Il 2023 è l’anno del ventennale della mostra Il quarto sesso. Il territorio estremo dell’adolescenza, promossa da Fondazione Pitti Immagine Discovery, presso la Stazione Leopolda di Firenze, tra gennaio e febbraio del 2003, e curata da Francesco Bonami e Raf Simons.

In questo itinerario si tracciava l’anatomia sociale “dell’adolescente” con la volontà di esprimere, con una stagione della vita, una tipologia umana altrimenti non calcolata, se non addirittura ineffabile, ma che da sempre rappresenta il sentimento della frontiera.

Il 28 maggio 1987 un certo Mathias Rust, tedesco occidentale di diciannove anni, atterrò come niente fosse a Mosca nella Piazza Rossa a due passi dal Cremlino. La sua impresa mandò in tilt i sistemi di difesa aerea sovietici. Gorbaciov licenziò i vecchi generali increduli che dopo anni di paziente difesa dalla minaccia nucleare si vedevano beffati da un piccolo e innocuo aereo da turismo Cessna. Il giovane Rust passò quattro anni in un campo di lavoro sovietico e quando finalmente ritornò a casa fu additato come un imbecille che aveva fatto rischiare al mondo la guerra atomica. I suoi genitori erano infuriati e Mathias dovette passare molti mesi solo e isolato.

(Francesco Bonami, Il Quarto Sesso, Edizioni Charta, 2003)

Episodi come questo raccontano il territorio estremo del pioniere che per definizione giunge all’approdo con l’inedito e nel processarsi in questa sua azione sovverte gli schemi e rovescia i potentati dei costrutti culturali e sociali dell’umano percorso. L’adolescente è di fatto il pioniere delle stagioni dell’umana esistenza: giovane acerbo per il mondo degli adulti e maturo per l’infanzia, abita quel noto di cui si vive per il notabile che lo indentifica, con una misura molto stretta ed in tale logica si costruisce un fuori schema che più gli appartiene e interessa oltre al noto che è l’ovvio il cui antidoto va ricercato nella sua deflagrazione adolescenziale.

Nessuno sfugge all’adolescenza, neanche le società e le nazioni. Si potrebbe dire che il mondo contemporaneo ha avuto la sua adolescenza agli inizi degli anni Sessanta, quattordici anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Non c’è stato paese o continente che non abbia visto la propria gioventù rivoltarsi contro l’autorità stabilita.

(Francesco Bonami, Il Quarto Sesso, Edizioni Charta, 2003)

L’adolescenza è di fatto la dinamica parafrasi della regola che si fa nuova per restare sempre fedele alla norma di cui possiede il DNA.

La tensione fra desiderio, visione e distruzione fa parte di questo momento inevitabile e irrinunciabile di ogni vita umana che va sotto il nome di adolescenza, un momento biologico dell’identità ma non solo. Infatti, il gesto e l’impulso adolescenziale non si trovano solo in una fascia generazionale precisa ma anche in tutte quelle manifestazioni creative, scientifiche e politiche dove il linguaggio prestabilito e le sue regole vengono sovvertite, rivoluzionate, annullate. Personaggi come Gandhi, don Milani, Mandela o Muhammad Alì, pur nella maturità dei loro pensieri e della loro vita possono essere definiti come degli adolescenti del momento storico in cui si trovavano a reagire.

(Francesco Bonami, Il Quarto Sesso, Edizioni Charta, 2003)

L’allargamento della tematica sovversiva della genetica adolescenziale giunge ai massimi sistemi del coesistere sociale e non interessa solo chi adolescente lo è in termini anagrafici, ma anche l’agire dell’adulto stimolato dal suo stato di coscienza. La fisionomia del ragazzo si manifesta nella psiche di chi non lo è più e sorprende perché celata dall’immagine contraffatta dal tempo e dall’evaporazione idrica che investe le membra umane e che è impronta del tempo medesimo che si qualifica più che quantifica nei segni fisici. Le azioni inattese di verbo inedito o contrario al precostituito risultano fuori sincrono rispetto all’anatomia sociale ma connaturate ai bisogni reconditi. Tali passaggi avvengono attraverso la punizione e l’isolamento imposti dalla visione imperante.

