Il Leone d’Oro a Nomadland di Chloé Zhao alla 77ma Mostra del Cinema di Venezia 2020 riporta nelle mani di una donna, la regista cinese recentemente adottata da Hollywood, il premio al miglior film del festival, dopo 10 anni dalla vittoria di Somewhere di Sofia Coppola.

Per l’Italia a Pierfrancesco Favino è andata la Coppa Volpi, come migliore attore per Padrenostro di Claudio Noce. Unico premio italiano del concorso per la migliore interpretazione maschile di un film di cui l'attore e doppiatore romano è anche coproduttore.

Un convincente, Pierfrancesco Favino, si aggiudica il prestigioso riconoscimento dalla Giuria, prevalentemente di donne, presieduta da Cate Blanchett e composta da Matt Dillon, Veronika Franz, Joanna Hogg, Nicola Lagioia, Christian Petzold e Ludivine Sagnier, che ha dovuto visionare 18 film, di cui solo quattro italiani, in questa insolita edizione Venezia 77. La pellicola non è una ricostruzione di cronaca, ma il racconto sulla fervida immaginazione di un ragazzino di 10 anni, Valerio, (Mattia Faraci) alter ego del regista.

Ispirato a una storia vera, una favola sull’amicizia, che traccia i contorni di una generazione di bambini "invisibili", con le loro angosce, vulnerabilità e stati d’animo. Padrenostro ha l’abilità di superare un fatto personale e renderlo più vicino possibile al vissuto di ognuno di noi; di trasformare un evento drammatico in una nuova occasione di vita, alla scoperta di nuovi sentimenti e relazioni affettive.

Da una parte l’amicizia, un fortuito incontro tra il fragile Valerio e il ragazzo solitario e ribelle, Christian, poco più grande di lui, con cui condividerà momenti di complicità, che sembra spuntato dal nulla durante una vacanza in Calabria, luogo d’origine del padre di Valerio, Alfonso. Dall’altra la forza impagabile di un legame con il padre, un gigante burbero eppure buono, che permetterà a entrambi di crescere e riavvicinarsi, spazi di comunicazione affettuosa e fisica fra padre e figlio, che si alternano nei suggestivi scenari tra Roma e la Calabria (Sila, coste ionica e tirrenica).

Il Sud è uno straordinario set come le numerose location calabresi, dagli incantevoli paesaggi e spiagge rinomate che fanno da sfondo in Padrenostro: lungo la costa tirrenica tra Scilla e Palmi; in Sila, a Lorica e sul lago Arvo; sulla costa ionica, a Caminia, Riace e nel castello San Fili a Stignano.

“La Calabria si inserisce a pieno titolo nel film, perché è in questa terra che si sviluppa il racconto che lavora su due piani: quello del gioco e della fantasia dei bambini e quello della realtà degli adulti”, secondo la dichiarazione di Claudio Noce. “Il presupposto è un fatto realmente accaduto nella mia famiglia, mio padre è nato qui e il ricordo di tante estati passate in Calabria mi ha ispirato una storia che parte da una connotazione privata per poi assumere un respiro universale”.

Noce trascina ricordo, immaginazione e realtà tutti all’interno dello stesso scrigno in una sorta di vita parallela. Una realtà talvolta colorata anche davanti al dramma, una trasposizione emotiva all’altezza di bambino, in un tentativo e linguaggio avvincente, di puro istinto, sensibilità ed emozione che è quello dell’infanzia.

Di stampo anche autobiografico, che trae ispirazione dalla terribile vicenda del ferimento del padre dello sceneggiatore italiano, (Alfonso Noce), la pellicola non si presenta come una storia sugli Anni di piombo (dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘80) che già il cinema italiano ha così tanto raccontato, ma si appropria di una nuova prospettiva; non quella dei politici, o dei terroristi, ma quella dei loro figli, di quella generazione che ha vissuto il dramma negli occhi dei genitori.

“Volevamo raccontare l’infanzia, lo sguardo di un bambino che ha vissuto quegli anni terribili. Il messaggio politico è questo. Non è un film pro poliziotti o pro Nap (Nuclei armati proletari), ma è sui bambini, sui figli”, come ha spiegato Pierfrancesco Favino, durante la conferenza stampa di presentazione di* ‘Padrenostro*’ nella città della Laguna.

"Ci sono tanti film sugli Anni di piombo, tanti e meravigliosi - sottolinea l'attore romano - ma la nostra urgenza non era raccontare quegli anni ma l'infanzia in quegli anni. Il messaggio politico sta in questo: un'attenzione alla generazione a cui appartengo, quella dei cinquantenni che proprio perché non ha partecipato a grandi eventi storici è stata un po' messa da parte. Non abbiamo avuto il problema di essere antagonisti, noi figli di una parte o dell'altra, perché siamo stati subito traghettati negli anni Ottanta, siamo stati la prima generazione consumista. L'unica cosa che ho fatto io è stata la Pantera, ci siamo trasformati in una generazione laica che vede quel tempo non con una posizione di bianco e nero ma si affida alla fantasia dell'infanzia e questi ragazzi lo spiegano bene. Siamo una generazione di silenti educati, che ci sentiamo di dover chiedere il permesso per ogni cosa, sono così stanco di dovermi scusare per essere nato dopo. E in quel padre che interpreto ci ho visto mio padre e i suoi silenzi, quel posto dove da bambino mi faceva male andare".

Ambientato a Roma, nel 1976, in pieni anni di lotta armata e terrorismo, il lungometraggio partendo da un fatto realmente accaduto, narra di Valerio (Mattia Faraci) un bambino che assiste insieme alla madre (Barbara Ronchi), all’attentato e al ferimento ai danni del padre, il vicequestore Alfonso Noce (Favino), il 14 dicembre 1976 a Roma, da parte di alcuni esponenti dell'organizzazione terroristica Nuclei Armati Proletari, in cui morirono il poliziotto Prisco Palumbo e il terrorista Martino Zichittella.

Ricordando l’agguato, e presentando in anteprima il film al Lido, Claudio Noce ha precisato:"Quando mio padre subì l'attentato io avevo un anno e mezzo: abbastanza per comprendere la paura, troppo pochi per capire che quell'affanno avrebbe abitato dentro di me per molto tempo. Non sono mai riuscito a dirglielo. Scrivere questa lettera a mio padre tracciando i contorni di una generazione di bambini "invisibili" avvolti dal fumo delle sigarette degli adulti non è stato facile; provare a farlo mutando le parole da private in universali è stata una grande sfida come cineasta e come uomo".

Ricevendo il premio Volpi alla cerimonia finale, Favino ha così commentato: “mi avete fatto la più bella sorpresa della mia vita, ringrazio Claudio Noce che si è fidato dell'uomo più che dell'attore e mi ha chiesto di custodire il suo affetto più grande, e un particolare merito al piccolo Mattia Garaci. Il premio è suo come di tutti quelli che hanno lavorato a questo film. Un maestro mi ha detto che quando si gira un film è come creare una stella, e voglio dedicare questo premio a tutte le stelle, ai milioni di schermi che accoglieranno le stelle e agli occhi che brilleranno nel buio".

Padrenostro è il terzo lungometraggio di Claudio Noce, dopo Good Morning, Aman (2009, presentato durante il Festival di Venezia di quell'anno) e La foresta di ghiaccio (2014).

Nel cast, accanto a Pierfrancesco Favino troviamo Mattia Garaci, che interpreta il piccolo Valerio, e poi Barbara Ronchi, Francesco Gheghi, Anna Maria De Luca e Mario Pupella.