Laureata in Psicologia con specializzazione forense, sceglie come argomento di tesi la psicologia applicata alla mafia dei colletti bianchi. Consegue un master di Criminologia in Inghilterra.

Nel suo percorso lavorativo si occupa di fornire supporto psicologico ai piloti di Moto GP del Team Pirelli. A livello di libera professione è consultata come CTU e fa perizie per conto di studi legali.

Da oltre 10 anni è Presidente dell’associazione “Il Coraggio”, associazione di interesse socio-culturale che si occupa del sostegno ai più deboli e di combattere ogni forma di violenza. Segue il percorso di detenuti, in particolar modo, minorenni, durante la reclusione nel post-carcere, oltre ad aiutare psicologicamente le loro famiglie. Dà supporto psicologico alle donne vittime di violenza e agli orfani di femminicidio che definisce “orfani speciali”.

Da dove germina la passione per la psicologia forense? In pratica di cosa si occupa?

Sono sempre stata attirata dal mondo carcerario, poiché penso che vadano rispettati i diritti dell'uomo e che a tutti venga data una seconda possibilità. Mi occupo di aiutare psicologicamente sia la persona priva di libertà che la sua famiglia.

La specializzazione in Criminologia sembra essere un passo ancora più dentro i drammi sociali del vivere.

Ritengo che la specializzazione in Criminologia, sia un passo importante per completare il cerchio della psicologia forense. È verissimo che si entra ancora di più nei drammi sociali, e credo che gli esordi sulle scene del crimine siano forti e indimenticabili sul lato personale per chiunque, il mio primo caso rimane indelebile. È una storia quella di Alessandro (nome di fantasia) che non dimenticherò mai; i suoi genitori perirono in un incidente automobilistico e lui andò a vivere con la nonna, una signora dolcissima. Una mattina la nonna chiamò i carabinieri perché Alessandro era scomparso, l’ultima cosa che sapeva era che per andare all’università avrebbe preso la bicicletta. Scesero in cantina e trovarono il corpo oramai esamine, mi chiamarono e andai con il mio superiore a vedere ed analizzare la scena del crimine. Vedermi un ragazzo di pochi anni meno di me appeso con un cappio oramai senza vita, ma che presentava segni che portavano ad una scena diversa mi sconvolse tantissimo, tanto che dovetti andare in bagno a vomitare. Dagli accertamenti si scoprì che il corpo era messo in quella posizione da morto, e il colpevole era il suo ragazzo. Ecco non lo dimenticherò mai.

Davvero esperienza agghiacciante, da brivido e con un violento riverbero personale. Per alleggerirci l’anima parliamo dell’esperienza di supporto ai piloti di MotoGP. Che tipo di persone ha incontrato? sono sovrapponibili all’immagine che in genere ci si fa di un pilota di moto o ha scoperto personalità impreviste?

La mia esperienza nel mondo del Moto GP è una di quelle che mi porterò per tutta la vita e di cui ho dei cari ricordi. I piloti sono persone normali, che conoscono il rischio che corrono ogni volta che sono in pista. Io ho avuto la fortuna di essere nel team che aveva i più grandi piloti, perciò ho lavorato con Agostini, Lucchinelli, Cadalora, Gresini, ecc. e ancora oggi sono in contatto con loro. Ecco, si è creata una grande famiglia. L’unica cosa che posso dire è l’umanità che hanno questi ragazzi, non si tirano mai indietro se qualcuno ha bisogno.

Fare CTU: può spiegare cosa significa e cosa comporta come impegno lavorativo?

CTU significa Consulente Tecnico di Ufficio. Nello specifico lo psicologo è chiamato a fornire al giudice valutazione tecnico psicologiche rispetto ad una situazione nella quale sia importante comprendere la personalità delle persone, le relazioni interpersonali oppure la qualità di competenze specifiche come per esempio le capacità genitoriali di una coppia di coniugi. Per prima cosa si fa un giuramento in tribunale che sancisce l'accettazione dell'incarico, dopodiché colloqui, somministrazione di test psicologici, visite domiciliari e momenti di osservazione strutturata delle relazioni tra membri di una stessa famiglia o di una coppia. Al termine di tutto questo percorso il perito convoca il periziando e fornisce una restituzione ovvero spiega quali sono i risultati delle sue osservazioni e cosa scriverà al giudice in risposta al quesito. Oltre al CTU può esserci la figura del CTP ovvero Consulente Tecnico di Parte che è colui che tutela l'interesse della parte che l'ha nominato e che altrimenti dovrebbe affidarsi solo ed esclusivamente al giudice per difendere i propri diritti. In parole povere i tecnici che periziano, CTU e CTP rappresentano due strumenti tra i tanti a disposizione dei cittadini che intendono far valere i propri diritti di fronte ad un giudice.

Può raccontare dell’associazione “Il Coraggio”? Lei ne è presidente, può esemplificare in cosa consiste il suo obiettivo e come praticamente viene realizzato?

L’associazione “Il Coraggio” nasce dieci anni fa su una promessa che feci ad una ragazzina che si uccise perché veniva abusata da un familiare. Mi chiese di aiutare tutte le persone che subivano violenze e così abbiamo creato l’associazione. Ora siamo internazionali e possiamo contare sull’aiuto di diversi legali e medici che ci supportano nelle richieste di aiuto che riceviamo, non solo donne, ma anche detenuti e loro famiglie, gay, lesbiche e tutti coloro che subiscono discriminazioni.

Si occupa anche dei detenuti minorenni e delle loro famiglie. Sono situazione di grave impatto emotivo e sociale. Immagino una grande risonanza interna.