L’espressione giovanile non ha esperienza ma mimica: vergine di un rapporto con la pratica e la misura con il compromesso, che deriva dall’esperienza, si produce nella rinnovata calendarizzazione dei più significativi e rivoluzionari avvenimenti della storia generale dell’uomo producendosi in quel “territorio estremo” di un’età sociale degli accadimenti che non ha nulla di connesso al calendario ma all’acquisizione di nuove frontiere comportamentali, e autenticamente politiche, tangenti quanto trasversali al mondo adulto, o da esso partorite in modalità estrema quanto può esserlo l’agire al “Tempo delle mele”.

Le società adulte vedono l’adolescente come un individuo transitorio, pericoloso a volte, infelice quasi sempre. Tuttavia, le società e le loro economie vedono nell’adolescenza una miniera di possibili consumi e un laboratorio per consumatori futuri. Disprezzati come soggetti civili gli adolescenti sono inseguiti come soggetti economici.

(Francesco Bonami, Il Quarto Sesso, Edizioni Charta, 2003)

La vulnerabilità dell’impulso adolescenziale si asseconda al fine economico perché percepita come volubilità e non la si considera come embrionale della maggiore età e come autentico stato mentale riflettente e giudicante con dei propri bisogni che chimicamente e chirurgicamente agiscono.

L’adolescenza come momento di trasformazione si è fatta anche simbolo di un’identità sessuale misteriosa, per questo pensando a una mostra e a un libro sull’adolescenza mi è venuta in mente la definizione di quarto sesso. Se vogliamo considerare mascolinità, femminilità e omosessualità come tre categorie, tre sessi mentalmente differenti, allora l’adolescenza può diventare il quarto di questi stati mentali. Uno stato mentale e sessuale tutto particolare perché costretto dentro un tempo limitato, dentro una sconvolgente metamorfosi che spingerà poi l’individuo dentro uno dei sessi ufficiali o magari dentro tutti e tre mantenendo quindi una tensione perennemente adolescenziale, contraria, irriverente, e innovativa.

(Francesco Bonami, Il Quarto Sesso, Edizioni Charta, 2003)

Nel nostro tempo, che è di vent’anni più avanti a queste riflessioni, si incontra il primato, ineguagliato, di quanto Bonami e Simons hanno tracciato, alla Leopolda, nel 2003.

Poco, o nulla, di quanto esperiamo ha la coscienza della lungimiranza di queste riflessioni.

Nel territorio del sociale interconnesso alla digitalizzazione, come regione di un territorio eterico del fisico, siamo provinciali del sentimento dello spirito. Periferici ai valori autentici di un’adolescenza conoscitiva delle pulsioni erotiche, penetrative, della sete di esistere oltre il ruolo. Il mondo abdica al corpo mentre digita e il digitare è motorietà senza sudore, ma l’adolescente è anche dal suo odore che traccia la sua identità sudata di brividi e salite.

Sociale è colui che si riconosce politico nel suo respirare e giusto per questo si spreme di quell’acqua che chiamiamo sudore.

La sessualità emulativa di oggi deve tornare ad essere sessualità. Il silenzio che ne segue è il simbolo del punto che determina la fine di un concetto la sua compiutezza magmatica. Sessualità e nient’altro come qualità espressiva del silenzio del fare per poi conoscere o del comprendere di termica e contatto, non di area, ma nell’aria.

