Vidi il toro che entrava nell'arena a testa alta, sembrava volesse fiutare l'aria o forse semplicemente le luci sospese in alto avevano attirato la sua attenzione; rimase immobile alcuni secondi una volta giunto al centro dell'arena, il corno destro era più aguzzo e leggermente ricurvo verso il basso.

Era la prima corrida notturna a cui prendevo parte e la polvere sollevata dal toro nel suo pesante scalpitio mi disturbava, era troppo visibile sotto i potenti riflettori e provavo la sensazione di non poter respirare con tutte quelle particelle sospese nell'aria, provai un certo disagio.

Il toro sbuffò e partì a testa bassa, lo evitai appena in tempo, o era un toro micidiale o io non ero nella giornata giusta per matare.

Probabilmente la folla interpretò erroneamente la mia mossa perché lanciò un boato immenso; in realtà non era per bravura o temerarietà che mi ero lasciato avvicinare così alla prima carica ma per una semplice svista, o lentezza di riflessi.

Il toro caricava ancora, la testa bassa si avvicinava sempre più e le corna mi parvero grandi a dismisura quando fu a un paio di metri da me.

Ancora una volta mi mossi con difficoltà, stentavo a trovare il ritmo giusto, ma per la folla ero il più abile dei matadores.

Al terzo passaggio del toro mi parve di notare uno strano cigolio, pensai si trattasse di una poltroncina non oliata nella tribuna d'onore e mi preparai per il passaggio successivo. Mi mantenni ad una certa distanza, in sicurezza, e feci una mezza veronica toccando terra col ginocchio sinistro, la coda del toro mi spazzolò il mento e la folla rise.

Decisamente non era la mia giornata.

Mi rialzai e guadagnai il centro dell'arena con cinque o sei passi piccoli ma veloci, il toro mi roteò attorno ripetutamente compiendo degli scarti improvvisi puntandosi sulle zampe forti e rigide e inventando dei repentini dietro front.

Me la cavai abbastanza bene lì al centro dell'arena ma quel toro era una bestiaccia infernale, una vera macchina creata per uccidere.

Feci un gesto ad Arguegno, il mio secondo, che intervenne e fece sprecare un po’ di fiato a quel demonio. Rientrai in scena dopo qualche minuto, cominciavo a sentire il bisogno di lottare con quella bestia, avevo accettato la sfida.

Mi mossi a passi lenti e sicuri e agitando la muleta con gesti ampi attirai l'attenzione del nemico. Caricò con impeto, sembrava quasi che la sua forza montasse col passare del tempo, ne fui impressionato.

Di nuovo udii quel cigolio, non era una delle poltroncine della tribuna d'onore, lo sentivo più vicino, a pochi metri da me. Mi concentrai in attesa di udire nuovamente quel suono, dovevo scoprire cos'era per poterlo poi dimenticare e continuare la lotta senza interferenze. Stranamente quel cigolio si faceva sentire solo a volte, io lo attendevo e lui arrivava sì, ma imprevedibile.

Stava snervandomi di più l'attesa di quel maledetto suono che il combattimento vero e proprio col toro che ora era quasi passato in secondo piano.

Avevo accumulato un carico di tensione enorme e questo la folla doveva sentirlo perché non urlava più come prima, non sottolineava più i miei gesti con dei boati improvvisi ma con dei mormorii cupi, una specie di lamento ondeggiante pesantemente sull'arena.

All'improvviso ecco di nuovo quel cigolio, ne fui certo, proveniva dal toro. Quella specie di montagna nera e sbuffante mi attaccava su due fronti: non sono era il mio nemico ma era anche la fonte di quel suono.

Qualche meccanismo in lui non era stato oliato a dovere o qualche ingranaggio cominciava a fare i capricci. Da quando la legge contro l'uccisione di qualsiasi animale per scopi che non fossero alimentari venne approvata dal Parlamento delle Nazioni Unite, con un lasso di dieci anni per l'entrata in vigore, gli studi per la produzione di animali meccanizzati vennero intrapresi da più parti.

La prima grossa multinazionale a produrre per scopi commerciali tori da combattimento fu la General Machinery.

I primi tempi venne da più parti annunciata la morte della corrida ma dopo quattro generazioni di Combat Horn, così si chiamavano quelle bestie meccaniche, nelle arene il pubblico ricominciò ad essere folto ed ora, alla nona generazione di Combat Horn, si stava pensando di aumentare la capienza degli spalti per poter permettere una maggior affluenza di pubblico.

Già i Combat Horn di settima generazione potevano essere paragonati sotto tutti i punti di vista ai vecchi tori in carne ed ossa.

Con l'ottava generazione vennero messe a punto delle bestie più resistenti ma soprattutto più imprevedibili: proprio nel momento in cui ti apprestavi a dar loro il colpo di grazia questi tiravano fuori le ultime energie e contrattaccavano caricandoti con furia selvaggia.

