In queste lezioni analizziamo perché è importante non fuggire dalle asana per noi più difficili e quali sono le risorse che abbiamo per affrontarle al meglio, ovvero:
- accettare il dolore - no conflict;
- presenza mentale - non giudicare;
- immaginare - creatività/il potere delle visualizzazioni.
A partire da questi specifici temi si capirà come praticare yoga ci possa aiutare a crescere anche a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana.

How the body changes the mind & Vice Versa

La prima cosa che ti insegnano a yoga è che devi ascoltare, prima di tutto il tuo corpo, e non superare mai i limiti che ti sta mostrando quando non riesci a piegare schiena, gambe, talloni o altro, quanto vorresti. Il dolore in particolare è la prima cosa da ascoltare e la prima da accettare, paradossalmente proprio per il nostro bene, ovvero per non farci male.

E ora pensate a

Pensate al dolore nella vita, quello vero, non solo fisico, ma anche emotivo e pensate: come sarebbe se cominciaste semplicemente ad ascoltarlo quel dolore, senza negarlo o rifuggirlo? E come sarebbe se piano piano cominciaste ad accettarlo e a renderlo parte integrante del vostro essere, invece di restare nel conflitto? Tutti noi vi assicuro, anche quelli più performanti di fianco al vostro tappetino, tutti, indistintamente, e tanto più alla prima lezione, ma anche dopo molte e molte lezioni, pretendiamo di essere molto più bravi e performanti di quanto siamo. Tutti infatti vorremmo essere perfetti in un mondo perfetto e senza dolore, senza conflitti, ma l’imperfezione e il dolore esistono e l’unico modo che abbiamo per superarli è non rifuggirli, ma andargli incontro. Avete capito bene.

Dobbiamo andare incontro al dolore, in-contro, non contro, ma in-cluderlo in noi, che vuol dire poi accettarlo. Si tratta di un percorso ovviamente e non si impara tutto alla prima lezione, ma, se vi vorrete abbastanza bene da continuare e sperimentare, potreste scoprire risorse inaspettate, aspetti di voi sconosciuti, ed evoluzioni non solo fisico-corporee.

Ancora oggi dopo tanti anni di pratica ci sono giorni che vorrei morire per la fatica che sento o per la difficoltà di accettare improvvise contratture. Per non parlare di alcune posizioni che, per quanto abbia imparato ad accettare di eseguire per quanto posso, ancora stuzzicano il mio ego e la mia smania di essere diversa da quella che sono. Una su tutte? Pascimottanasana, detta anche posizione della pinza. Ogni volta una lotta interiore tra accettazione e incredulità nel non riuscire ancora a chiudermi come vorrei, fondamentalmente senza sentire tirare da pazzi i tendini dietro le ginocchia, non riuscendo quindi a tenere le gambe e la schiena dritte, allo stesso tempo.

Appena provo ad allinearmi e allungarmi in avanti immediatamente parti del mio corpo escono fuori dal mio controllo e i piedi mi si girano verso l’esterno. E io che penso: “Possibile? Cosa sono? Storta? Da quando? – ma soprattutto – come diavolo faccio a raddrizzarmi?” Poi però ogni volta ripenso alla mia adorata prima insegnante di Ashtanga e a quando raccontò a tutti di averci messo 8 anni per riuscire a eseguire la posizione del piccione senza cuscini, coperte, mattoncini o quant’altro e, soprattutto, senza sentire più dolore, nonostante i tanti sostegni. Ecco, quel giorno ho avuto la mia prima personale illuminazione. “Ma come? Lei che è perfetta? Lei che ha un corpo di gomma? Lei che, a differenza mia, esegue perfettamente la posizione Eka Pada Rajakapotasana? Possibile? 8 anni? Altro che tirarsi un po’ facendo stretching mentre guardo un film - ho pensato - qui devo passare alle serie televisive più lunghe della storia dell’entertainment!”

Tutto questo per dire che quando vi sentite frustrati rispetto alle asana che per voi sono ancora impossibili da praticare come vorreste, avete almeno ben 4 carte da giocarvi:

1a carta. Ricordatevi delle asana in cui vi sentite forti, capaci e magari addirittura meravigliosi nell’eseguirle. Sono l’esempio concreto che potete conquistare qualunque vetta. È solo questione di pratica e tempo. Ognuno di noi ha un corpo diverso e quello che può sembrare impossibile a me può essere facile per un altro, ma... Vice VERSA!! Io, per esempio, sogno sempre ad occhi aperti la posizione di Shiva che danza sull’ignoranza del mondo (Natarajasana), non solo perché mi soddisfa riuscire a eseguirla bene, ma anche perché di solito pensando al suo significato, rimarrei lì, appesa a vita alla mia caviglia, se mi garantissero che l’ignoranza cosmica potesse scomparire. Che poi a ben pensarci, senza ignoranza non esisterebbe saggezza... (come direbbe la paraguru che è in me!).

2a carta. Ricordatevi che più una asana è frustrante e più dovremmo ricercarla per farla nostra con calma e attenzione, più vorremmo scappare da lei e più sarebbe importante per il nostro ben-essere, restare e praticarla, magari più a lungo delle altre, magari davanti alla fatidica serie TV (possibilmente senza Magnum nei paraggi!).

3a carta. Ricordatevi di respirare! Quando arrivate lì stringete i denti, si dice di solito. OK. O, ancora meglio, fate un grande respiro, affidatevi al vostro respiro, più sarà profondo e lento, più vi calmerà e più darà la forza ai vostri muscoli di ossigenarsi e tenere saldamente il tutto. Cercate di rilassarvi respirando, ma soprattutto non scappate. Fate un passo indietro piuttosto, in modo da non sforzare troppo, e sentirete che potete farcela. Il tempo di questo pensiero e sarete già OLTRE, ma più forti, più soddisfatti di voi e spero anche più amorevoli verso voi stessi.

4a carta. Usate la vostra immaginazione! E per saperne di più su questa misteriosa carta, vi rimando ai prossimi articoli.

In conclusione per oggi:

Restare e accettare il dolore del corpo è il primo passo per superarlo e per smettere di sentirlo così forte e vivo in noi, sia sul tappetino che nella vita.

Ecco il primo e tra i più commoventi per me segreti dello yoga.