... e ricordo la mia giovinezza, e quella sensazione che non tornerà mai più, la sensazione di poter durare in eterno, di sopravvivere al mare, alla terra e a tutti gli uomini; la sensazione fallace che ci alletta alle gioie , ai pericoli, all’amore , agli sforzi vani, alla morte; la trionfante convinzione di forza, il calore della vita in una manciata di polvere, quell’ ardore nel cuore che ad ogni anno che passa si indebolisce, si raffredda, rimpicciolisce e spira, e spira, troppo presto, troppo presto, prima della vita stessa.

...e a un tratto un soffio di vento, un soffio fievole e tiepido e carico di strani odori di fiori, di legni aromatici, vien fuori dalla quieta notte, il primo sospiro dell’Oriente sul mio viso. Questo non potrò mai dimenticarlo. Era impalpabile e affascinante, come un incantesimo, come una sussurrata promessa di misteriose delizie.

(Joseph Conrad, Gioventù)

È stato di recente, rileggendo questo racconto di Conrad, che mi è tornato alla memoria il mio primo viaggio in Oriente, ero abbastanza giovane allora, e avventato, ed il mondo era giovane anch’esso, almeno così appariva ai miei occhi.

Era l’anno 1990 ed un mio amico che lavorava nel settore automobilistico mi chiese se potessi visitare, in qualità di medico, un suo collaboratore straniero che si trovava in viaggio di affari in Italia. Incuriosito da tutto ciò che è insolito ed esotico, accettai con piacere e fu così che conobbi Robby Tan, un simpatico piccolo asiatico che era chief manager della Toyota a Sulawesi, misteriosa grande isola indonesiana.

Da tempo accarezzavo l’idea di un viaggio in Indonesia, un Paese formato da isole fantastiche dove piante ed animali incredibili convivono con genti ancora più strane e bizzarre, ma non mi decidevo in quale recarmi delle 17000 isole di cui è composto l’arcipelago; ed ecco che ora, inaspettatamente, mi veniva suggerita la soluzione del problema: sarei andato a Sulawesi, che Joseph Conrad aveva conosciuto come Celebes, ad Ovest della quale corre la linea di Wallace che separa l’ecoreame asiatico da quello australiano, grande isola montuosa, irta di vulcani attivi e solo da pochi anni aperta agli occidentali cioè da quando, nel 1988 vi si era svolta una edizione del leggendario Camel Trophy.

Ciò che mi convinse ad andare proprio lì fu la proposta fattami dal signor Tan di mettermi a disposizione praticamente gratis una Toyota Land Cruiser, un potente fuoristrada che avevo visto in azione proprio seguendo alla televisione le peripezie dei partecipanti al Camel Trophy, per la prima parte del viaggio nel Sud dell’isola e di aiutarmi ad organizzare l’esplorazione del Nord, raggiungibile solo con un volo interno, a patto che prendessi come guida suo figlio in vacanza premio per essersi appena laureato.

Naturalmente accettai con entusiasmo la proposta, ci scambiammo indirizzo e telefono e in seguito perfezionammo gli accordi.

In realtà avrei dovuto partire con la mia fidanzata di allora ma lei si era fissata su Bali, isola molto più turistica e assai meno affascinante di Sulawesi e dopo discussioni e liti furibonde ci separammo, quindi partii da solo e come scopersi in seguito, quel viaggio che mi aveva fatto perdere una fidanzata rischiò di farmi buscare una moglie!

L’idea di partire da solo per un viaggio in una terra selvaggia e in gran parte inesplorata, sapendo che per i miei interessi e le mie passioni naturalistiche ed antropologiche mi sarei andato a ficcare proprio nel cuore di quelle foreste, mi spaventava e mi entusiasmava allo stesso tempo. Avevo già fatto viaggi avventurosi ma mai da solo.

Avevo sempre avuto compagni di avventura più “svegli” di me per ciò che riguarda la parte organizzativa e “burocratica” che ogni viaggio di quel genere comporta: visti consolari, cambi monetari ecc. … e inevitabilmente, perso nelle mie romantiche fantasticherie, delegavo volentieri a loro tali oneri.

Questa volta invece dovevo cavarmela da solo in tutto e per tutto, e avevo bisogno di sapere se ero davvero in gamba come credevo di essere.

Così partii sulle ali di Garuda (la Garuda Air) verso l’Oriente e fu forse per sentirmi meno solo che iniziai a tenere un diario di viaggio, ebbene, quel diario lo conservo ancora oggi e attraverso le sue pagine ritrovo qualcosa di come ero allora, di quel mio primo viaggio in Oriente e soprattutto di come era quell’isola meravigliosa che pare una stella sorta tra Borneo e Nuova Guinea, con le sue foreste le sue genti pie e selvagge, i suoi mari interni che racchiudono piccoli arcipelaghi dimenticati, e le sue vallate lussureggianti costellate di grotte da cui si affacciano come fantasmi i tau-tau: le statue lignee degli antenati con i loro occhi sgranati a scrutare i vivi tra i vapori lattescenti che salgono da giungle primordiali.