A gennaio 2022, la precedente edizione di Pitti Uomo aveva parlato di ripartenza. Per l’edizione di giugno, tenutasi alla Fortezza da Basso dal 14 al 17, un’edizione straordinaria con 16.000 visitatori, c’era un’atmosfera gioiosa scaturita dalla continuità dell’incontro in presenza e, in parte, dalla fierezza di mostrare l’interpretazione che i vari marchi hanno dato in tempi brevi al miglioramento della sostenibilità, e, in alcuni casi del riciclaggio. Quest’ultima metodica, in particolare, ha assunto significati diversi per i differenti produttori. Sono circa un centinaio i nomi nuovi, prevalentemente marchi di ricerca che vogliono farsi conoscere attraverso una piattaforma internazionale come Pitti.

Oggi gli stilisti sono messi a dura prova dalle nuove filosofie del vivere, che scaturite dalla presa di coscienza dei giovani su ciò che fa (faceva?) la moda nel campo dello spreco, dell’inquinamento, dell’aumento di rifiuti. Prima dell’acquisto di un capo, soprattutto le ultime generazioni si informano sulle negatività del modo di produrre il vestiario. E perciò spesso sono più attenti alla filiera produttiva che allo stile del capo in vendita.

Le tendenze illustrate in Fiera rimangono quelle delle precedenti edizioni, Fantastic Classic, Futuro maschile, Dynamic Attitude e Superstyling. In più, già inaugurato nell’edizione 101, c’è Sustainable Style, dedicato alla moda sostenibile, che vuole comunicare in maniera positiva e non coercitiva, mettendo in piedi un dialogo contemporaneo con il pubblico grazie all’uso dei social e della tecnologia.

. Predomina, in tutte le tendenze, un’estetica sobria e minimalista. Si accentua, per la Primavera-Estate 2023, la fluidità degli abiti maschili, che appaiono destrutturati e sopradimensionati. Ma non sempre, dato che oggi il mondo maschile è attratto da contrasti, da una parte la tecnologia estrema che produce abiti sobri, trasformabili e funzionali, e dall’altra il richiamo della natura, da cui scaturiscono fantasie floreali unisex, che mischiano gli anni ‘70 e ‘90. Una sequenza di abiti eccentrici l’abbiamo vista a L’Arsenale. Erano il risultato di studi degli studenti del Polimoda. Quindi non si possono considerare facenti parte delle tendenze della futura stagione. Avranno un utilizzo nell’ispirare i designers. Averli realizzati fa parte del percorso di studio, ma per ora rimangono opere uniche.

Abbiamo cercato di chiarire in quali modi vari marchi raggiungono la sostenibilità perché l’interesse per abbassare l’impatto sull’ambiente da parte dei produttori di moda è in molti casi di nuova sperimentazione e parole come sostenibilità hanno definizioni molto vaghe.

Cominciamo dalla spagnola Ecoalf, che, nel presentare l’ultima collezione, fa la sua storia pionieristica di riciclaggio con l’aiuto di pannelli nel suo stand in Fortezza. Il progetto ha avuto origine nel 2009 da Javier Goyenche, in occasione della nascita di due figli. Voleva smettere di usare le risorse in modo noncurante delle future generazioni. Produce riciclati con la stessa qualità e design dei migliori prodotti non riciclati presenti sul mercato. Negli ultimi 10 anni, Ecoalf è diventato sinonimo della sua affermazione “perchè non c’è il pianeta B®” e ha sviluppato oltre 450 tessuti riciclati ottenuti da oltre 250 milioni di bottiglie di plastica, 80 tonnellate di reti da pesca scartate, pneumatici usati, migliaia di tonnellate di cotone e lana industriali... Nell'ultima collezione, fatta di cotone riciclato al 100%, il risparmio di litri d’acqua ha superato 63 milioni. Integrando la tecnologia più avanzata con una filosofia di zero sprechi, ha ottenuto dei capi che saranno riciclabili interamente per future collezioni.

Questo auspicabile risultato si può ottenere soltanto quando il filo di cotone è puro. Cosa che rappresenta oggi una minima parte della produzione, che si è via via arricchita di altre fibre, per rispondere alle richieste di mercato.

Ha un senso quindi chiedere ad altri marchi quanta parte della loro produzione è realizzata con filati puri.

