Appassionato di musica fin da piccolo (lezioni private di pianoforte fino a una repentina interruzione per motivi di salute), ho coltivato e tuttora coltivo, seppure molto dilettantisticamente, questa passione, stando come si dice alla finestra. Ho per esempio seguito le recenti inaugurazioni della Scala e del Costanzi (posso dire che mi piaceva di più la definizione di “teatro dell’opera”?), che mi hanno portato alla memoria sia la non dimenticata interruzione della Norma all’inaugurazione della stagione operistica romana del 1958, sia una altrettanto indimenticata recita di Pagliacci, protagonista Mario Del Monaco. Che conobbi personalmente proprio in quell’occasione.

La “chiave” per conoscere il grande tenore mi fu offerta dalla mia incipiente familiarità con un suo amico napoletano, Luigi Giunto, che sarebbe poi diventato (le premesse già c’erano, ça va sans dire… ) mio parente. Chiusa la prima edizione del giornale in cui lavoravo e affidata ad altri la prosecuzione della lavorazione (all’epoca, fine anni Cinquanta, teletrasmissione e sistemi informatici dei e nei quotidiani erano ancora di là da venire), andai con il mio futuro cognato nel piazzale del teatro dell’Opera ad attendere l’uscita degli artisti. La motivazione ufficiale era il saluto all’amico tenore per interposta persona, noi nipoti appunto, non essendo possibile un saluto diretto in quanto per quella stagione non erano in programma recite al San Carlo. E che Mario Del Monaco e zio Gigino fossero buoni amici lo capii dall’affettuosa e non formale cordialità con la quale la signora Rina, moglie del cantante (ed ex cantante ella stessa) ci accolse dedicandoci attenzioni tutto sommato, almeno a me, non dovute. E ringraziò ancora della bella accoglienza che la famiglia dei miei futuri suoceri aveva riservato a Mario Del Monaco quando questi aveva accettato di salire a prendere un caffè dopo una trionfale recita al San Carlo.

Del Monaco, reduce da una lunga tournée negli Stati Uniti, aveva voluto riservare la prima recita del rientro proprio a Napoli come omaggio alla città che aveva segnato il primo avvio della sua carriera. E che di lì a poco avrebbe assistito a una ripresa giustamente considerata storica di una Carmen spettacolare con Del Monaco nel ruolo di Don José. La signora Rina fece naturalmente da trait-d’union con il grande artista quando questi, esauriti i compiti istituzionali e formali - applausi, uscite di scena, convenevoli con gli altri cantanti, strucco e quant’altro fa teatro d’opera - uscì dal teatro per andarsene a casa (se non ricordo male, a Roma i Del Monaco abitavano in una villa prospiciente il laghetto dell’Eur). Si fermò a conversare brevemente con noi, ringraziò dei saluti che contraccambiò, e ci dette appuntamento per una recita successiva. Cui non potei presenziare per motivi lavorativi: timidezza o che altro mi impedirono di anticipare il mio non possumus?

Fu tuttavia proprio in quell’occasione che giudicai il mondo della lirica al massimo della popolarità e del seguito che vicende e cantanti, cantanti e vicende, avevano su un pubblico ancora non del tutto smaliziato dalle “attenzioni” dei media e che soprattutto aveva quegli artisti come parametri di spettacolarità e popolarità (era il pubblico, ricordiamo, che andava alle “prime” in pelliccia, o guardava quelle pellicce dalle transenne, uova di Capanna permettendo). Eravamo forse agli ultimi sussulti di un certo tipo di spettacolarità, che sarebbe tornata in auge proprio abbastanza di recente, ancorché in modi e termini diversi, come hanno attestato le cronache delle inaugurazioni di Scala e Costanzi cui abbiamo dato noi stessi notizia.

Qualche anno prima dell’episodio da me raccontato, vale a dire all’inizio dei Cinquanta, Del Monaco «aveva affrontato, non senza esitazione - attestano i suoi biografi - conoscendo le impervie difficoltà della partitura verdiana, lo studio di Otello». L'occasione di debuttare nel ruolo che avrebbe poi consacrato la sua fama nel mondo (interpreterà il Moro scespirian-verdiano ben quattrocentoventisette volte, raggiungendo un primato forse ineguagliato nella storia del teatro musicale), si presentò allorché gli pervenne una richiesta dal teatro Colón di Buenos Aires, dove poi esordì, nel luglio di quel 1950. Ma questa, come si è soliti dire, è un’altra storia…