Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… con la dichiarazione del padrino Mariano Arena al capitano Bellodi incaricato dell'indagine di assassinio, Sciascia delinea inesorabilmente le categorie nelle quali si suddivide il genere maschile dell'essere umano. E delinea ancora di più l'idea di un modello di riferimento al quale tendere, far parte dei “pochissimi”.

Così come in due categorie si dividono gli uomini allorché alla nascita, nella Sicilia più vera, gli si pone davanti un vassoio con una chiave e un coltello e a seconda di cosa toccherà il bambino, si schiuderà inevitabilmente il suo destino. La sua azione di scelta predestinata nello scegliere l'oggetto rivelerà se la sua vita sarà nella legge toccando la chiave o nella malavita se prenderà il coltello.

La scelta di Roberto Riccardi fu chiara fin da ragazzino, fu la scelta dettata da Sciascia nel Giorno della Civetta fu la scelta della chiave se fosse stato messo di fronte al rituale della tradizione familiare siciliana. Quella chiave che tutt'oggi è fiero di stringere nella sua carica di Colonnello dell'Arma dei Carabinieri. Sicuramente personaggio non di facile lettura, complesso e introspettivo ma allo stesso tempo capace di una ironia che sottende a un'arguzia direi machiavellica. Riccardi è molte persone in una. È comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri di Livorno, attraverso un percorso professionale che parte da ragazzino, dalla scuola di formazione militare “Nunziatella” di Napoli, istituzione che dal 1787 per tre secoli nel settore dell'alta formazione sociale è stata dichiarata nel 2012 "Patrimonio storico e culturale dei Paesi del Mediterraneo" e che lo porta alla carica di oggi vedendolo impegnato in mansioni in Sicilia, Calabria, Lazio, Toscana e nei Balcani.

Ma accanto, e guai a pensare che dietro al Riccardi uomo di legge esista un Riccardi alter ego che di mestiere fa lo scrittore, il saggista, il romanziere, è stato direttore della rivista Il Carabiniere fino al 2014. Naturalmente i suoi libri nascono attingendo dall'esperienza professionale, quindi raccontano di mafia, di omicidi, di investigazioni, di criminali di guerra prelevati dopo la fine dei conflitti nei Balcani. Il Tenente Liguori, senza ombra di dubbio avatar del Colonnello Riccardi, è il protagonista di una serie di noir pubblicati dalla casa Editrice E/o, che attraverso i titoli Undercover, niente è come sembra, Venga pure la fine e La firma del puparo vede il nostro protagonista impegnato in operazioni estreme sul fronte delle guerre internazionali e degli intrighi compiuti dalla Onorata Società.

Liguori è un carabiniere che ci intriga per come insieme allo svolgimento impareggiabile del suo lavoro non manca di soffermarsi con vera passione sull'arte, la musica e l'amore. Ecco, pensandoci, credo che sia proprio la passione il fil rouge che traccia la vita di Riccardi. Passione per il lavoro, per gli interessi personali e passione per le storie delle persone, che abbraccia in modo totalizzante. Alla fine ogni uomo che è diventato soggetto letterario è entrato nella sua vita fino a farne parte di essa, quasi una “famiglia”, in continua crescita. Alberto Sed, il protagonista di Sono stato un numero, Alberto Sed racconta [1], adesso è come un padre putativo per Roberto. Insieme, durante la stesura del racconto, hanno fatto due percorsi paralleli, per lo scrittore, quello di attraversare gli orrori della shoah condotto per mano da chi li ha vissuti e per il protagonista quello più importante, di liberazione, attraverso le “sedute di ricordo” da quel peso opprimente rimasto incastrato dentro pervadendone tutto il suo corpo.

Riccardi lo ha aiutato ad attraversare quel cancello di ferro, che incitava a un “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi) dove invece l'unica libertà era di decidere di morire. Grazie all'esperienza letteraria con Riccardi, oggi Alberto Sed è stato insignito dal presidente Sergio Mattarella dell’onorificenza di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il contributo che instancabilmente offre come testimone dell'Olocausto, attraverso incontri nelle carceri e nelle scuole. L'analisi sull'Olocausto non si ferma con questo libro per il nostro autore ma ne scandaglia le testimonianze anche con altri lavori tutti editi da la Giuntina di Firenze, l’unica casa editrice europea specializzata in cultura ebraica.

Oltre a tutto ciò esperienze in campo musicale non potevano mancare, quindi lo vediamo anche nei panni di chitarrista e di scrittore di musical, ebbene sì, un musical sulla vita dell'eroico vice brigadiere dei Carabinieri Salvo D'Acquisto, ancora in un cassetto in cerca di produttore. Rimane facile immaginarsi alla fine di tutto ciò un personaggio autoritario e impegnato, in realtà il fanciullino pascoliano è vivo e memore delle goliardate dei tempi giovanili ancora oggi fa capolino, così come si diverte quando racconta se stesso: “Sono nato a Bari nel 1966 da famiglia di provata normalità, fin da bambino mostrai preoccupanti segni di propensione alla scrittura. Grazie a un’efficace azione di contenimento a opera di amici e parenti, riuscirono a non farmi pubblicare nulla fino al 2009. Poi la gabbia si aprì... Da allora il tutto è stato scandito da un’inspiegabile serie di premi, che mi portano ad aggirarmi per librerie e festival farfugliando frasi del tipo: 'Finché vinco gioco!'”.

Prendendo in prestito le parole di Pascoli potremo rispondere a Roberto Riccardi: “No no, non temere. Tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con maraviglia, tutto come per la prima volta”.

[1] Sono stato un numero, Alberto Sed racconta, Ed. Giuntina, Firenze