Assolutamente sì. Quando si ha a che fare con gli ospiti di un carcere minorile, le emozioni si amplificano e la rabbia aumenta. La maggior parte delle situazioni è dovuta a un contesto familiare inesistente e perciò il punto principale su cui devi lavorare è quello di far comprendere che la vita è fatta di regole e le regole vanno assolutamente rispettate.

Si occupa anche di donne vittime di violenza, non è facile per le donne ammettere e denunciare situazioni di abuso.

Assolutamente vero soprattutto quando il maltrattante, è un familiare. Tantissime donne hanno vergogna a denunciare le violenze pensando di essere loro la parte sbagliata. Inoltre, vi è anche una legislazione spesso latente. Vi sono donne che hanno presentato diverse denunce contro i propri compagni per violenza, riuscendo ad ottenere semplicemente una proibizione di avvicinamento; ecco, tante di loro fanno parte della lunga lista delle donne morte per femminicidio.

Si prende cura degli “orfani speciali”. Ce ne può parlare?

Non è semplice parlare degli orfani speciali anche perché spesso sono figure invisibili in un femminicidio, ma sono quelli che pagano il prezzo più alto. Una madre deceduta per mano dell'uomo che l'aveva amata e con cui aveva fatto i figli. Sono rari i casi dove un orfano speciale, riesce al riallacciare un rapporto con il proprio padre. Anzi, direi che si possono contare sulle punte delle dita quei ragazzi che hanno riallacciato un rapporto con il padre. Una cosa positiva è però che questo dolore li ha fatti crescere fortemente.

La sua vita sembra ruotare in un vortice di dolori che toccano il profondo dell’anima e che riverberano nel sociale. Come riesce a metabolizzare tutta questa sofferenza?

Agli inizi della mia carriera lavorativa era difficilissimo metabolizzare tutte queste sofferenze, con gli anni e con l'esperienza ho imparato a vedere il bicchiere mezzo pieno, ho imparato a conoscere realmente e profondamente il dolore. Ora riesco a guardare negli occhi il dolore, a sfidarlo e soprattutto a combatterlo. L’unica pecca che è rimasta è quella di non riuscire a non fare mio il dolore degli altri. E soprattutto quello ancora oggi di commettere errori.

Quanto un sociale coeso può sanare o, per lo meno, alleviare tanti misfatti che testimoniano la difficoltà di creare e stare dentro un legame?

Nella domanda è insita la risposta. Mutuabilità. Mutuabilità forte in una società coesa, rispettosa, amica, dove l’aiuto e la reciprocità diventano elementi fondanti della comunità.

Cosa ha imparato dalle persone di cui si è presa cura?

Innanzitutto, la lealtà, la fiducia, non avere pregiudizi alcuni. Faccio un esempio: quando un detenuto mi chiede aiuto, la prima cosa che faccio è quella di ascoltare, non voglio assolutamente la cartella dove vi sono scritti i testi per cui è condannato, voglio solo parlare con lui. Ecco questo mi dà la possibilità di analizzare l’uomo ed eventualmente evitare pregiudizi o condizionamenti.

Come trova sollievo dopo tanti contatti che espongono alla difficoltà di tollerare i limiti della realtà?

Ricordando sempre che esiste l'uomo e il reato. In parole povere chiunque potrebbe commettere il reato e questo spetta ai tribunali dare la giusta condanna. Per me deve esistere solo l'uomo con le sue fragilità, con i suoi errori, con le sue a volte mostruosità ma che devo assolutamente cercare di far risalire dall'abisso in cui si trova. Il mio sollievo è quando uno di loro ce la fa.

Quanta fatica essere umani… Non ho paura di urlare, L’altra me, la mia rinascita, Un paese, una storia, una vita, sono tre suoi libri dai titoli tremendamente evocativi. Ce ne può parlare?

Chi si occupa di violenze, anche se cerca di mettere un cancello, ha sempre presente ogni singola persona che ha difeso, aiutato, ascoltato, ecc.: ecco, in questi libri c’è tutto questo. In Non ho paura di urlare la vicenda di questa ragazza della Milano Bene, che incontra un uomo bellissimo ma che poi scoprirà essere un pezzo grosso in una delle bande della malavita milanese, le botte prese, i soprusi e finalmente l’urlo del “basta”. È un messaggio per tutte le donne che subiscono violenza. Nel secondo, L’altra me, la mia rinascita, c’è la rivincita di una donna e il suo approccio nel mondo della medicina. L’ultimo è un racconto ambientato in una Sesto degli anni ‘80 dove l’eroina la faceva da padrone e dove iniziavano a vedersi le grandi discriminazioni, per colore di pelle, religione, ecc.

E per il futuro, cosa mette in cantiere?

A volte mi sembra di avere il cervello che crea in continuazione, diciamo che nel prossimo futuro ci saranno progetti per i detenuti, vorrei realizzare il carcere in piazza per avvicinare il mondo esterno a quello interno, vorrei costruire una casa-famiglia particolare (non posso dire altro) insomma le idee sono tante.

Milano in che modo supporta questa estrema sofferenza del vivere?

Milano, che se ne dica, è una città che non discrimina, è una città dove anche chi ha sbagliato non viene giudicato, perché tutti purtroppo possiamo sbagliare e trovarci a vivere situazioni pesanti. Ecco Milano accoglie tutti e come una mamma li protegge.

C’è un qualche angolo di Milano che è diventato il suo spazio di conforto?

Da milanese doc gli angoli di Milano che amo sono tantissimi, ma se voglio ricaricarmi le energie, e per magia tornare all’inizio del mio percorso universitario, vado in Brera, cammino tra le sue viuzze, e ricordo… Ecco questo mi ricarica.