post-prandiale, definita come riduzione sintomatica della pressione sistolica di oltre 20 mmHg entro 90 minuti dopo un pasto.

Può inoltre essere presa in esame la sincope carotidea, in genere provocata da movimenti del capo, colletto o cravatta stretti, atto del radersi, anche se sono possibili attacchi spontanei. Più frequente negli uomini, in ortostatismo, è responsabile di brevi periodi di incoscienza seguiti dal ripristino immediato del sensorio al riaffiorare dello stato di coscienza. E’ riproducibile col massaggio del seno carotideo, in ambiente specialistico

L’elettrocardiogramma (ECG) è molto importante, soprattutto subito dopo l’evento sincopale, sia per evidenziare alterazioni che possono essere diagnostiche di per sé, sia perché alcune alterazioni possono suggerire la necessità di accertamenti più approfonditi. Lontano dalla crisi l’ECG è invece raramente diagnostico.

Nell’anziano in generale il ricovero può essere utile per vari motivi: possibilità di trattare tempestivamente una situazione potenzialmente pericolosa per la vita, monitorare la paziente e registrare con la telemetria il tracciato elettrocardiografico in caso di eventuale recidiva sincopale ed infine effettuare ulteriori accertamenti in caso di negatività delle indagini iniziali.

I pazienti cardiopatici negativi agli accertamenti diagnostici e i non cardiopatici dovrebbero essere studiati con il Tilt-Test, consistente nel legare il paziente a un apposito lettino inclinabile posto in ortostatismo passivo secondo vari protocolli, in genere a 60° per 45 minuti, per riprodurre la sintomatologia sincopale. Circa il 30% delle sincopi ha carattere recidivante; in questi casi si deve consigliare ai pazienti di astenersi dal sostare su strutture non protette e dallo svolgere attività rischiose per la propria e l’altrui incolumità. La post-minzionale è la più frequente delle sincopi situazionali, comprendenti anche quella da tosse, deglutizione, defecazione. E’ definita come perdita di coscienza ad insorgenza durante o immediatamente dopo la minzione, spesso notturna. Può essere consigliata, soprattutto in casi di recidiva, la minzione da seduto.