Sindacalista per convinzione e per la difesa di valori di equità e giustizia, è diventata, da delegata sindacale, segretaria confederale della più grande Camera del Lavoro italiana ed europea. Sanità, Ambiente, Salute e Sicurezza sul lavoro e Politiche di Genere sono i problemi per cui s’impegna e si batte con passione nella grande area metropolitana milanese.

Cosa vuole raccontarci di lei?

Del mio impegno per i diritti sul lavoro, i diritti civili e per le pari opportunità. La mia famiglia è di origine contadina e operaia, io sono sindacalista per convinzione, la mia prima tessera CGIL risale al 1978. Quando ho sottoscritto quella delega avevo 20 anni e sapevo che quei valori mi appartenevano dalla nascita. Non avevo esperienze precedenti strutturate e neanche militanze in gruppi politici o altro, entravo in quel momento nel mondo del lavoro dopo gli studi, ma ho immediatamente sentito la mia appartenenza a quella classe sociale e il bisogno di sostenerne diritti e rappresentanza, nel pieno convincimento dell’importanza dei valori sindacali. Quel momento ha segnato il percorso anche professionale della mia vita e da delegata sindacale della FILCAMS-CGIL (commercio) dopo circa 10 anni, sono passata a tempo pieno a lavorare per la CGIL. Inizialmente con un ruolo tecnico, ma dopo qualche anno di esperienza come apparato negli uffici vertenze, ho ricevuto la proposta di iniziare un percorso politico nel sindacato milanese dei Chimici che è proseguito negli anni successivi nella categoria dei Tessili. Negli ultimi 8 anni ho ricoperto il ruolo di Segretaria confederale della più grande Camera del Lavoro d’Italia e d’Europa. Le deleghe che mi sono state assegnate sono di rilievo: Sanità, Ambiente, Salute e Sicurezza sul lavoro e Politiche di Genere. Questa esperienza ha segnato un notevole salto di qualità sotto il profilo politico. Il punto di osservazione milanese, la sua piazza, il suo fermento e la sua storia sindacale mi hanno permesso di creare una rete di rapporti con il mondo politico, istituzionale e universitario che ha consolidato tutto il mio percorso sindacale e personale.

La sua immagine esteriore come “personaggio” e il suo sentire come “persona”

La mia immagine esteriore è difficile che la definisca io, ma ci provo. Il mio carattere passionale mi porta a entrare nel cuore dei problemi e perseguirli senza fermarmi, guardando agli ostacoli come sfide e mai come deterrenti. Questa mia caratteristica non mi ha fatto trovare solo “amici” lungo il percorso, anzi, la verità è che spesso mi sono imbattuta con la superficialità e con una certa sottovalutazione di stile “maschile” che non trovava nella mia figura, anche esteriore, una corrispondenza con lo stereotipo del sindacalista tradizionale.

Si sente di raccontare il suo sogno?

Il superamento di stereotipi di genere, per far vivere in questa società che viene dal buio, la femminilità, soffocata, nella storia pubblica e privata, dal potere economico e politico maschile. Per fare questo occorre liberare i sentimenti e il cuore di donne e uomini.

Per lei il piacere è…

Condividere un progetto e creare rete per la sua realizzazione.

La donna oggi: liberazione o integrazione?

Liberazione.

Donna e/è potere… cosa ne pensa?

Penso che la donna debba liberarsi dalle gerarchie, marcatamente occupate dagli uomini, che la tengono ancorata a modelli e conferme maschili che la disegnano uguale e subordinata a quelle logiche, soffocando le emozioni che la distinguono.

Stereotipo e realtà della donna milanese

Lavoratrice, partecipa alla vita culturale cittadina, orgogliosa della propria Città, interessata alla politica. Nella realtà attuale fa più fatica a conciliare vita personale e lavorativa ma è fiduciosa nel futuro.

Il rapporto della donna con l’uomo contemporaneo: confronto o scontro?

Scontro.

Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?

Si intrecciano e confliggono… purtroppo.

Come segretaria della CGIL ricopre un importante ruolo: si è realizzata una parità di genere effettiva all’interno delle strutture sindacali o esistono ancora pregiudizi?

Assolutamente non è realizzata! I pregiudizi sono presenti e condizionanti, pur avendo fatto molte battaglie per la parità di genere, la sua messa in pratica è difficoltosa. La nostra è una struttura gerarchica molto rigida e pur avendo regolamentato statutariamente da molti anni la presenza “in quote” negli organismi dirigenti di donne e uomini, ancora facciamo fatica a raggiungere quella democrazia paritaria che dovrebbe dare uguale possibilità a donne e uomini di ricoprire cariche ai vertici.

E nell’ambito del lavoro, sono effettive le “pari opportunità”?

Nel lavoro la parità è ancora lontana. Prevale una differenza salariale significativa oltre a differenti opportunità di carriera. La donna è penalizzata in primo luogo dalla maternità e dal lavoro di cura, ma è anche soggetta a molestie sessuali e ricatti che le penalizzano decisamente più degli uomini. Per superare questo gap, fondamentalmente di tipo culturale, potrebbero fare molto dei protocolli territoriali tra le rappresentanze sociali e le amministrazioni locali, per attivare, al fianco dei contratti nazionali e aziendali, anche quelle necessarie misure di conciliazione e welfare che, unite a una forte campagna educativa e formativa, a partire dalle scuole, promuovano le buone pratiche di condivisione del lavoro di cura e di rispetto delle differenze di genere, contrastando quegli stereotipi sessisti che ancora condizionano la società. Queste pratiche sono per ora ancora deboli, anche se qualcosa si sta cercando di fare anche in questa direzione.

