Se lo studio e la determinazione possono ottenere grandi risultati in un percorso di conoscenza e formazione, il motore della passione fa perseguire dei livelli straordinari di approfondimento e di padronanza in qualsiasi materia. Nel mio breve cammino di avvicinamento alla storia delle donne in relazione alla scienza botanica, iniziato ormai da oltre un decennio, mi sono accorta che le figure femminili, di cui ho affrontato lo studio biografico e scientifico, sono tutte animate da un moto interiore di ricerca e scoperta senza confronti e questo trapela sempre, dalle modalità con cui scrivono, adottano un metodo, si confrontano con le fonti che sono a loro disposizione e non ultimo come si relazionano con altre figure contemporanee, di riferimento, che possono guidarle o consigliarle.

Questa premessa per dire come recentemente ho trovato una strettissima ed impressionante analogia tra due donne “giganti” della storia botanica a cavallo tra Ottocento e Novecento, la prima, italiana, della quale ho indagato e scritto molto, Eva Mameli Calvino (1886-1978), la seconda inglese Agnes Robertson Arber (1879-1960).

In questa rubrica mi dedicherò alla signora della botanica anglosassone che come Eva Mameli, prima cattedra femminile in Botanica in Italia nel 1915, perseguì già nel 1905 a Cambridge un dottorato in Scienze naturali ed è la seconda scienziata donna ad essere ammessa alla Royal Society di Londra nel 1946.

Della botanica londinese finalmente riusciamo ad apprezzare in lingua italiana il suo primo contributo importante che rimarrà nella storia, un riferimento imprescindibile per qualsiasi botanico che voglia dedicarsi allo studio degli Erbari. Si tratta infatti della prima traduzione, a cura di Azzurra De Angelis, dell’opera Herbal. Their Origin and Evolution (1912) pubblicata nel 2019 da Aboca con il titolo Erbari. Origine ed Evoluzione 1470-1670. Con un saggio di Lucia Tongiorgi Tomasi. Naturalmente se leggiamo la sua biografia molto ben sintetizzata nel completo e illuminante saggio introduttivo di una eccellenza in questo ambito scientifico1, ci accorgiamo come pur essendo una privilegiata, Agnes Robertson, perché appartenente ad una famiglia culturalmente elevata, come diceva Virginia Woolf nel testo di rivendicazione femminista Le tre Ghinee, “le figlie degli uomini colti”, è comunque in grande difficoltà per poter ottenere una cattedra e benché prolifica sia di scoperte sia di saggi scientifici avrà solamente un laboratorio casalingo.

La passione della scienziata si rivela da giovanissima quando si avvicina per la prima volta ad un erbario molto noto del Cinquecento di D. Rembert Dodoens, le cui antiche incisioni di piante la rapirono a tal punto che poi vi dedicherà l’intera vita.

Nel suo testo, Erbari, come si è detto, recentemente curato e edito con un corredo iconografico considerevole grazie alla Biblioteca Antiqua di Aboca, lei stessa si sofferma sulla definizione di Erbario. “Un erbario è un libro contenente i nomi e le descrizioni delle erbe, o delle piante in generale, con le loro caratteristiche e proprietà. Si ritiene che la parola derivi dall’aggettivo del latino medievale herbalis, in cui è sottinteso il sostantivo liber. Quindi significa semplicemente libro delle erbe.” Da qui in poi l’autrice con una dimestichezza non comune spazia dalla botanica aristotelica alle prime opere a stampa, gli incunaboli ovvero i libri stampati prima del 1501, che contenevano incisioni su legno e poi su rame e così fino a illustrarci tutti i personaggi più illustri della botanica e le loro relative opere a partire da Teofrasto (III sec. a.C.) per arrivare a Otto Brunfels il cui Erbario (1539) ha illustrazioni di una bellezza e fedeltà raramente sorpassate, e ancora Camerarius, Malpighi e Grew. E molti molti altri nomi illustri.

Un escursione virtuale che porta il lettore dalle prime opere manoscritte, i primi erbari della classicità greca antica del III secolo avanti Cristo, quando la materia medica e quella erboristica si fondevano in un sapere che passava attraverso il mito, la credenza, la superstizione e il rituale delle raccolte dei semplici, fino alla botanica medicinale del medico di Mitridate, il leggendario Crateva da cui sembra che Dioscoride Pedanio, anch’egli medico del I secolo abbia attinto per la sua opera De materia medica libri quinque dove cita ben 500 piante.

