Il battito di un cuore /artificiale o vero / era poesia.

(E. Montale)

Il battito del cuore ha da sempre rappresentato il più nobile segno delle emozioni umane; quello materno è il primo suono ascoltato dal feto nella serenità dell’utero e quello più spesso ricercato dal neonato come fonte di sicurezza e benessere. Nell’adulto diventa il tramite dell’impatto emozionale con il mondo esterno, una sorta di linguaggio per la comunicazione tra corpo e mente fino ad assumere, con le successive esperienze personali o indirettamente apprese, il significato di organo la il cui cattivo funzionamento è responsabile di malattia e di morte. Il battito del cuore assume perciò anche significati minacciosi e la sua alterazione diventa motivo di allarme, di ansietà generando un circolo vizioso talvolta di difficile interruzione.

Il cardiopalmo o palpitazione viene definito come anomala consapevolezza del battito cardiaco, che nel soggetto normale viene percepito solo in particolari condizioni, quali sforzi fisici o stress emotivi. La frequenza cardiaca, in genere compresa tra 60 e 80 impulsi al minuto, risente infatti dell’azione del sistema nervoso che può ridurla (al di sotto di 60 si parla di bradicardia), ad esempio nel sonno, o aumentarla (sopra 100 si parla di tachicardia), ad esempio, sotto sforzo, assecondando cioè le esigenze dell’organismo.

Sintomo molto diffuso, soprattutto nelle donne, può essere talvolta espressione di malattie potenzialmente mortali o, molto più frequentemente, assolutamente innocente manifestandosi in soggetti perfettamente sani. Non esistendo in genere una stretta correlazione tra percezione del cardiopalmo e gravità della eventuale malattia cardiovascolare sottostante è fondamentale che il medico chiarisca la possibile causa, la rilevanza nell’influenzare la qualità di vita e soprattutto la eventuale pericolosità come causa di malattia e morte. Ciò al fine di rassicurare sulla natura benigna del sintomo la maggioranza delle persone che ne soffrono avendo cuori normali, e di sottoporre invece ad ulteriori accertamenti specialistici soltanto i veri cardiopatici per i quali il cardiopalmo può essere spia di eventi pericolosi per la sopravvivenza.

È molto importante che il paziente sappia descrivere le caratteristiche della palpitazione eventualmente riproducendola ritmando il battito cardiaco con la mano o riconoscendo il ritmo riprodotto dal medico: in questo modo si può cercare di stabilire la frequenza e la regolarità o irregolarità dell’aritmia per una iniziale valutazione diagnostica.

Diverse sono le cause che possono provocare il cardiopalmo, la più frequente è rappresentata dalle extrasistoli, cioè contrazioni cardiache anticipate, in genere non percepite direttamente (mancanza di un battito, “cuore fermo”) e seguite da una contrazione vigorosa, “colpo al petto”, dovuta al maggiore riempimento del cuore per la pausa provocata dall’extrasistole stessa. In genere le extrasistoli sono benigne e dovute ad aumentata eccitabilità del cuore, a sua volta provocata da numerose condizioni extracardiache, ad esempio, abitudini voluttuarie (pasti abbondanti, eccessiva assunzione di caffeina, nicotina, alcoolici), situazioni stressanti, stati ansiosi. Spesso la semplice modifica di uno stile di vita inadeguato può consentire la netta riduzione della sintomatologia in questione. È tipica, nei soggetti ansiosi, la sensibilizzazione al normale movimento del cuore all’interno della cavità toracica, soprattutto nel decubito laterale sinistro, quando la parete cardiaca si avvicina maggiormente al torace. Talvolta anche variazioni climatiche, ad esempio, della temperatura e/o umidità ambientali possono agire da fattori scatenanti la palpitazione, in soggetti particolarmente sensibili.

Un criterio di benignità empirico ma efficace è quello della scomparsa dell’extrasistolia nell’eseguire un leggero sforzo, ad esempio, qualche flessione o una corsetta.

Nei soggetti non cardiopatici, rimosse o per lo meno ridotte le eventuali cause scatenanti, in caso di persistenza dell’aritmia il medico deve valutare il disturbo da essa arrecato al singolo paziente. Alcuni hanno infatti numerose extrasistoli senza esserne infastiditi mentre altri ne vengono notevolmente disturbati, anche per la preoccupazione inerente al loro significato nonostante la normalità degli esami strumentali e la rassicurazione da parte del medico. In questi casi può essere utile una blanda terapia, con ansiolitici e/o betabloccanti, farmaci capaci di limitare gli effetti del sistema nervoso sul cuore.

Altra causa di cardiopalmo è la tachicardia sinusale, caratterizzata da una frequenza cardiaca sopra 100 battiti al minuto. Viene in genere percepita come battito ritmico e frequente, con aumento progressivo e altrettanto graduale cessazione.

Sensazioni di vibrazione, di “corsa” del cuore o di battito in gola, ad insorgenza e cessazione brusche, spesso seguite da stimolo alla minzione, sono tipiche invece delle cosiddette tachicardie parossistiche. Queste aritmie possono essere interrotte dal paziente stesso, spesso involontariamente, ad esempio, attraverso colpi di tosse o defecazione: queste manovre vengono dette vagali perché stimolando appunto il nervo vago possono agire sulla conduzione dell’impulso della tachicardia interrompendolo.

