Dopo aver parlato delle risorse utili per affrontare al meglio le asana più difficili per noi entriamo nel vivo del nostro percorso. Le prossime lezioni saranno la chiave di volta per capire quale è lo scopo ultimo dello yoga. Non una semplice pratica fisico-sportiva, ma una grande risorsa a livello mentale che può fare la differenza anche in percorsi di crescita personale. A partire dai temi specifici che affronteremo si capirà come praticare yoga ci possa aiutare a maturare a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana.

How the body changes the mind & Vice Versa.

Come abbiamo visto la scorsa lezione, quello che la pratica ci insegna in conclusione è uscire dal conflitto della nostra mente. Ci insegna Ahimsa1*, l’assenza di violenza, prima di tutto verso noi stessi. In questo senso formulare pensieri negativi, ipercritici, giudicanti verso noi stessi è, oltre che un atto di violenza nei nostri confronti, anche il primo passo per imparare a formularli verso gli altri, più spesso senza rendercene conto. Diceva Gandhi:

Mantieni i tuoi pensieri positivi,
perché i tuoi pensieri diventano parole.
Mantieni le tue parole positive,
perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti.
Mantieni i tuoi comportamenti positivi,
perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini.
Mantieni le tue abitudini positive,
perché le tue abitudini diventano i tuoi valori.
Mantieni i tuoi valori positivi,
perché i tuoi valori diventano il tuo destino.

Lo yoga in questo senso non dovrebbe essere inteso come una pratica prestazionale. Le risorse che esso ci mette a disposizione vanno ben oltre. Se pensiamo poi che è nato per scopi di elevamento spirituale capiamo subito che la dicotomia tra corpo e mente, tra materia e spirito, tipica del mondo occidentale, non ha senso di esistere quando si pratica.

La prima volta che mi sono resa consapevole di come stavo praticando è stato anche il giorno in cui, prima di iniziare una lezione di yoga, ho pensato: “Bene oggi smetto di pensare al raggiungimento dell’esecuzione perfetta delle asana, cerco dentro di me la calma, la concentrazione, il senso di devozione e provo a meditare, a danzare, provo a offrire la mia pratica all’universo come un messaggio di compassione e accettazione”. Ammetto che ero anche un po’ curiosa di vedere cosa sarebbe successo. In fondo era quello che avevo letto o sentito, ma mai testato davvero in prima persona. Mentre praticavo d’un tratto è stato come se mi vedessi da fuori e mi resi conto che tutto l’insieme era come più fluido, che, in qualche strano e nuovo modo, stavo come danzando, o almeno io mi sentivo così. Ogni momento critico, di dolore o fatica, era fonte di nuova accettazione dei miei limiti fisici e compassione verso le mie ambizioni perfezionistiche. Stavo accettandomi per come ero e per quello che il mio corpo riusciva a fare o non fare. Quasi mi commossi alla fine della pratica. Era la prima volta in vita mia che mi dicevo: “Vado bene così”. Una sensazione mai provata.

Vado bene così.
Sono qui ed è abbastanza.
Quello che ho è abbastanza.

Ecco i miei nuovi mantra in vista del cambiamento. Ecco cosa succede dal tappetino alla vita di tutti i giorni.

Ripensai ai video visti online di master yogi dai corpi elastici, capaci di eseguire sequenze difficilissime ma in modo del tutto armonioso, scivolando da una asana all’altra come il pennello di un pittore esperto sulla tela. Ripensai alla sensazione di stupore provata quando li avevo visti per la prima volta. Non riuscivo a capacitarmi di come facessero. Non era solo questione di allenamento e tecnica. Non era possibile. C’era troppa grazia, troppo amore tra le pieghe di quei corpi. C’era una fluidità nell’esecuzione che contrastava con la regolarità quasi matematica degli allineamenti perfetti. E cosa c’entravano l’amore e la grazia con lo yoga? Con una pratica fisico-meditativa? Era come se danzassero ai miei occhi, ma non era danza, era yoga!

Il giorno in cui ho danzato mentre praticavo ho semplicemente capito che la chiave era l’amore. L’amore verso me stessa. Quel tipo di amore che troppo spesso non siamo in grado di darci e che cerchiamo voracemente negli altri, quando invece è lì a portata di mano. E l’amore verso l’universo, che arriva da sé dopo il raggiungimento del primo. Io di sicuro no, ma voi avreste mai immaginato iniziando a fare yoga che avreste potuto ricevere una lezione d’amore? E cos’altro può aiutarci di più a cambiare quello che vogliamo cambiare nelle nostre vite?

1 Ahimsa: voce sanscrita che significa «non nuocere». Nella credenza religioso-filosofica degli Indiani rappresenta uno dei principi fondamentali della morale (variamente inteso nei vari sistemi, dal brahmanesimo al giainismo, al buddhismo, all’induismo). È alla base della dottrina della non violenza proposta da Gandhi. (Fonte: Enciclopedia Treccani)