Lei si occupa di politiche ambientali e di tutela della salute: quando si tratta di scegliere drammaticamente tra difesa del posto di lavoro e salvaguardia di un ambiente sano, cosa può fare il sindacato?

Può fare molto anche se la paura della perdita di occupazione resta il primo punto. Sono stati fatti passi da gigante in questi anni, nonostante la crisi, anche grazie alle forti campagne mediatiche sulla salute e sicurezza e a una legislazione sempre più puntuale e articolata. Il Testo Unico su salute e sicurezza ha messo al centro la persona e l’ambiente e questo ha dato l’avvio a un percorso che impegna di più anche le rappresentanze delle imprese sui temi della salute ambientale e del benessere lavorativo. Sarebbe opportuno anche ragionare con più assiduità con le aziende di bilanci sociali e di accordi di clima, al fine di responsabilizzare le attività economiche nei confronti dell’ambiente e della salute, non solo dei propri dipendenti, ma anche della comunità. Temi peraltro all’attenzione del mondo intero per il pericoloso grado di inquinamento a cui è sottoposto il pianeta.

A volte si sente parlare di “rigidità” e “chiusura” del sindacato: cosa consiglierebbe per far conoscere meglio e rendere più “popolare” l’organizzazione sindacale?

Investire tantissimo sulla comunicazione anche informatica. Cosa su cui abbiamo ancora molto lavoro da fare.

E il problema dell’unità sindacale è stato accantonato o se ne potrà riparlare?

L’unità sindacale è fondamentale per garantire il futuro alla rappresentanza del mondo del lavoro, oggi in difficoltà anche per la sua veloce trasformazione. Un elemento di democrazia da cui non si può prescindere per garantire nei prossimi anni il diritto di rappresentanza e l’esercizio di diritti che vanno consolidati.

Milano vanta un’importante tradizione sindacale: quali ne sono stati e quali ne sono i punti fermi?

Il numero degli iscritti al sindacato che ci permette di avere una rappresentanza significativa e l’importanza economica di questa Città che oggi è anche Città Metropolitana. La storia del sindacato milanese si distingue per la sua capacità di parlare con i diversi mondi del lavoro e della cultura, della politica e dell’associazionismo, mantenendo sempre alta l’attenzione sulla sua storia antifascista e operaia e cercando di tenere insieme le diverse voci attive. E’ un punto di forza che ancora oggi ci contraddistingue.

L’imprenditoria ambrosiana si è spesso distinta in passato per apertura e interesse ai problemi dei lavoratori: è rimasto qualcosa di questo spirito?

Noi tentiamo di tenere alta questa tradizione ma veniamo da un decennio di forte chiusura dell’imprenditoria, sempre più piegata da burocrazia e fisco, che non investe abbastanza su ricerca e innovazione e guarda al sindacato con un punto di vista pieno di luoghi comuni e a mio parere distorto e superato.

Qual è il livello di coscienza e conoscenza sindacale nelle nuove generazioni milanesi?

Problematico! In questo c’è tutta la nostra responsabilità e la poca capacità di avviare processi di comunicazione moderni e capillari da affiancare ai tradizionali.

Dalla “rivoluzione gentile e silenziosa” della gestione del sindaco Pisapia, cos’è cambiato anche nei rapporti con il sindacato e i cittadini?

Il confronto con questa Amministrazione non è più semplice rispetto a quelle che l’hanno preceduta. Abbiamo ancora molta strada da percorrere… entrambi… per agire più concretamente le rispettive rappresentanze. Molte cose sono più scritte che praticate… come le politiche di genere, la lotta alla tratta, alla violenza sulle donne, agli stereotipi sessisti in pubblicità, al lavoro femminile e precario. Le politiche sociali e di welfare non sono sufficientemente condivise in rapporto ai servizi esistenti e ai nuovi bisogni della popolazione (più cronicità, più lavoro di cura, più bisogno di conciliazione famiglia lavoro per favorire il mantenimento delle donne sul posto lavoro e i percorsi di carriera, più politiche attive, ecc.).

Come donna, come milanese e come sindacalista, che cosa le piace di più e che cosa meno della città?

E’ una città che sta cercando di stare a pieno titolo in Europa. In questi ultimi anni ha puntato fortemente sulla modernizzazione, ma il processo è ancora lento. La città è frenata da una mentalità molto cittadina, che vive spesso di riflesso le sue potenzialità. I cittadini e le cittadine milanesi sono fermamente ancorati alla propria tradizione e questo se da una parte è positivo, dall’altra soffoca dentro una mentalità che vive ancora troppo delle sue vetrine e meno della sua creatività. Milano deve uscire da quegli steccati piccolo borghesi che la rallentano, per diventare quello che la sua storia promette: coraggiosa e innovativa a partire dai diritti civili e da un rinnovato esercizio educativo nei confronti dei suoi cittadini e delle sue cittadine. In questo percorso di modernizzazione mi auguro che la nascita della Città Metropolitana possa fare molto, in particolare puntando a una maggiore integrazione con le esperienze del suo ricco sistema universitario.