Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Gothy Lopez (El Salvador, 1975).

Margoth Beatriz Lopez Barriere è donna con una profonda fede nella pittura. La pittura è per lei indagine, analisi, introspezione. Incontro. Lavora essenzialmente con il ritratto, più frequentemente con l’autoritratto. E quando si autoritrae il suo sguardo non fa sconti. Afferra gli occhi di chi lo incontra e domanda qualcosa a cui è molto difficile rispondere. È nata a El Salvador, dove ha studiato Arti Plastiche all’Università, ma si è traferita a Milano nel 2001. E Milano l’ha conquistata, per il dinamismo culturale e artistico, per la multietnicità, per il molto che offre. Oggi Gothy è una donna, una madre e una pittrice di talento ed esperienza che ha esposto sia in Europa che in America.

Vive e lavora a Milano. E questa è la sua Voce Creativa per voi.

Chi è Gothy?

È certamente un’artista. La Laurea in Arti Plastiche all’Università di El Salvador mi ha persmesso di conoscere e approfondire il disegno, la pittura, la scultura, l’incisione e la ceramica oltre alla storia dell’arte. Un ottimo punto di partenza che mi ha permesso di definirmi un’artista alla ricerca di una certa interiorità mediante la creatività.

Da El Salvador a Milano. Quando e perché hai deciso di trasferirti in Italia?

Sono legata a Milano per motivi di studio e famigliari: ho svolto la mia ricerca per la tesi di laurea proprio qui e mi sono riunita ai miei fratelli che vi abitavano da anni. Oltre a questo primo approccio, Milano mi ha certamente offerto la giusta condizione per poter sviluppare i miei progetti artistici in l’Europa. Ma solo negli ultimi anni ho cominciato a conoscerla più da vicino.

Cosa ti manca del tuo paese di origine?

Mi manca il sole, l’aria calda, i sorrisi delle persone, il paesaggio di mare e i vulcani, la frutta tropicale... insomma, tutto!

Il tuo ricordo più vivido di quando eri bambina.

Nonostante sia cresciuta in un contesto di guerra civile ho ricordi bellissimi della mia infanzia negli anni Ottanta. Ricordo un artista amico di famiglia che veniva a farci il ritratto dal vivo ed io ero affascinata e colpita da quella magia!

Dove ti nascondevi quando desideravi essere trovata?

Da piccolissima mi nascondevo in una scatola di cartone che aveva un piccolo foro attraverso cui sbirciavo il mondo esterno. Crescendo, invece, ho preferito nascondermi sulla cima di un albero, oppure sdraiarmi sul tetto della mia casa a guardare il cielo. Era bellissimo! Nessuno mi trovava e del resto, io non volevo affatto essere trovata.

La paura che non ha raccontato mai a nessuno.

Non saprei... di solito le racconto.

Di che colore sono i sogni quando si realizzano?

Hanno i colori dell’arcobaleno.

E quelli che non si realizzano?

Sono grigi, perché restano sospesi per sempre.

Chi sei quando non dipingi?

Sono una donna che cerca di svolgere il suo ruolo all’interno di una famiglia, sono una maestra che cerca di far conoscere la meraviglia dell’arte ai propri allievi, ma comprendo che tutte le sfere della mia vita sono condizionate della visione che io ho del mondo come Artista.

Perché dipingi?

Perché ne ho bisogno.

Se non fossi una pittrice cosa saresti?

Probabilmente un’archeologa, una psicologa o un architetto.

Da dove nasce la tua ricerca?

Prevalentemente dal mio mondo interiore, tutto ciò che mi muove parte da me, dal profondo di me. È dentro di me. Poi, ovviamente, sono incuriosita da molte altre cose…

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

Ha un ruolo importante: la memoria privata, la memoria storica, la memoria culturale, sono sempre state il fulcro della mia ispirazione.

È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?

Vero, verissimo! L’artista pone una traccia di sé in qualunque maniera nella propria opera. Figurarsi poi, se si parla di autoritratto!

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

Dare al mondo la consapevolezza che si può essere coerenti con il proprio lavoro.

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

Il Ritratto di San Oscar Romero, arcivescovo martire di El Salvador. Per me rapresenta motivo di ispirazione per la sua vita e per la sua opera in favore di un intero paese che ha sofferto a causa della guerra civile. Personalmente ho avuto la fortuna di conoscerlo quando ero molto piccola e adesso da artista ho realizzato alcune opere in suo onore. Tra queste, una è ubicata nella chiesa Romana del Santissimo Sacramento, mentre l’altra è di proprietà di Papa Francesco.

Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Un po’ di tutto, precendentemente ero influenzata da autori latinoamericani.

Scegli 3 delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.
  1. El Salto (1996). Si tratta di un’opera di gioventù. Rappresenta il mio primo amore all’interno della disciplina artistica: “il disegno”. Ho avuto una grande passione per il disegno, soprattutto per lo studio della figura umana attraverso i modelli. In questo particolare lavoro, l’importanza va data al movimento del corpo, alla gestualità e alla traccia mnemonica che questo lascia nella mente dell’artista che osserva, e che lo traduce in un gesto grafico unico. Un gesto che sintetizza quel movimento e lo rende reale, cristallizzando l’istante. È interessante anche il liberarsi dalle proporzioni, dai canoni tradizionali, per poi giungere ad una sintesi in un salto che diventa quasi un volo.

  2. Il fuoco della Carità (2016). Ho scelto quest’opera perche segna un nuovo traguardo nella mia carriera artistica: l’incarico di un’opera da realizzare per l’altare della Basilica di Santo Stefano Maggiore a Milano. Lavorando su quest’opera ho vissuto esperienze di altri tempi. È stato faticoso ed entusiasmante riuscire a creare qualcosa di mio partendo un tema così sacro. Il ragazzino presente nell’opera è mio figlio.

  3. Autoritratto allo Specchio (2018/19). La parte più intima della mia intera produzione artistica consiste nella produzione di autoritratti. Molto prima di iniziare a studiare arte, avevo cominciato a praticarlo in maniera spontanea. Per me un autoritratto è una autobiografia per immagini, ed è anche una forma di meditazione. Attraverso l’autoritratto io mi confronto con me stessa, mi racconto e mi conosco. La pratica dell’autoritratto richiede una profonda introspezione. Ma è una fatica che poi ripaga con l’autocoscienza.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Ce ne sono tante di opere che avrei voluto realizzare io, ma ciò che conta è che siano contagiose. È meraviglioso trovarsi davanti ad un capolavoro e sentire una voglia immensa di correre a dipingere!

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

A dire il vero, nessuno, anche se trovo alcune biografie molto affascinanti. Ci sono artisti che mi colpiscono sia per la loro opera che per il tipo di vita che hanno condotto. Poi, però, penso che ognuno abbia un percorso completamente originale da compiere in vita, anche se talvolta scorgo similitudini tra le biografie di alcuni artisti, quasi come se si verificassero esperienze che definirei “universali”.

Un critico d’arte con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Ancora non lo so.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

Tre volte complesso.

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

L’artista fa arte come conseguenza del suo modo di vedere la vita e di viverla. La creatività è il suo pane quotidiano. Me la cavo bene cucinando!

Work in progress e progetti per il futuro.

A breve realizzerò una mostra importantissima a Roma, organizzata in collaborazione con la Santa Sede e L’Ambasciata di El Salvador. Protagonisti delle mie opere saranno i martiri della guerra civile del mio paese durante gli anni ’80.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.

Quello giusto, al momento giusto!