Il nuovo progetto SS2023 per Robe di Kappa, di Basicnet , ispirato agli anni ‘90 e rivolto ad una fascia alta di clientela, utilizza cotone puro riciclato al 100%. A differenza di quanto si potrebbe pensare, un capo riciclato non è più economico.

Rifò, una piccola impresa di Prato, molto apprezzata anche dal colosso spagnolo, segue varie strategie per recuperare capi jeans da riutilizzare. Ha posto contenitori in alcuni negozi di abbigliamento. Ma è possibile spedire il capo, ottenendo un voucher di sconto sugli acquisti on line.

Di puro cotone è la metà dei caps prodotti con accuratezza sartoriale da Varsity di Oslo. L’altra metà è fatta con una fibra estratta riciclando resti di attrezzatura marina.

Il 45% della collezione uomo del maglificio genovese Avant Toi è realizzato con materiali puri. Certo qui il riciclaggio è frenato dalle belle colorazioni del marchio, che rivisita lo stile Seventies a suon di motivi etno-chic, disegni optical, gradazioni di colore su lino, seta, cachemire e altri filati nobili. Una soluzione allo spreco di materia prima? Tornare alla antica tradizione non consumistica di acquistare un capo prezioso e farlo durare a lungo.

Altre modalità di lotta allo spreco sono realizzate usando come materia prima dei materiali di scarto. Un esempio viene dalla provincia di Udine, da un gruppo di “sognatori, artigiani e artisti del Made in Italy”. RE49 produce scarpe sostenibili da vele, sdraio, jeans, lettini da spiaggia e pneumatici. Un esempio di collezioni in economia circolare in edizione limitata, tracciabili con Blockchain e certificate vegan da PETA.

Altro esempio, di dimensioni ancora più ridotte, è Culo (e) Camicia, un titolo che fa capire chiaramente la trasformazione di camicie di scarto (si sa che si consumano soprattutto al collo e ai polsi) in boxer. Più difficile tradurre il significato colloquiale del marchio agli stranieri. Aiuta il fatto che solo uno dei soci fondatori è italiano.

Maxime fa parte dei dieci selezionati che compongono il gruppo Sustainable Style. “Chez Maxime” si nota anche l’attenzione rivolta alla sostenibilità in etichette ed imballaggio.

Un altro dei dieci è emblema di una storia di grande validità sociale. Si chiama Dhruv Kapoor e produce sartorial-sporty artigianale. Si impegna per la circolarità con il 40% della collezione creata da tessuti scartati dai produttori nazionali. Lavora con la Fondazione Hothur nella creazione di opportunità di lavoro per i sopravvissuti agli attacchi con l'acido e di progetti di collaborazione in una rete di villaggi in tutta l'India per elevare e preservare artigiani qualificati del lavoro manuale.

In uno stand all’Attico (Futuro Maschile) si trovano le scarpe del progetto DOTZ, un modello di business sostenibile che si basa su di una mano d’opera in parte di aree sottosviluppate del Brasile, si basa sul riciclo sia per le scarpe sia per gli imballaggi. Molto curato il design. Sulla parte anteriore dei mocassini è applicato un bottone che permette di aggiungere alle scarpe accessori diversi che cambiano l’aspetto dello stesso paio. Un altro esempio che la sostenibilità non comporta che ciò che viene prodotto sia meno bello dei capi tradizionali.

Uno dei progetti speciali di questo Pitti Uomo è dedicato ad una selezione di fashion designer e brand ucraini invitati a Firenze per presentare le loro collezioni.

Dopo tre anni, è tornato Jonny Lambs, il marchio ironico e raffinato che, acquistato da un nuovo entusiasta proprietario, conserva molte caratteristiche originali e propone capi frutto di grande studio che rinnova senza tradire la tradizione del marchio.

Grace Wales Bonner è la guest designer di Pitti Uomo 102, mentre Ann Demeulemeester è la guest of honour. Quest’ultima ha scelto, invece di fare sfilare i suoi modelli, di mostrare una lunga fila di manichini immobili dentro la Stazione Leopolda. Nero colore dominante. Qualche accenno di bianco e, soprattutto, un trionfo di fantasia nei modelli e di trovate originali nel modo di vestire i manichini. Nessuna paura di essere copiata, vista l’immobilità degli abiti esposti. Questo succede agli stilisti che, come lei, sono stati e sono un vulcano di idee nuove.