Un manoscritto bizantino, dice Agnes Arber, quello realizzato per Anicia Giuliana, figlia dell’imperatore Flaiano Anicio Olibrio, è l’unica versione dell’autore rimasta, datata 512, successivamente stampata e commentata nei secoli a venire.

La capacità della botanica Arber va ben oltre la capacità di entrare nella storia e ricucire tutti i vari momenti salienti per ricostruire nessi e cause dell’evolversi dell’arte del raccogliere, riconoscere e classificare le piante fino alla botanica moderna. Infatti grande conoscitrice dell’arte della raffigurazione botanica si cimenta in un capitolo ancora oggi di grande interesse, soprattutto per i botanici nomenclatori ma anche per gli studiosi della storia dell’arte e delle flore.

Dedica un capitolo all’evoluzione dell’arte dell’illustrazione botanica oltre a quella della descrizione delle piante e della loro classificazione per poi giungere perfino alla botanica astrologica e alla dottrina delle segnature.

È difficile rintracciare in un’unica opera un excursus così vario tra tutti gli erbari illustrati più importanti della storia distinti per le provenienze geografiche europee dal rinascimento fino a metà del XVII secolo, dalla Germania, alla Francia, ai Paesi Bassi, all’Inghilterra, la Spagna naturalmente all’Italia dove cita diversi botanici che hanno fatto storia come l’aretino Andrea Cesalpino, Luigi Anguillara primo prefetto dell’Orto botanico di Padova, al medico senese Pier Andrea Mattioli.

Ma il valore di questo contributo sta proprio nella disamina puntuale dello stile e dell’estetica della rappresentazione delle tavole botaniche degli erbari durante tre secoli di storia. “Durante i primi trent’anni del XVI secolo l’arte dell’illustrazione botanica restò, in Europa, in uno stato di sospensione. I libri pubblicati erano forniti di mere copie di antiche incisioni.” Ritiene sia significativo che la fine del periodo definito “gotico” sia databile 1530, con l’inizio del Rinascimento dagli studiosi di un’altra arte, quella delle vetrate colorate.

Dal Cinquecento tutta l’illustrazione libraria riceve un impulso notevole. Dodici anni prima della pubblicazione dell’erbario di Otto Brunfels, Herbarium vivae icones, nel 1520, gli stupendi disegni di Leonardo da Vinci (Codice Windsor,1508) 2 sconvolsero il mondo della rappresentazione dal vivo, al confronto delle “contemporanee rozze e crude incisioni” delle molte edizioni dell’Hortus sanitatis e opere affini.

Altrettanto si può dire delle ineguagliabili opere di Albrecht Dürer che iniziò a realizzare proprio in quel periodo disegni per incisioni di ineguagliabile bellezza e verosimiglianza: un esempio tra tutti lo Studio di Acquilegia vulgaris (1526, Albertina, Vienna). Assolutamente non paragonabili, ad esempio, all’incisione della Cuscuta (un vegetale infestante dei campi coltivati) di Arnaldo da Villa Nova, Tractatus de virtutibus herbarum di soli 27 anni prima.

Anche l’appassionato di botanica, o il giardiniere ed in primis il botanico, da questo lavoro che ha riportato in vita tutte e tre le edizioni (1912,1838,1953) degli Erbari di Agnes Robertson Arber, trarrà un sicuro godimento e una ottima visione d’insieme di una materia così affascinante e allo stesso tempo di profondo interesse per capire il mondo verde del presente e del futuro.

1 Lucia Tongiorgi Tomasi accademica ordinaria dell’Accademia delle Arti del Disegno, accademica corrispondente dell’Accademia dei Georgofili e Fellow della Linnean Society di Londra. I campi della sua ricerca insistono nel dominio dell’arte moderna, con particolare riguardo ai rapporti tra arte e scienza, alla storia dei giardini, all’iconografia naturalistica, alla natura morta e in genere all’arte e all’incisione toscana tra Cinquecento e Settecento. Su questi temi ha scritto oltre centoventi opere, tra saggi, cataloghi e volumi.(fonte: profilo presso portale dell’ Università di Pisa).
2 Cfr. Capra F., La botanica di Leonardo.Un discorso sulla scienza delle qualità, Aboca Ed., Sansepolcro, 2009.