In questo 2021 tutto da reinventare, dopo il finale apocalittico del 2020, mi piace guardare il mondo attraverso lo sguardo di due fratelli che hanno dedicato la loro esistenza alle piante, esaminandole da ogni lato, in connessione col ruolo magico e archetipico interpretato nei secoli, nelle tradizioni di tutti i popoli e nello spazio misterioso del Sacro. Ognuno con le sue peculiarità, Sandro, etnobotanico e tanto altro, Maurizio, erborista spagirico e ayurvedico, e molto di più, entrambi appassionati di yoga e ‘insieme’ autori di quattro volumi pubblicati da Aboca Edizioni: Ritorno alle radici. Le piante spontanee per l’alimentazione e la salute (2015); nella Collana “Cultura e Salute dalle piante selvatiche”: Le radici (2018); Le gemme e i germogli (2019); Le foglie (2020). Insomma i Di Massimo sono profondi conoscitori delle piante spontanee: comincerò da Sandro cercando di trasmettere al lettore la sua attenzione per l’ambiente.

Quali sono i rischi sull’ecosistema per effetto della graduale perdita di biodiversità che ha investito il mondo globalizzato?

La vita si manifesta attraverso “diversità” e “condivisione”. Questa costante non investe solo la natura, con i suoi ecosistemi e la moltitudine delle specie vegetali e animali, ma anche la cultura, l’economia, la gestione dei beni alimentari e gli stili di consumo. Siamo parte di una grande rete e ogni singola azione si ripercuote su tutto. Abbiamo bisogno di costruire “ponti”, “passaggi” e “corridoi” di ogni tipo, da quelli ecologici, in grado di collegare habitat separati, a quelli umanitari, capaci di cancellare disuguaglianze etniche e razziali. Del resto viviamo in una fase storica in cui temi come ecologia e immigrazione, sono al centro di interessi politici nazionali e mondiali.

Come si ripercuote questo depauperamento nell’esistenza dell’uomo moderno?

La distruzione e lo sfruttamento della natura sono direttamente proporzionali alla crescita di globalizzazione e consumismo. In maniera più o meno consapevole siamo sospinti inesorabilmente verso l’omologazione dei gusti e desideri. Purtroppo i tempi stringono e dobbiamo riuscire ad affrontare tre priorità assolute, le cui conseguenze potrebbero essere catastrofiche: lo sfruttamento delle risorse naturali, l’inquinamento e i cambiamenti climatici. Superato il “punto di non ritorno”, non saremo più in grado di garantire un futuro alle nuove generazioni e, tra le tante contraddizioni della società moderna, questa è la più paradossale e tristemente tragica.

La donna era profonda conoscitrice delle erbe, medichessa e guaritrice: cosa le è rimasto di questa preziosa capacità?

Le donne, a differenza degli uomini, hanno il vantaggio di essere più inclini all’istinto, alla sensibilità, alla ricezione e possiedono un’innata empatia per i misteri della natura; inoltre sono inclini alla compassione, alla partecipazione e alla condivisione. In passato, queste facoltà hanno rappresentato degli strumenti di emancipazione sociale: basti pensare a figure emblematiche come le herbarie, le guaritrici, le mammane (levatrici), le cosmete (esperte di unguenti, massaggi e rimedi per la pelle e la cura del corpo). Erano figure silenziose che, pur vivendo nel più assoluto e dignitoso anonimato, svolgevano un ruolo chiave all’interno delle comunità rurali, perché erano depositarie di un “antico sapere” che curava corpo e anima. Si trattava di una conoscenza medico-erboristica tutta al “femminile”, tramandata oralmente di madre in figlia. Oggi le stesse facoltà dovrebbero essere indirizzate per guarire e accudire la natura. Questo archetipo della donna “sanatrice” è ancora attivo e dinamico, come aspetto inconscio dell’anima collettiva. Occorre cambiare mentalità, abbandonando stereotipi e pregiudizi: la società moderna, in questo particolare momento storico, deve imporsi un viaggio di ritorno, dalla “mente al cuore”. Le donne conoscono bene questo cammino. Saranno la consapevolezza e l’energia femminile a salvare il mondo? Lo spero con tutto il “cuore”.

Cosa significa essere un etnobotanico?