La percezione di un battito veloce e caotico (“irregolarmente irregolare”) può indicare la presenza di fibrillazione atriale parossistica (la forma cronica, talvolta presente da anni, è in genere quasi asintomatica). Fino a qualche anno fa questa aritmia veniva considerata tipica dell’anziano e praticamente inevitabile o comunque si riteneva che non fosse così importante la sua cardioversione, cioè il ripristino del ritmo normale. In seguito vari studi hanno dimostrato l’alta incidenza di embolia, soprattutto cerebrale, correlata a tale aritmia e perciò attualmente si cerca di convertire al più presto tutte le fibrillazioni atriali di recente insorgenza, anche perché tanto più precoce è l’intervento tanto migliore è il risultato. In ogni caso è fondamentale valutare la necessità di farmaci anticoagulanti, cioè capaci di evitare la formazione di trombi (“grumi di sangue”) nelle cavità cardiache dove il liquido ematico ristagna, per effetto della ridotta contrattilità dovuta alla fibrillazione atriale. Da questi trombi possono infatti distaccarsi frammenti, gli emboli, che possono andare ad ostruire i vasi periferici determinando il mancato flusso di sangue in organi importanti come il cervello, gli arti inferiori, i polmoni.

Aritmie con frequenza eccessivamente elevata possono provocare, oltre che cardiopalmo, vertigini o perdite di coscienza, a seconda dell’esistenza o meno di una cardiopatia di base e della sua gravità: soggetti giovani e sani infatti tollerano disturbi aritmici con frequenze anche molto elevate mentre i cardiopatici sono estremamente sensibili a variazioni del ritmo cardiaco, spesso associate ad alto rischio cardiovascolare.

Anche se alcune aritmie hanno caratteristiche così specifiche da poter essere suggerite dall’anamnesi, cioè dalla raccolta dei sintomi riferiti dal paziente, e dalla visita, in molti casi è necessario ricorrere, per la diagnosi definitiva e per una valutazione cardiologica globale nei casi più complessi, alla consulenza specialistica con esecuzione di esami strumentali. L’elettrocardiogramma (ECG) basale registrato durante l’evento aritmico può consentire la diagnosi nella maggioranza dei casi, anche se talvolta l’interpretazione di un’aritmia può costituire un difficile problema anche per i cardiologi più esperti. Nelle forme episodiche, in cui spesso non è possibile al medico eseguire l’ECG durante il cardiopalmo, si ricorrerà alla registrazione elettrocardiografica per 24 o 48 ore (Holter). Esistono peraltro sistemi di rilevazione, attivabili dal paziente stesso, che permettono la trasmissione dell’ECG a centri cardiologici, durante o successivamente all’evento aritmico. Una volta documentato il tipo di aritmia si dovrà valutare la sua correlazione con i sintomi riferiti dal paziente, anche per stabilire con accuratezza l’effettivo beneficio di una eventuale terapia.

Se il paziente è affetto da una cardiopatia di base o se ne sospetta l’esistenza potranno essere necessari altri accertamenti quali l’ecocardiogramma, il test da sforzo o altri test provocativi di ischemia e, in casi selezionati, esami più impegnativi come la coronarografia.

Esistono diverse classi di farmaci antiaritmici; tuttavia, non sempre il medico prescriverà una terapia specifica in presenza di aritmie. Spesso può essere più importante eliminare il fattore favorente o trattare la cardiopatia primitiva sottostante. Può inoltre accadere che la stessa aritmia venga trattata in modo differente in due diversi pazienti perché diverse possono essere le sue conseguenze.

Un detto riferito ai farmaci antiaritmici recita: “pochi (di numero), per pochi (pazienti), da pochi (medici)”. Essi, infatti, non sono sempre efficaci nella prevenzione dell’aritmia e possono provocare effetti collaterali cardiaci ed extracardiaci richiedendo perciò frequenti controlli cardiologici e, in certi casi, specifici esami del sangue.

Attualmente, peraltro, in molti casi la terapia farmacologica ha una valida alternativa nella cosiddetta ablazione con radiofrequenza, una tecnica che consiste, in breve, nel “bruciare” una ristrettissima zona del cuore per impedire la propagazione della aritmia. Tale tecnica presenta, in casi selezionati e in mani esperte, elevate possibilità di successo anche a distanza con bassissima percentuale di complicanze.

In sintesi

Il cardiopalmo nei soggetti sani non deve costituire motivo di allarme; in genere è dovuto ad extrasistolia benigna che può regredire anche solo modificando lo stile di vita. È importante la registrazione dell’elettrocardiogramma durante il sintomo per documentare il tipo di aritmia e stabilire la correlazione tra essa e i sintomi riferiti dal paziente. Nell’uso della terapia antiaritmica deve essere valutato con molta attenzione il rapporto rischio-beneficio: qualora ne venga stabilita la necessità è fondamentale per il paziente l’assunzione quotidiana alla posologia prescritta e il sottoporsi a controlli periodici sia cardiologici che, in certi casi, di specifici esami del sangue.