Inaugura il 1 ottobre a Palazzo Te a Mantova (e sarà aperta fino al 7 gennaio 2018) una straordinaria mostra dedicata all’industriale comasco che ha realizzato un’impresa e una Fondazione riconosciuta nel mondo, mettendo sullo stesso piano la produzione, la creatività d’impresa con l’arte e la cultura.

La mostra restituisce la poliedricità di questo personaggio che investendo nella formazione delle risorse umane e nella valorizzazione del tessuto come arte, ha dato risalto alla qualità. Il percorso della mostra si snoda nelle sale monumentali di Palazzo Te e si sviluppa negli spazi delle Fruttiere. Spiega Annie Ratti, Presidente Fondazione Antonio Ratti e, con Lorenzo Benedetti e Maddalena Terragni, curatrice dell’esposizione: “Questa mostra è unica nel suo genere e vuole mettere in risalto la qualità che esiste in Italia, qualità di cui ci dimentichiamo ma, oggi come oggi, è fondamentale sottolineare l’unicità di questa italianità. E aggiunge “ A rappresentare questa unicità dell’Italia, c’è la figura di Antonio Ratti. È vero, perché era un uomo che credeva in tante cose, prima di tutto nella qualità del prodotto, dei rapporti umani, la qualità del lavoro. In questa qualità lui ha messo davanti l’arte e la cultura che erano strumenti di lettura del presente e anche strumenti per raggiungere questa qualità nella sua manifattura”.

Dalla ricca collezione di reperti antichi e storici della Fondazione ai grandi archivi dell’azienda, dalla storia dell’azienda con molti scatti immortalati dal fotografo industriale Roberto Zabban, all’importante produzione di disegni di Antonio Ratti, da quelli a mano libera a quelli tecnici fino a quelli finalizzati ai progetti. Tutto questo costituisce l’ampia esposizione. Senza contare l’arte contemporanea presente con opere di artisti coinvolti nei diversi decenni nelle numerose attività della Fondazione, da John Armleder a Giulio Paolini.

La parte esterna di Palazzo Te ospita installazioni di diversi esponenti da Yona Friedman a Matt Mullican o a Liliana Moro. Annie Ratti ricorda suo padre: “La storia della presenza dell’arte e della cultura non è solo in Fondazione Ratti ma nasce già negli anni Cinquanta nell’azienda quando, dopo avere realizzato una palazzina dei servizi che era una palazzina multimediale perché diventava mensa ogni giorno e poi mio padre creava dei laboratori e delle attività nel pomeriggio e nei weekend e ospitava degli spettacoli, da Carmelo Bene a concerti di jazz americani, al teatro NO giapponese. Io ero ragazzina e non mi rendevo conto di quanto tutto questo fosse importante. Offrire agli operai, agli ospiti, agli amici questa possibilità di interagire e di conoscere il mondo era una visione unica e anche all’avanguardia. Arte e cultura nella quotidianità che diventa insegnamento e condivisione”.

E la Fondazione? “È stata inventata da mio padre e raccoglie una collezione tessile unica che sarà esposta alla mostra, unica perché è stata creata non in maniera storica, ma con una passione, la sua passione per i tessuti che l’hanno portato ad acquisire nei diversi periodi della sua vita, tra arte o piccoli mercati o spazi di antiquariato, questa collezione che è unica nel suo genere e poi Maddalena Terragni che è la curatrice della parte tessile ha interpretato sia il pensiero di mio padre che la collezione”.

Quindi l’arte ha seguito il percorso di Antonio Ratti sia dall’inizio. Nasce come appassionato disegnatore, un interesse che lo ha accompagnato durante tutta la sua esistenza e poi è nata la Fondazione che, come ricorda Anni Ratti “è uno strumento libero e in grado di creare corsi di formazione per giovani artisti e corsi per il design e questa raccolta è stata ed è a disposizione di studiosi, ricercatori, disegnatori. Dal 1985 esiste un corso per i giovani artisti che io dirigo, nato inizialmente per i giovani artisti italiani che non avevano le stesse possibilità dei loro colleghi stranieri ma che ora si possono confrontare con colleghi internazionali. Gli artisti che sono venuti da noi hanno suscitato il nostro interesse e li abbiamo scelti per quello che potevano trasmettere. Per noi è importante l’idea di trasmettere e condividere. E dico sempre che l’arte non si insegna ma si vive insieme”.