Masticare è un’antica abitudine di cui abbiamo perso consuetudine da troppo tempo. Osservando le persone quando mangiano, si può notare che masticano un boccone soltanto due o tre volte, cinque o sei se proprio va alla grande. Masticare è una funzione essenziale, non solo per ridurre il cibo in una poltiglia meglio utilizzabile a livello digestivo, ma anche per consentire agli enzimi presenti nella saliva di svolgere la loro funzione antibatterica e di scomposizione dei carboidrati. Masticare a lungo consente di mangiare meno e di trarre al contempo il massimo beneficio a livello nutrizionale dal cibo, restituendogli la dignità di strumento di benessere e salute che si è andata perdendo. Masticare a lungo può fare la differenza tra la salute e la malattia, ma anche tra la vita e la morte, come comprenderete dal racconto che segue.

Nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, mio padre Luciano, ufficiale dei Bersaglieri, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre del 1943 venne fatto prigioniero in Albania ad opera delle truppe tedesche, e deportato in Polonia, nel campo di concentramento di Treblinka. Potete immaginare le terribili condizioni di vita che si trovò ad affrontare, soprattutto nel periodo invernale, con le baracche talmente fredde che il gelo si formava addirittura all’interno dei vetri delle finestre, l’abbigliamento a dir poco inadeguato, e il cibo del tutto insufficiente.

Mio padre mi raccontava che erano tutti perennemente affamati e intirizziti, e a nulla serviva stringersi gli uni agli altri per cercare di alzare la temperatura corporea. La razione quotidiana di cibo era costituita a colazione da una tazza di caffè di cicoria e da una fetta di pane ammuffito, a pranzo e a cena da una gavetta di brodaglia in cui c’era ammollata una patata e qualche altra verdura dal sapore e dal colore irriconoscibili, che una volta a settimana veniva integrata con un improbabile pezzetto di carne, di cui per decenza tralascio l’origine. Non passava giorno senza che qualcuno morisse d’inedia o di assideramento.

Fu allora che mio padre fece una scoperta che avrebbe concorso a salvargli la vita: quando aveva sete, istintivamente tratteneva l’acqua in bocca e la “masticava” per intiepidirla prima di deglutirla. Normalmente la masticava dalle 10 alle 15 volte. Un giorno che l’acqua era particolarmente fredda, la masticò addirittura 50 volte, e questo oltre a calmargli immediatamente la sete, lo fece sentire più in forze. Dapprima pensò che fosse solo la sua fantasia, ma dopo ripetuti esperimenti in tal senso si rese conto che invece si trattava di una stupefacente realtà. Seppur perplesso, come poteva della semplice acqua fornirgli energia? Non solo continuò, ma estese questa pratica anche al cibo, dapprima masticando ogni boccone 50 volte, poi 75, 100, 150, 200, 300……… e a volte anche oltre. Mi precisò che la sua personale soglia critica era data dal raggiungere le 150 masticazioni a boccone, dopo le quali poteva continuare quasi all’infinito, ottenendo sempre maggior energia.

Condivise con molta euforia la sua scoperta con gli altri componenti della sua baracca che non lo presero affatto sul serio, pensando che la fame lo avesse fatto andare fuori di testa. Solamente tre dei suoi amici più stretti si unirono a lui nelle sedute di masticazione, giungendo tutti alla stessa conclusione, e cioè che con questa tecnica si sentivano più energici, meno affamati e persino più caldi. Dopo due anni e mezzo di campo di concentramento, nel 1946, i prigionieri vennero liberati dall’esercito americano e mio padre tornò a casa che pesava 35 chili, denutrito ma vivo, e senza alcuna significativa patologia in atto. Dei compagni di baracca di mio padre ne sopravvissero pochissimi, e tra questi c’erano tutti e tre gli amici che avevano praticato insieme a lui la masticazione lenta.

Ricordo che anche a distanza di molti anni da quell’orribile pagina di storia, quando mio padre si trovava a raccontare l’esperienza della prigionia, il che di solito avveniva alle manifestazioni organizzate dall’associazione italiana ex internati, non mancava mai di sottolineare che se era sopravvissuto, lo doveva in gran parte alla tecnica di masticazione che aveva scoperto e sperimentato. A onor del vero devo dire che tutte le volte che ho inserito questa tecnica nella mia pratica di vita quotidiana ho sempre avuto riscontri altamente positivi, e quando me ne sono allontanato, la mia salute ne ha sempre sofferto sensibilmente.