Grandi tele, immagini astratte che intersecano la realtà. Microcosmi custoditi in segni precisi e, al contempo caotici, che restituiscono il significato del tempo.

È pura emozione trovarsi di fronte alle opere dell'artista tedesco Albert Oehlen esposte a Venezia a Palazzo Grassi nella splendida personale dal titolo Cows by the water. La mostra curata da Caroline Bourgeois, con le 80 opere provenienti dalla collezione Pinault e da importanti collezioni private e musei internazionali, sta riscuotendo un grande interesse di pubblico.

Il percorso espositivo, concepito insieme all’artista appositamente per gli spazi di Palazzo Grassi, non segue un ordine cronologico ma un ritmo sincopato tra i diversi generi, a voler rappresentare il ruolo della musica nella produzione di Albert Oehlen, metafora del suo metodo di lavoro dove contaminazione e ritmo, improvvisazione e ripetizione, densità e armonia dei suoni, diventano gesti pittorici.

Albert Oehlen è nato nel 1954 a Krefeld, Germania. Vive e lavora in Svizzera. Dal 1978 al 1981 studia alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo e, dal 2000 a 2009, insegna pittura alla Kunstakademie di Düsseldorf. Le opere di Albert Oehlen sono state esposte in numerose mostre personali e collettive presentate in istituzioni in tutto il mondo – tra le altre al Museo Nacional de Bellas Artes a L’Avana nel 2017, al Cleveland Museum of Art e al Guggenheim di Bilbao nel 2016, al New Museum di New York nel 2015, al Museum Moderner Kunst di Vienna nel 2013, al Kunstmuseum di Bonn nel 2012 e al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel 2009. La mostra a Palazzo Grassi è la più grande monografica dedicata, in Italia, all’artista.

Sebbene Oehlen si sia sempre sottratto dall'essere etichettato come appartenente un movimento artistico specifico, l'artista è diventato nel tempo uno dei protagonisti della pittura contemporanea grazie a una ricerca in continua evoluzione dedicata al superamento dei limiti formali e alle sperimentazioni, più che al soggetto dell’opera.

Come ricorda la curatrice della mostra Caroline Bourgeois: “Albert Oehlen è un artista che ama perseverare. Se i temi ritornano è per approfondire, testare il suo lavoro, riprenderlo per metterlo in discussione e trattarlo ogni volta in modo diverso”. Ma il quadro giusto nasce anche da un errore imprevedibile, da un momento di distrazione che diventa il senso dell'opera come osserva lo stesso Oehlen. “Certo, abbiamo sempre la tentazione – tutti, credo, in ogni caso io – spiega l'artista - di pensare che se avessimo veramente il tocco magico il quadro si dipingerebbe da solo. Come sarebbe bello allontanare la disperazione semplicemente seguendo alla lettera un’idea, un’idea che nessuno comprenderebbe e che non verrebbe mai rivelata. Ma in realtà, quando si lavora su un dipinto per un mese, si trascorrono trenta giorni di fronte al quadro più brutto del mondo. Nel mio lavoro sono perennemente circondato dai dipinti più spaventosi. È vero. Vedo solo brandelli di una bruttezza insopportabile che all’ultimo momento, come per magia, si trasformano in qualcosa di bello”.

Lo storico dell’arte Jean-Pierre Criqui suggerisce nel suo testo in catalogo, di “vedere le opere di Albert Oehlen come territori. In realtà, l’impressione di confine, limite, riorganizzazione è molto frequente. La legge segreta - mai enunciata, incessantemente modificata - che presiede a queste creazioni è quella del palinsesto, della sedimentazione, degli strati sovrapposti, molto spesso anche dell’interferenza”.

La mostra a Palazzo Grassi è la più grande monografica dedicata in Italia ad Albert Oehlen, già protagonista di importanti esposizioni in tutto il mondo – tra le altre al Museo Nacional de Bellas Artes di L’Avana nel 2017, al Cleveland Museum of Art nel 2016, al New Museum di New York e alla Kunsthalle Zürich nel 2015, al Kunstmuseum di Bonn nel 2012 e al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel 2009.

In occasione della mostra, Albert Oehlen ha presentato lo scorso 8 aprile una painting performance per tutta la durata della mostra il progetto “Cofftea/Kafftee”.