Pasolini così si esprimeva, nei confronti di una gioventù camuffata, intorpidita, in un’intervista rilasciata a Massimo Conti, e pubblicata su Panorama l’8 marzo del 1973… trent’anni prima del “Quarto sesso” alla Leopolda di Firenze:

M.C. Pasolini lei perché ce l’ha tanto con i capelloni?
P.P.P. Quello dei capelloni è oggi un fenomeno che mi addolora e mi offende.
M.C. Perché?
P.P.P. Nella vita che viviamo ogni giorno sono poche le cose belle. Il lavoro difficilmente è bello. L’universo cittadino è insopportabile. La nostra esistenza è fatta di tante piccole cose mediocri o dolorose. Che cosa resterebbe di bello intorno a noi (oltre la natura e l’arte)? La gioventù.
Ebbene questa gioventù ci appare oggi mascherata, mortificata, invecchiata. Pochi giorni fa ero a Palermo alla ricerca di personaggi per un mio film, ed ecco che si è presentato in albergo un gruppo di barbe in fondo alle quali brillavano degli occhi. Occhi anche simpatici, non dico di no, ma io in realtà non sapevo bene con chi stavo parlando, non capivo: avevo davanti a me un muro di barbe e di basette. Non vedevo più i lineamenti dolcemente umani della gioventù, le gote illuminate da quella forza misteriosa che si possiede soltanto per pochi anni nella vita. Il modo in cui si vestono i giovani è già di per se stesso sgradevole. Ma è appena un elemento accessorio del bisogno di mortificazione e di mistificazione del proprio aspetto. Il linguaggio principe, non verbale, con cui i giovani si esprimono, sono i capelli.
M.C. Ciò implica necessariamente la decadenza della comunicazione verbale. La parola è in crisi?
P.P.P. Sì che è in crisi la parola. Nel senso che oggi gli uomini tendono a sacrificare totalmente l’espressività alla comunicatività.
M.C. Che cosa intende di preciso?
P.P.P. Come lei sa, ogni lingua è composta di varie lingue specialistiche, particolari o gergali. Fino a qualche anno fa alla guida dell’italiano c’era la lingua letteraria, cioè una lingua tipica della sovrastruttura. Oggi si assiste a un fenomeno nuovo e madornale: alla guida dell’italiano non c’è più una lingua della sovrastruttura ma una lingua dell’infrastruttura. Cioè la lingua delle aziende, del mercato. Quest’ultima è una lingua comunicativa, e semplicemente comunicativa. … Se dunque la lingua-pilota è questa, tutto lo spirito dell’italiano tenderà a perdere particolarismi ed espressività per acquistare in comunicatività pura. Si tratta certo di un impoverimento, di una “perdita di umanità”. Quanto ai giovani essi stanno perfettamente adottando questo modo di parlare omologato e tutto uguale: anche coloro che si battono contro la società che lo esprime.

L’esperienza de Il Quarto Sesso vale ancor di più oggi per la capacità definitoria che possiede di evocare scenari ancora paradossalmente occultati alla coscienza contemporanea. La costruzione di un alfabeto di contenuti che posseggono un oltre alla geometria del bisogno schematico di catalogazione insito nel gerarchico sistema umano ci viene suggerito dalle pagine di questa straordinaria esperienza espositiva che disarma per verità ed intuizione. Bonami e Simons entrano in punta di piedi nel terzo millennio per raccontare di un territorio combattuto in sembianza di battaglia ma travagliato quanto una guerra. Non danno soluzioni ma tracciano una lirica delle incomprensioni e delle contraddizioni che diviene epifanica di una espressione puramente lirica legata alle logiche dell’attrazione tra umane sembianze di quello che è “uno stato mentale oltre che fisico”. Il complesso elaborato che ne deriva è l’antidoto allo schema coercitivo del prodotto, da cui siamo battezzati, per entrare nell’essere magmatico dello spirituale.

Le stagioni della vita sono caratterizzate dalla capacità descrittiva e definitoria che deriva dalla lingua: dal senso delle parole, si giunge al contenuto che gli attribuiamo e dunque al senso dei pensieri che ci qualificano, in una gerarchia impazzita per i numeri che non raccontano una storia ma raggiungono narciso sul terreno del sociale quantitativo di conoscenza e visibilità raggiunta. Defraudato dell’umano e legato all’algoritmo dei numeri l’uomo rincorre un’identità indefinita dalla sua coscienza ma definibile in una posizione numerica che è il quarto stadio legato all’immaginazione del “tutto possibile adolescenziale”.

“Quarto” è ancora oggi il passaggio da intercettare e l’addizionale al possibile della forma fuori dalle logiche del consumo.