È tempo di pulizie, in attesa del "nuovo". Tra vari miei vecchi scritti, datati nel lontano 1998, ne ho ritrovato uno molto interessante, per alcuni forse un po' forte.

Avevo allora 26 anni (a volte sembrano trascorsi secoli, a volte pare l'altro ieri) e tra le tante pagine preparatorie di romanzi rimasti nel cassetto, mie disquisizioni sulla Nascita della tragedia di Nietzsche, su 1984 di Orwell e sui Dialoghi di Platone, compiute le mie consuete "sedute meditative" scrivevo di eventi che avrei gioco forza affrontato in futuro, in età matura; come per prepararmi, come per sopportare meglio il dolore che avrei vissuto decenni dopo.

Non posso stravolgere il futuro, bensì accoglierlo e cercare di smussarne gli spigoli; né posso e né voglio convincere chicchessia ad adeguarsi ad esso. Ognuno ha il suo percorso.

Semplicemente, come sempre mi è capitato durante la vita a partire dal 1985, mi succede ed osservo dall'alto il divenire, che sia personale o generale. Da quello che mi raccontarono ai tempi, mi succede come fosse una sorta di atto di autodifesa, per soffrire meno, per non strapparmi letteralmente i capelli dalla disperazione al momento inevitabile dell'avverarsi, perché molto (non tutto) del futuro è scritto e bisogna semplicemente imparare a leggerlo.

Una sorta di cannocchiale temporale e allo stesso tempo di automedicamento, di "terapia del dolore della vita".

Ahimè, il ritrovamento di questi scritti mi ha ricordato nuovamente che nel corso degli anni la mia vista ha perso molti colpi: da ragazzo scrivevo tutto talmente in piccolo, riempivo infiniti fogli a righe, a quadretti, pagine di notes, spazi bianchi intorno agli articoli (certo, quando c'erano i giornali...) tovaglioli al bar, insomma tutto ciò che mi capitava sotto mano. Ora leggo i miei scritti di allora a fatica, quasi come fosse una lingua dimenticata.

A scuola, per esempio, sia alle medie che al liceo, i professori ormai erano rassegnati a trascorrere il triplo del tempo dedicato agli altri a decifrare i miei " libri improvvisati". Fortunatamente mi volevano bene, molto bene e anzi mi incentivavano a scrivere, scrivere e ancora scrivere. Contenti loro! Devo molto ad alcuni di loro in particolare se poi mi son convinto a scrivere davvero, da adulto. Li ho presi sul serio come loro hanno preso sul serio me.

Fortunatamente per loro io non anticipavo mai i mei temi con le cosiddette "brutte" e, scrivendoli direttamente in "bella" come fossi un fiume in piena, non sprecavo il doppio dei già fin troppo cospicui fogli. In fondo ho sempre avuto un animo ecologista.

In questi appunti ritrovati del 1998, quando ormai ero grandicello ma con le stesse prerogative di scrittura microscopica di quand'ero ragazzino, lungo alcune pagine di questo mio modestissimo e foschiano codice atlantico (mi inchino a te Maestro, non uso questo termine per confrontarmi con te, lo sai, lo faccio solo per far comprendere il flusso di coscienza continuo di questi miei biografici scritti), descrivo tra le altre cose alcuni episodi che avremmo vissuto in futuro, o meglio, che stiamo ormai già vivendo.

Qualche esempio? Uno fra tutti l'abitudine che sarebbe stata imposta all'uso della "mascherina obbligatoria personale per uscire all'aria aperta". Questo sicuramente è molto attuale. Scioccante ma attuale.

Altre frasi descrivono situazioni che oggi sembrano in effetti abbastanza imminenti come, per esempio, quello della realtà aumentata, diffusa dagli apparecchi televisivi ed elettronici, dalle tv ai telefoni, per farci vivere sempre più lontani dalla "realtà" e, soprattutto, lontani tra di noi.

E non manca il riferimento (anche quello temo che oggi sia molto vicino, allora era roba un po' da fantascienza) ai tanto vituperati e oggi “negazionistici” microchip che ci connetteranno via satellite e con cui ci dirigeranno come ordinati soldatini dall'alto. Specifico che nella mia "visione" questi microchip non sono quelli "primitivi" sotto pelle e sulla mano di cui si parla oggi ma posti vicino all'orecchio, fungeranno infatti anche da telefono e da canale di telecomunicazione. Altro che semplici chip per gli acquisti. Negazionisti, siete indietro!

Altro riferimento è quello ai "buoni e omogenei comportamenti" che non dovranno mai andar contro al servizio sanitario nazionale. Parlano oggi di dittatura sanitaria? Ma signore e signori, non scherziamo, quella vera "adda venì"... Dopo le mascherine, ecco gli occhiali anti raggi ultravioletti obbligatori che ci "difenderanno dal sole" ormai divenuto troppo pericoloso (tutto sempre per non farci ammalare e quindi pesare sul servizio sanitario, naturalmente) e i "veicoli a idrogeno" che sostituiranno quelli elettrici.

Veicoli elettrici e a idrogeno? Ma come, parlavo già di auto elettriche nel 1998 e addirittura come di oggetti superati? Nel 1998 la loro diffusione sembrava cosa impossibile, la dittatura del petrolio era ritenuta assolutamente ben salda e non si faceva altro che parlare di complotti e congiure per evitare la diffusione dei veicoli elettrici e per non abbattere le multinazionali. Eh sì, già nel 1998 quell'idea che rappresentava un cavallo di battaglia dei negazionisti dell'epoca (negazionisti, ve lo ripeto, siete indietro!) cioè che il petrolio sarebbe stato insostituibile e che non avrebbero mai permesso in produzione i veicoli elettrici a causa dello strapotere delle lobbies che dominano il mondo per me era già ai tempi roba vecchia, al punto che già vedevo il superamento dell'elettrico con l'idrogeno. Ma attenzione, non per motivi ecologici in questo caso ma di mero "opportunismo economico": l’elettrico, infatti, lo possiamo ricaricare noi e ci possiamo rendere indipendenti e autonomi, l'idrogeno invece costringe tutti ad una catena di dipendenza molto più interessante per i produttori.

Chiudo queste pagine di oltre vent’anni fa, con queste visioni, con questi appunti e tanti altri spunti di riflessione. Qualcuno, dopo che me ne sarò andato, riprenderà in mano tutto questo e costui sarà felice di aver scoperto qualcosa di prezioso. Io un po’ ci soffro, almeno per ora, mi prendo una pausa e chiudo.

Anticipare il futuro forse fa soffrire meno ma rileggere il passato può trafiggerci l’anima con frecce di malinconia.