L’etnobotanica è un campo di studio interdisciplinare che coinvolge principalmente l’antropologia culturale e la botanica; al suo interno, però, esistono numerose sub-aree di ricerca che condividono tematiche comuni ad altre discipline. Una direttiva interessante, che ha conosciuto un rapido sviluppo nel corso degli ultimi decenni, riguarda le tradizioni, i simboli e gli usi delle piante, soprattutto quelle commestibili, medicinali e velenose. Esistono anche campi applicativi moderni che spaziano dalla verifica (e scoperta) delle proprietà nutrizionali e farmacologiche dei vari principi attivi vegetali (metaboliti secondari) all’applicazione di strategie globali per la conservazione della biodiversità. Insomma, l’etnobotanica ci insegna che la storia e il futuro del genere umano sono indissolubilmente legati al mondo vegetale e questo è di vitale importanza per risolvere le criticità ecologiche che affliggono la società moderna.

Sei occupato a scandagliare le sostanze che creano benessere, ma nel contempo connesso con l’aspetto spirituale dei cibi, come si raggiunge il giusto equilibrio?

Le sostanze contenute negli alimenti sono digerite e metabolizzate dal nostro organismo, in modo da apportare nutrimento ed energia. Tra i vari alimenti, i vegetali rappresentano un’importante risorsa nutrizionale, infatti, numerose specie vegetali selvatiche oltre ad essere gustose e facili da cucinare, sono una preziosa fonte di fibre, enzimi, vitamine, acidi grassi della classe omega-3 e di vari principi attivi. Molte erbe commestibili contengono principi amari, fibre, vitamine, polifenoli e sostanze antiossidanti in grado di contrastare, a livello cellulare, gli effetti negativi dei radicali liberi (responsabili dell’ossidazione delle cellule e del loro invecchiamento). Da queste considerazioni nasce la consapevolezza che il confine tra cibo e salute è sottile e merita attenzione. Ciò dovrebbe far riflettere sull’importanza di una sana alimentazione incentrata sulla qualità e varietà dei cibi vegetali presenti sulle nostre tavole. Non bisogna però dimenticare che gli alimenti di cui ci nutriamo rappresentano la sintesi di un lungo processo di trasformazioni. Pertanto sia i cibi vegetali sia quelli di origine animale (e loro derivati), sono testimoni di azioni ed effetti che dovrebbero essere giudicati anche dal punto di vista etico e spirituale. La salvaguardia dell’ambiente, il rispetto per la vita e la dignità animale, la solidarietà e la partecipazione, sono valori fondamentali che dovrebbero guidare ogni attività umana, in quanto: “Noi siamo quello che mangiamo”. Anche un gesto apparentemente insignificante, compiuto in piena consapevolezza e nell’interesse degli “altri”, può cambiare il mondo.

Che differenza esiste tra nutrizione, nutraceutica e nutrigenomica?

Attraverso l’alimentazione ogni essere vivente può mantenere attive le principali funzioni biologiche legate alla sopravvivenza. La nutrizione non riguarda il solo gesto di assorbire cibo, ma la comprensione dei meccanismi di interazione tra il corpo e le sostanze primarie presenti negli alimenti, come carboidrati, grassi e proteine. Infatti, la nutraceutica (termine che nasce dalla fusione di “nutrizione” e “farmaceutica”) è la scienza che indaga le caratteristiche dei principi attivi contenuti negli alimenti e i loro effetti sull’organismo, in termini sia preventivi che curativi. Allo stesso modo, affidandoci alla “nutrigenomica” o “genomica nutrizionale”, possiamo ricercare nei cibi delle particolari molecole che si comportano come modulatori dell’attività cellulare, capaci di interagire con alcuni tratti del DNA, interferendo sugli “interruttori” che accendono o spengono l’espressione dei geni (siamo nel campo dell’epigenetica). Ricerche in questo settore hanno permesso di identificare delle strategie utili per prevenire o rallentare gli eventi fisiologici degenerativi che accompagnano l’invecchiamento dell’organismo o la formazione di tumori.

Cosa significa per la modernità aver smarrito gli insegnamenti del mito?

La vita di ogni individuo è un evento narrativo che trae ispirazione dalle esperienze personali e sociali Anche se non ne siamo consapevoli, un numero considerevole di idee, intuizioni e sentimenti, con cui plasmiamo le nostre storie personali, deriva da una dimensione interiore profonda, in apparente contraddizione con i fatti quotidiani. Da una parte quindi abbiamo tutto ciò che è percepibile dai nostri sensi e governato dalla legge di causa ed effetto, dall’altra il mondo delle immagini primordiali, dei miti, degli archetipi e delle profondità dell’inconscio, spesso in netta opposizione con la realtà materiale, cosiddetta razionale. La coscienza gioca un ruolo fondamentale: un oggetto può essere percepito come forma materiale, solida, tangibile, oppure può essere elevato a segno e “assorbito” come simbolo. Se l’intensità è maggiore, la materia è percepita come vibrazione, in grado di entrare in risonanza con l’inconscio: solo allora le immagini archetipiche irrompono, oltrepassando i confini della ragione.

