Simone Crestani nasce nell’anno in cui George Orwell immagina un mondo controllato dal Grande Fratello (1984) e a differenza di quel mondo, rielaborato in favore dei dettami di un ipotetico regime, fonda la sua operatività nella culla della trasparenza e della verità della materia: il vetro.

Vicentino di Marostica, si applica alla lavorazione incandescente del borosilicato a lume, prima come allievo e poi come collaboratore di uno dei pionieri del rinnovamento estetico dell'arte vetraria: Massimo Lunardon.

Nel 2010, apre il suo studio ‘Atelier Crestani’. Nel 2018, viene insignito dell'onorificenza di ‘Talent du Lux’, riconoscimento tributato ogni anno dal Centre du luxe et de la création di Parigi, nella categoria ‘Talent de l'Audace’.

La sua semantica parte dalla natura e dai nuclei vegetali e zoomorfi neutralizzati del colore. L’aspetto formale dei suoi soggetti si sostanzia dei luoghi e dei contesti attraverso la possibilità che lo sguardo ha di transitare nei volumi plastici e al contempo eterei prodotti dal suo soffio.

Il potere del profilo delle sue sculture è insito nella iridescenza acromatica della membrana vitrea che cattura l’aria. La luce diviene dono dell’immagine all’acume dell’intelletto. Le parti tracciate dei corpi, delle sue poetiche raffigurazioni, esprimono la sospensione dello spirito e la forza ieratica dell’energia termica che le produce.

La posizione che Simone Crestani assume nell'arte è tesa alla protrusione del gesto fuori schema, oltre lo sforzo dell'atto. La mano plasma e il fiato alimenta, lo slancio che si controbilancia, in ogni esecuzione, per il principio armonizzante degli opposti. I temi che delineano la sua produzione si manifestano nel design di uso quotidiano e nella scultura.

In opere come Tensione Estetica o Glass Bonsai il corpo vegetale ha la forza muscolare della curva propulsiva che la natura le conferisce e si esprime attraverso l’epitelio vitreo, in sembianza radicante e ramificata, nell’evanescente armatura di luce creata da Crestani. La sospensione dal lavoro terreno della pianta, per il principio emotivo di una trama passionale tra cielo e terra, fa del soggetto vegetale un giocatore tattile e prensile delle incandescenze luminose insite nell'atmosfera.

I legami e le tensioni, tra il fragile e il nerboruto, accavallano e sovvertono la forza gravitazionale attraverso funi che approdano ai confini di quinte che sono la scena aperta di una storia tra l’albero soffiato e avvinghiato e il percorso dello sguardo dello spettatore. Tali germinazioni hanno ulteriori sviluppi al microscopio dell’immaginazione di Simone che esprime l’universo molecolare ingigantendolo a uso dei volumi riflettenti o portanti, degli oggetti di uso comune, quali specchi o console, o come vere sculture senza finalità alcuna se non quella di emozionare.

L’elemento zoomorfo raggiunge la sua congiunzione con l’umano nel progetto Acteon, personaggio della mitologia greca che viene trasformato in cervo dalla dea Artemide. La testa trofeo di Atteone (Acteon), è declinata in corna e tratti somatici differenti a seconda della rappresentazione che di esso, l'autore vuole dare. Di fatto l’elemento protesico delle corna raggiunge estensioni inimmaginabili per il vetro borosilicato e questo grazie alla sapiente capacità di lavorazione del maestro vicentino. Acteon fonde la trasparenza con l’opalino a realizzazione della somma maestosità di questa rivisitazione possente e al contempo fragile del mito.

Il mondo animale e quello vegetale sono per Crestani quel fraseggio ritrattistico legato allo scambio tra visione e sentimento ‘dell’umano in ogni dove’. Il contatto con la forma e la sua elaborazione plastica sono esempio di dignità presente dalla superficie sino agli anfratti fisiognomici del creato.

Il vetro è la porta d’ingresso della luce attraverso la forma. Le sculture di Crestani sembrano deflorate dal colore che s’impossessa della loro disarmante neutralità per risiedere fugacemente all’incrocio tra trasparenze giustapposte, come radiografie dell’aria, per rilevare quali siano gli organi ‘intaccati’ dai sentimenti posti in evidenza dal ‘controluce’.