Tutto questo contribuiva a rendere lo spettacolo più entusiasmante ed inaspettato, soprattutto considerando che non pochi matadores venivano presi alla sprovvista proprio nel momento in cui stanchi per il combattimento tiravano un sospiro di sollievo con qualche secondo di anticipo, qualche secondo che era costato molte vite.

A me era sempre andata bene ed avevo raggiunto una certa notorietà, per questo sono stato chiamato insieme ad altri sette matadores alla corrida di inaugurazione dei Combat Horn di nona generazione.

Per questo ora sono qui, con questo toro immenso che non mi dà tregua, in attesa del momento in cui lo colpirò fino al Nucleo Sensitivo di Operatività con la mia spada acuminata. Il Nucleo Sensitivo di Operatività: un cervello taurino artificiale, un meccanismo talmente sofisticato e complesso che io non avrei mai potuto comprendere pienamente ma che dovevo in qualche modo sconfiggere, annullare.

Ogni colpo, ogni ferita inferta al toro veniva rilevata da questo nucleo che elaborava la difesa e gli attacchi dell'animale, ma che nello stesso tempo perdeva di forza, perdeva di efficacia con ogni goccia di sangue artificiale lasciata sulla sabbia dell'arena.

Questa belva di nona generazione però sembra non perdere mai forza, sembra anzi più pericoloso col passare del tempo, ma forse sono io che comincio ad essere stanco; chiamo i picadores con un gesto impercettibile, ha bisogno di una mano per sfiancare il nemico. Dietro la transenna, nell'ombra, mi asciugo il sudore e scruto l'animale che continua imperterrito a correre per l'arena seminando lo scompiglio tra i picadores. Ha incornato un cavallo! L'addome è già squarciato ed i visceri si riversano sulla sabbia, visceri finti naturalmente ma identici a quelli veri.

Ora con un poderoso movimento dei muscoli del collo solleva la povera bestia facendole fare un volo di quattro o cinque metri, il picador, zoppicante e macchiato di sangue, si aggrappa alla transenna cercando di superarla con la sola forza delle braccia.

È troppo lento, il toto lo raggiunge e lo incorna contro le assi di legno. La folla emette un gemito che somiglia a un sibilo.

Mi getto nell'arena, siamo in sei ora attorno al toro, devo farla finita, devo stancarlo e poi infilzarlo prima che uccida qualcun'altro. Eccomi di nuovo solo nel centro dell'arena con la terra che trema sotto i miei piedi percossa dalle zampe possenti ma agili di quel diavolo tecnologico.

Mi sento sfiorare dalle sue corna mentre cerco di evitarlo elegantemente, di nuovo il cigolio. Ora lo sento sempre, ogni volta che mi passa accanto. Sembra avere delle corna smisurate, soprattutto il destro sembra una sciabola rivolta al cielo. Mi carica nuovamente, lo attendo immobile fissando con attenzione quelle corna mostruose ondeggianti dinanzi a me.

Le corna! Il corno destro era rivolto in basso all'inizio del combattimento ed ora è alto, altissimo verso il cielo bruciante dei riflettori!

Ecco il rumore, ecco il cigolio! Sono le corna!!

Cambiano di posizione ad ogni carica, aumentano di lunghezza, mezzo centimetro ad ogni carica, o forse meno, ma basta a sorprenderti dopo qualche attacco.

Quei bastardi della General Machinery non si non accontentati di ricreare un toro, hanno voluto fare di più, hanno voluto creare un diavolo a quattro zampe e così ora la carne da macello siamo noi, noi matadores. Si sono invertiti i ruoli, la tendenza è chiara, da cacciatori a prede, ecco cosa stiamo diventando noi matadores.

Devo ucciderlo questo bastardo, devo ucciderlo e poi farla finita con questo lavoro di merda. Farò smettere anche gli altri, lo dirò a tutti, chiarirò una volta per tutte le condizioni in cui siamo costretti a combattere.

Lo ucciderò ora, alla prossima carica. Lo colpirò fino in fondo nel suo nucleo... se l'ha...

La terra trema sotto i miei piedi, le corna, enormi, sembrano venirmi incontro per abbracciarmi, alzo la spada, arriva, è a pochi metri... colpisco!

Le luci. Vedo abbaglianti le luci sopra l'arena, ho la bocca sporca di sabbia, la sento scricchiolare tra i denti. Sono steso! Cristo! Mi ha preso. Perdo sangue dalla pancia e dalla coscia! Mio Dio ho uno squarcio enorme, sto morendo, devo scappare... se riesco a girarmi su un fianco... Noooo!!

Ho la pancia piena di fili, di ingranaggi! Sono un automa... uno stupido automa.

Il mio Nucleo Sensitivo di Operatività sta perdendo energia, non vedo più, sento la terra tremare ancora, il toro sta caricando...