L’archetipo è depositario di informazioni non soggette ai limiti imposti dal tempo e dallo spazio; informazioni che possono influenzare sia la materia sia la realtà invisibile. Prendendo in prestito i risultati della fisica moderna, la natura dell’archetipo è paragonabile a quella dei pacchetti quantici, che ora sono impalpabile energia, ora sono concreta materia: è il principio di complementarità della fisica quantistica in base al quale la materia a livello subatomico perde la sua identità e si presenta come onda/particella, una sovrapposizione di stati, fino a quando l’interferenza di un osservatore ne determina la sua manifestazione.

Quando l’archetipo emerge dalla dimensione collettiva per scendere nel soggettivo, quando lascia la dimensione inconscia e incontra la coscienza individuale, perde la sua natura di immagine per influenzare e plasmare la materia. Ieri come oggi, la dimensione del mito è di fondamentale importanza per la coesione, l’integrazione e l’orientamento dei gruppi sociali. In poche parole, il mito partecipa alla costruzione e allo sviluppo dell’identità personale e collettiva.

Come si integrano scienza dell’alimentazione e tradizioni popolari?

Quando la “scienza” non si trasforma in uno strumento di potere, al servizio delle forze economiche, politiche e militari, può diventare un’occasione di crescita etica. Nel caso dell’alimentazione, una ricerca seria e rispettosa delle tradizioni popolari può avvalersi (sfruttando anche i benefici della tecnologia, nel campo della biologia e della medicina) di una immensa sapienza spesso di grande attualità e di utile valore applicativo (sia in campo biologico che medico).

Come può la madre moderna riappropriarsi della sua antica sapienza nel nutrire e curare i figli?

Prima di tutto smettendo di inseguire i modelli maschili che regolano la vita sociale e lavorativa; allo stesso tempo, accettando, rispettando e valorizzando la propria “diversità”. Il futuro del mondo è nelle mani delle donne, perché chi è capace di generare vita, di accudire e nutrire gli altri, riesce sempre a trovare la parola giusta, il saggio compromesso e il gesto risolutivo per riequilibrare l’esistenza. E poi, non è un caso che la natura rifletta questi archetipi: è una questione di affinità elettive. Se volgiamo lo sguardo al passato, le società più civilizzate e pacifiste erano caratterizzate da modelli avanzati di emancipazione femminile.

In che modo il neofita può orientarsi nel cosmo del “biologico”?

Ogni cambiamento per essere efficace, durevole e avere ripercussioni positive sulla collettività, deve emergere da una presa di coscienza individuale, da una trasformazione che nasce dal cuore, da un lavoro interiore. Per quanto riguarda l’alimentazione, è necessario operare delle scelte etiche, sostenibili dal punto di vista ambientale, attraverso la progressiva conversione dell’agricoltura intensiva a forme di coltivazione integrata, biologica o biodinamica, evitando l’impiego di diserbanti, pesticidi, ormoni, stimolanti della crescita e antibiotici, riducendo al minimo gli impatti su suolo, acqua e biodiversità. Un’altra alternativa valida è l’incremento delle filiere corte (local food), possibilmente a “chilometro zero”: incidono in misura minore sull’ambiente, in termini di consumo energetico, emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera (responsabile dell’effetto serra). È preferibile scegliere prodotti freschi, di stagione piuttosto che cibi precotti o di origine industriale. Per acquistare alimenti biologici sicuri e di qualità, è bene trovare un produttore di fiducia presente sul territorio oppure siti online di comprovata professionalità. Se si frequentano supermercati o negozi specializzati suggerisco di leggere le etichette che riportano gli ingredienti e la loro tracciabilità.

Il lavoro di ricerca di Sandro e Maurizio Di Massimo sta continuando per Aboca attraverso l’elaborazione di altri volumi che si occupano di semi, fiori e frutti; per Macroedizioni con la quale è in corso di pubblicazione un libro sull’invecchiamento. Sandro ha tanti altri libri nel cassetto, tra i quali un interessante saggio poetico sul pane in corso di editing da parte della dei Merangoli, un’opera a cui ha dato un taglio molto personale in quanto si occupa del pane ad ampio raggio anche come potente metafora del presente. Il messaggio dell’etnobiologo potrebbe essere che occorre ri-impastare la realtà con ingredienti più veri e originali", quali "l'amore", "il rispetto per l'ambiente", tenendo presente che nella miscela non dovrà mancare "l'altro" e la capacità di essere “insieme”, ovvero creare una miscela di fattori capaci di cooperare per l’obiettivo comune della vita stessa.