Non sarebbe una cattiva idea in occasione di questo Natale quella di riprendere tra le mani, o prendere per la prima volta se non lo si è fatto prima, i Vangeli. Basta cercare in casa, perché da qualche parte ce ne è sicuramente una copia, involontariamente nascosta o dimenticata: anche nell’abitazione del più laico degli uomini e forse anche in quella dell’ateo, tra le cose lasciate da una mamma o da una nonna devota, probabilmente non manca.

Io l’ho trovato tra i libri appartenuti a mia madre. È un volumetto un po’ malandato, un’edizione del 1919 della Pia Società di S. Girolamo per la Diffusione dei Santi Vangeli, stampata dalla Tipografia Poliglotta Vaticana. In prefazione è spiegato che si intende mettere il Vangelo alla portata di moltissime persone che fin qui stentavano a trovarlo; poiché molte edizioni son divenute rare, ed altre, per le condizioni poco felici del popolo minuto son troppo costose. Un’edizione economicissima, dunque.

Se non lo si trova è l’occasione buona per comprarlo. Potrebbe essere perfino un’idea per un regalo. E forse nella notte di Natale tra gli impegni di cene e regali, dopo la piacevole fatica dell’allestimento del presepe, un piccolo spazio potrebbe essere destinato alla lettura della narrazione di Luca della notte magica con l’apparizione dell’angelo del Signore ai pastori che vegliano di notte per custodire le greggi. Chissà che, una volta trascorso il buonismo e i buoni proponimenti festivi, non arrivi il desiderio di leggerlo, aprendo il volume a caso, o addirittura di goderlo dalla prima pagina del primo Vangelo di Matteo all’ultima del quarto di Giovanni.

Chi non lo ha mai letto, o lo ha letto e ascoltato in tempo così lontano da averne dimenticato la forza comunicativa, ne resterà probabilmente stupefatto. La straordinaria forza della scrittura dei Vangeli sta nella disarmante semplicità della sua sintassi che l'ha resa sempre attualissima, al di sopra degli stili e delle stagioni letterarie che in duemila anni si sono avvicendate nelle storie delle letterature. È una scrittura che ha sostenuto e alimentato costantemente la fede, le conoscenze e la partecipazione emotiva dei più semplici, dei miti, di tutti quelli dei quali Gesù celebra le beatitudini nel seducente Discorso della montagna.

La scrittura dei Vangeli con la sua semplice linearità è restata costantemente parallela agli sviluppi dottrinari, teologici e filosofici che nel corso dei secoli si sono dedicate alla figura del Cristo, al Cristianesimo, all'evangelizzazione. Concili, convegni, dispute dottrinarie, indagini storiche e filologiche, ricerche teologiche e scientifiche, non hanno mai smesso di accendere l'interesse intorno ai temi cardini del Cristianesimo e ai precetti sui quali di volta in volta costruire, rinsaldare o rinnovare i cammini della fede e della liturgia.

Ernest Renan, autore di una Vita di Gesù pubblicata nel 1863, che destò e desta ancora perplessità e polemiche per una impostazione della figura di Cristo al limite dell'eresia, scrisse che il Vangelo di San Luca era il libro più bello che fosse mai stato scritto. Pier Paolo Pasolini confessò di avere fatto il suo film Il Vangelo Secondo San Matteo, nel 1964, per un incontro quasi fortuito avuto coi Vangeli ad Assisi. A cinquanta anni dall'uscita del film, l'Osservatore Romano lodò l'umanità febbrile e primitiva portata sullo schermo che aveva conferito un vigore nuovo al credo cristiano. La scarna e ruvida essenzialità dei personaggi, le facce di poveracci segnati dalla fatica, la rinuncia a qualsiasi concessione al bello, la litica durezza dei Sassi di Matera dove il film fu ambientato, sorpresero e scioccarono il pubblico dei benpensanti. Ma il film in qualche modo si ispirava proprio alla estrema e scarna semplicità della scrittura dei Vangeli.

Il miracolo del testo dei Vangeli è anche nella sua incredibile forza di coinvolgimento transgenerazionale, capace di affascinare con lo stesso magnetismo il diversissimo e variegatissimo pubblico al quale nel tempo si è rivolto. Forse proprio in questi tempi di rimontante odio razziale, di visibile fastidio, se non avversione, per chi appare diverso, di prevaricazione su tutto e tutti delle leggi della finanza, di malcelata ipocrisia, di predominio dell’apparire e della vanità, di dilagante violenza, di intolleranza, di disperazione di chi lascia la propria terra tormentata dalle guerre e dalla fame, è più che mai necessario tornare a leggerli. Proprio in questi tempi, infatti, sarebbe il caso di ricordare queste parole di Gesù riferite da Matteo: Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, ero pellegrino e mi ospitaste, nudo e mi copriste, infermo e mi visitaste, ero in carcere e veniste a trovarmi.

Tra l’altro, al di là dei miracoli, delle guarigioni, degli insegnamenti, delle parabole e soprattutto delle affascinanti testimonianze sulla vita di Cristo, i Vangeli sono segnati anche da una vena di fiducia nel futuro e di ottimismo. Nel Discorso della Montagna c’è un caloroso invito di Gesù all’uomo a non affliggersi per le incertezze del domani. “Non vi angustiate, dunque dicendo: Che mangeremo? Che berremo? Oppure di che vestiremo?... Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, né raccolgono nei granai: eppure il Padre vostro celeste li nutre: e voi non valete più di loro?”

Un Natale con il Vangelo. Perché non provare?