Teresa Torres De Eça nasce in un piccolo villaggio tra le montagne nel centro del Portogallo. I suoi genitori sono insegnanti della scuola primaria, Teresa è la minore di altri due fratelli, una sorella e un fratello. Tra i suoi ricordi più intensi, i giochi spensierati con i cugini, un clan di sette bambini che esplora la foresta giocando con la terra argillosa, disegnando nel fango con bastoncini di legno. La natura è il loro parco giochi e Teresa non ha mai dimenticato il senso di appartenenza al bosco, la sensazione di sentire la pioggia addosso nella luce dorata autunnale; il grigio e il freddo vento d’inverno sibilare tra i monti; i colori infiniti della primavera, l'odore dell'estate quando tutto sembra pietrificato dal sole cocente. Sono state le donne della sua famiglia a insegnarle questo senso di appartenenza alla madre terra.

Mentre sua madre, una donna forte e austera, la spinge con vigore ad essere sempre migliore, suo padre la incoraggia verso la sua inclinazione per l'arte visiva. Teresa confessa di non essere stata una brava studentessa, all’età di undici anni frequenta una scuola a Porto, un’adolescenza dove si delinea già un carattere ribelle e forte.

Il suo precoce interesse per i libri è un chiave di volta per “sopravvivere”, legge tanto, tutto ciò che si può leggere. I grandi punti di riferimento del tempo sono Dostoievsky, Tolstoi e Victor Hugo e un piccolo libro su come disegnare fumetti.

Nel ‘74, Teresa ha tredici anni, ed è in corso la rivoluzione, un periodo particolarmente pieno di fermenti, sta cadendo la dittatura e una incerta democrazia muove i suoi primi passi.

“All'improvviso un nuovo mondo si apre, ricordo le persone nelle strade e la sensazione meravigliosa che aleggiava ovunque, le caffetterie erano i luoghi di ritrovo dove i giovani discutevano del marxismo e dei cambiamenti in atto, mentre nelle piazze si svolgevano grandi manifestazioni. Come in tutte le fasi di transizione il Paese non era sicuro, per questo motivo la mia famiglia decise di trasferirsi a Parigi. Essere un’adolescente a Parigi negli anni della rivoluzione non era poi così facile, era tutto così... nuovo!” racconta con voce vibrante Teresa.

Inizialmente vive a Parigi nella Banlieue e successivamente nel Marais. Teresa in questo periodo frequenta i teatri mantenendo inalterata la sua passione per la lettura e scopre Nabokov, Zola, Henry Miller e Anaïs Nin.

Durante il giorno frequenta lezioni di Scienze al Lycée Sévigné, mentre la sera segue lezioni d'arte a Place de la République; Teresa è giovane e curiosa e frequenta attivamente il nuovo centro artistico del Beaubourg. È un periodo di grandi eventi socio-culturali, mostre e concerti e Parigi ne è il fulcro vibrante, sulla scia degli accadimenti del ‘68 con una popolazione cosmopolita e frizzante.

“Noi, le ragazze del Lycée Sévigné, stavamo scoprendo nomi come André Breton, Friedrich Nietzsche e Lautréamont e leggevamo continuamente. Il fervore del tempo suscitava e incitava alla cultura.” Con queste parole Teresa descrive perfettamente l’atmosfera e le vibrazioni culturali della Parigi di quegli anni. “Il mio primo insegnante d'arte era un pittore surrealista, Bernard Montagnana, credeva in me e mi ha incoraggiata e sostenuta. Lentamente ho preparato il mio portfolio, ma ho fallito l'esame di ammissione all'École Paul Boulle, e quasi superato quello dell’École Duperré con l'aiuto del Sig. Garand, il mio professore di disegno. Ottenni il voto massimo in pittura e un voto molto basso nell'esame di disegno. Alla fine del Liceo mi trovavo di fronte a due opzioni: iscrivermi a una facoltà scientifica o persistere nelle arti”, confida.

Teresa sin dall’infanzia è attratta dal mondo dei colori e, all’età di diciotto anni è intenzionata a entrare all’École des Beaux Arts di Parigi, ma sua madre decide di tornare in Portogallo, così entra nella Scuola di Belle Arti di Porto. Qui incontra grandi insegnanti che la hanno aiutato a trovare la sua espressione personale, soprattutto nella classe di Estetica, grazie al professor Herbert Read.

“Penso di aver fatto bene nello scegliere il percorso artistico, non ero abile nelle tecniche ma avevo uno stile personale e un potere espressivo intrigante. Subito dopo, infatti, sono stata chiamata a esporre in diverse mostre e ho lavorato per una galleria famosa a Lisbona. Non mi sono però mai sentita a mio agio nel circuito artistico di musei e gallerie, non sopportavo l'elitarismo e la vacuità dei discorsi che gravitavano nell’ambiente. L'arte per me non è un business, è un modo di vivere, un modo di respirare.” Parole, così dense, così cariche, così vere!

La sua curiosità intellettuale la porta sempre oltre e così scopre la ceramica. Suo padre, sempre presente, asseconda le sue inclinazioni e acquista una fornace per ceramica e, per circa quattro anni in un piccolo paese nel nord del Portogallo, Teresa si diletta nel produrre oggetti d’arte per un negozio di artigianato a Porto. Contemporaneamente inizia la sua carriera come insegnante d'arte nelle scuole secondarie e scopre il “mestiere” della formazione scolastica. Avendo un’impronta come pittore, sente l’urgenza di approfondire ulteriormente gli studi per capire il valore effettivo dell'arte come strumento di educazione alla conoscenza. Così si iscrive a un master in educazione artistica. Teresa è sempre molto attiva e non tarda a scoprire le arti digitali, che esplora con altri artisti, sperimentando nuove metodologie per promuovere esperienze collaborative.

