Wolfgang Amadeus Mozart viaggiò spesso in Europa: il suo primo periodo all’estero (iniziato quando aveva sette anni) durò addirittura tre anni e mezzo, dal 1763 al 1769, tra Germania, Belgio, Francia, Inghilterra, Olanda e Svizzera.

Leopold “esibiva” il suo bambino prodigio come clavicembalista per ottenere guadagni e onori. E andò bene, visto che al ritorno a Salisburgo, il piccolo Wolfgang era diventato celebre in tutta Europa per il suo incredibile virtuosismo. Era nata la leggenda del “divin fanciullo” che sarebbe entrata nell’immaginario della cultura occidentale.

La meta più ambita era però l’Italia, la patria riconosciuta delle lettere e delle arti, soprattutto della musica. Tra il 1769 e il 1773, Wolfgang e Leopold compirono tre viaggi in Italia. Nel dicembre del 1769 Leopold e un Wolfgang appena quattordicenne, partirono per il primo “Grand Tour” della Penisola, che durò sedici mesi; furono a Verona, Milano, Firenze, Roma e infine Napoli, dovunque mietendo successi.

La Napoli del Settecento viveva allora uno dei periodi più prosperi della sua storia. Dopo l’ascesa al trono di Carlo di Borbone, era diventata la meta di artisti famosi in ogni campo, dalla pittura, alla scultura, all’architettura. Ma la città era innanzitutto la capitale della musica europea e vantava un avanzato sistema di studi musicali (i quattro conservatori) dove insegnavano i più grandi compositori del tempo, e dove arrivavano allievi da tutta Italia e dall'Europa. Era perciò naturale che Leopold Mozart (sempre alla ricerca di una sistemazione per sé e per il figlio) ritenesse importante per Wolfgang inserirsi in un ambiente tanto ricco di stimoli intellettuali e di opportunità. Ma il problema era proprio la concorrenza, tanto che in una lettera al figlio, Leopold scrisse: «Adesso la questione è solo: dove posso avere più speranza di emergere? Forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 Maestri [...] o a Parigi, dove circa due o tre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulle punte delle dita?».

A Napoli i Mozart rimasero per sei settimane, dal 14 maggio al 25 giugno 1770; appena giunti contattarono Lord Hamilton, l’ambasciatore britannico (conosciuto a Londra), e Bernardo Tanucci, primo ministro del re Ferdinando IV, per chiedere di essere ricevuti a corte. Nell’attesa, Leopold non perdeva occasione di far suonare Wolfgang in pubblico: un aneddoto racconta che, mentre suonava al Conservatorio della Pietà de’ Turchini, i presenti insinuarono che il suo strabiliante virtuosismo fosse dovuto alle virtù magiche di un anello portato al dito dal ragazzo, che però lo tolse dimostrando di essere bravo senza aiuti soprannaturali.

Il giovanissimo Wolfgang rimase profondamente affascinato da Napoli: gli piaceva girare per le strade piene di gente, ascoltare i richiami dei venditori, osservare i nobili che passeggiavano sul lungomare. Ma ciò che fu più importante fu il contatto con il milieu musicale: suonò sia nei luoghi pubblici (ai Turchini e alla Cappella Palatina di Portici) che in case private (un famoso quadro lo ritrae mentre suona a casa di Lord Fortrose, un amico di Hamilton) e andò a vedere le opere che si davano al Teatro San Ferdinando e al Teatro di San Carlo. Assistette alla prima rappresentazione dell’Armida abbandonata di Niccolò Jommelli, e ne fu molto bene impressionato, anche se la giudicò “troppo seria per il teatro”. Lodò le innovazioni di Tommaso Traetta, Pasquale Cafaro e Ciccio de Majo, e gli piacquero le opere buffe di Cimarosa e di Paisiello: da quest’ultimo, secondo Hermann Abert, il giovane Mozart apprese nuovi mezzi espressivi oltre che “l’uso drammatico-psicologico degli strumenti”.

Non mancarono di visitare il Vesuvio, gli scavi di Pompei, e poi Baia, Ercolano, la tomba di Virgilio, il lago Fusaro; tutti luoghi che riempirono gli occhi e il cuore dei due Mozart. Tuttavia, poiché l’atteso invito a suonare davanti al re non arrivava, e Leopold decise che non si potevano trattenere più a lungo nella città. Il bilancio del soggiorno fu comunque positivo: se è vero che Ferdinando IV non li ricevette a corte (li incontrò di sfuggita nella Reggia di Portici), è anche vero che il pubblico napoletano celebrò il Mozart giovane concertista. Ma furono soprattutto gli scambi che ebbe con i grandi compositori della Scuola Napoletana, che rappresentavano l’apice della musica internazionale, e con l’ambiente culturale che li circondava, ad avere una grande influenza sulla sua maturazione artistica. Lui stesso confessò l’ammirazione che aveva per la città quando qualche tempo dopo scrisse: «Quando avrò composto un’opera per Napoli mi si ricercherà ovunque: con un’opera a Napoli ci si fa più onore e credito che non dando cento concerti in Germania».