L’insegnamento le consente di “vedere oltre”, sempre più convinta del valore della multidisciplinarietà nell’arte, attraverso un apprendimento condiviso. Essere artisti oggi significa utilizzare strumenti diversi in contemporanea e, questo per lei, è sempre più chiaro.

Eppure, qualcosa le procura nell’animo uno stato di insofferenza: Teresa non capisce o, forse, non accetta il modo in cui le arti vengono valutate. Così decide di seguire un dottorato alla Roehampton University di Londra sulla valorizzazione dell’arte.

Questi sono anni densi di fermento e di entusiasmo; è l’inizio del nuovo millennio, una grande speranza sul ruolo delle arti in ambito educativo si sta facendo varco. I suoi supervisori, John Steers dall'art area educativa e Cyril Weir, dall'area di valutazione, la incentivano a “leggere tra le righe”, ad essere aperta alla pluralità, a cercare le domande piuttosto che le risposte.

“Ho studiato molto sull'educazione artistica, sulla creatività e sul valore reale dell’arte, questo era il mio punto di partenza per essere un ricercatore”, afferma con decisione. Oggi, la visione di Teresa si è spostata verso l'arte come strumento attivo in ambito di formazione, educazione artistica e ambientale, arte come mezzo di coesione e inclusione sociale attraverso metodi di ricerca alternativi. Questi anni di esperienze le insegnano ad essere sistematica, ad approfondire la ricerca utilizzando le sue capacità artistiche e comunicative. Come insegnante nella scuola secondaria, essendo appunto una ricercatrice, migliora le sue relazioni con gli studenti. Come artista, invece, essere un ricercatore, l’ha aiutata a vedere l'arte come strumento di azione individuale e collettiva.

“Mentre stavo portando a termine il Master di dottorato, il Professor John Steers mi ha parlato di InSEA, la International Society for Education through Art. Sono andata al mio primo congresso InSEA a Poznań in Polonia, era il 1998, e lì ho incontrato persone come me, con la stessa mia inquietudine, con gli stessi miei sogni, con lo stesso mio credo. Questo è meraviglioso!”

Da allora, Teresa De Eça partecipa attivamente ai congressi che annualmente vengono organizzati da InSEA, le piace immensamente il confronto e l’ascolto, le presentazioni di professori provenienti da tutti i continenti. Fare nuove conoscenze, dialogare con colleghi educatori d'arte in un confronto sempre costruttivo. Una moltitudine straordinaria di storie, culture, tradizioni che è ricchezza assoluta.

“Immagino che qualcuno abbia notato la mia spiccata capacità di networking. Sono così stata invitata a far parte dell'European Regional Council, dopo essere stata consigliere mondiale, vengo eletta vicepresidente fino a detenere per ben due mandati consecutivi la presidenza dell’International Society for Education through Art.”

Per lei è stata una vera sorpresa essere eletta a tutti questi grandi ruoli, dal momento che non è un’insegnante universitaria, oltretutto originaria di un paese periferico. Teresa non cerca né prestigio né status, quelle cose non la hanno mai interessata, tutt’altro. La sua straordinarietà è insita nel suo stesso essere, ascoltare e connettere le persone, progettare, coordinare e fare rete. Una carica passionale strepitosa.

Occorre credere e riscoprire i linguaggi poetici - arti visive, danza, musica, letteratura, architettura, design…- e riconoscere loro la capacità di anticipare i tempi e di catturare l’essenza e la natura profonda delle cose. I linguaggi dell’arte possono intrecciare insieme il razionale, l’immaginario e l’emozionale, facilitando un apprendimento più ricco e completo. C’è una presenza poetica in ogni linguaggio o disciplina, anche in quelle che paiono più lontani dalle esperienze artistiche, come la matematica, la chimica, la fisica, l’ingegneria.

L’Arte rappresenta un bisogno primario per l’uomo, nonché la base dello sviluppo, dell’apprendimento e della vita stessa.

La creazione artistica rafforza la personalità dell’individuo aprendogli, nello stesso tempo, la strada per apprendere qualunque tipo di nozione e abilità, incluse quelle contemplate da un’istruzione più razionale e formale.

La scienza più complessa e la tecnologia più avanzata non farebbero progressi senza abilità creativa. Questo è il credo e la mission di Teresa Torres De Eça, donna geniale e controcorrente che ha trasformato il suo fare arte in strumento per il miglioramento della qualità della vita dell’essere umano.

Ho visitato molti luoghi, come funzionario esecutivo InSEA. Il mondo a volte sembra così vasto, in verità è piccolissimo, ogni posto ha caratteristiche simili. Ma naturalmente so che è nella diversità e nell’unicità dei piccoli luoghi, è nella ricchezza della diversità, che la cultura umana ha senso. Mi piacciono le mappe, le immagini cartografiche, perché in ogni piccolo punto possiamo immaginare paesaggi meravigliosi, sorrisi, canzoni, colori e le vite pulsanti delle persone. Penso che il significato delle nostre esistenze si esprima nei percorsi che abbiamo seguito, negli incontri che abbiamo avuto, nelle strade trasversali tra gli spazi che abbiamo visitato, nelle relazioni che abbiamo costruito e distrutto. Oggi, più che mai, ho bisogno della bellezza che risiede nelle cose semplici della vita, l’essenza.