Ravenna è una città ricca. Ricca di artiste e artisti e a volte è così distratta da non rendersene neanche conto. Invece io rimango incantata da tanta ricchezza e desidero farmi testimone della qualità del lavoro di amiche e amici che a questa città hanno donato loro testimonianze.

Un pomeriggio di tre anni fa Claudia mi fece vedere il video La Lavandaia di Vitaliana Pantini. Vitaliana e io in quel tempo eravamo lontane e quindi è impossibile che quando ha realizzato quella performance stesse pensando a me. Eppure, dall'inizio alla fine, quel video mi ha colpito al cuore a tal punto che da allora Vitaliana è stata figura di grande rilievo per la realizzazione di alcuni miei eventi. E quando dico che Vitaliana è tra le performer più interessanti dell'attuale panorama artistico non mi sbaglio perché ho esperienza diretta e vissuta; anche da regalare. Il mio pensiero, mentre scrivo, è segnato da un profondo coinvolgimento personale e nasce dal desiderio di dare forma a una relazione che ha espresso ed esprime una corrispondente forza creativa. Il mio è lo sguardo ravvicinato di chi tenta di rendere fertili i territori dell'arte. Vitaliana, ad esempio, lo fa in una sconfinata azione del corpo. Come ne La Lavandaia, sceglie il luogo che la ispira e regolarmente entra nella carne viva attraverso la smisuratezza, l'eccesso, la tensione illimitata del corpo. Il suo è un dialogo con la natura che coinvolge con potenza inaudita Eros e Thanatos.

In questa azione parte come donna che va al fiume e in una crescita graduale, con gesti ininterrotti ci conduce nei ritmi imprevedibili e oscuri della nostra vita. Quando le chiedo come nascono le sue azioni mi dice: "Vedo uno spazio che mi colpisce, poi traccio un percorso e nel momento della realizzazione non so di preciso quello che mi accade perché improvviso a seconda delle emozioni che provo esattamente in quel momento". Per questa sua sfida nel dare forma alle nostre emozioni quando ha realizzato La Lavandaia eravamo lontane ma lei mi conosceva bene. Dimenticavo. L'artista esiste prima della sua opera e Vitaliana è amorevolmente seguita da un gruppo di artisti molto armonico e complice, sono: Giacomo Banchelli (videomaker e fotografo), Nicola Strocchi (fotografo) e Valentino Bettini (musicista, fotografo e videomaker).

Vitaliana

Ci sono luoghi che hanno un’anima particolare e ci sono momenti dove io accolgo quell’anima e la sento pulsare piano piano dentro di me, non so descrivere ciò che mi accade, ma un poco alla volta mi arrivano nella mente immagini che non riesco a eludere perché non sono volute, diciamo che le accolgo e basta. Non hanno alcun suono e diventano una sorta di visione da cui prendo energia. I pensieri non scappano altrove ma cominciano anch’essi a pulsare in sincronia tardiva alle immagini, diciamo sono conseguenti, poiché le immagini sono mute e hanno una potenza e bellezza assoluta. Per quel che poi è diventato il cortometraggio La Lavandaia, tutto è nato in un caldo giorno dell’ottobre 2008, un giorno in cui io e il mio amico Giacomo abbiamo deciso di fare una gita in bicicletta nel riminese, lungo il fiume Marecchia, seguendo la pista ciclabile sterrata che lo costeggia. A un certo punto lui mi ha indicato un laghetto, formatosi in quella che era una vecchia cava di ghiaia. Il lago era in basso, dentro uno spazio che dominavo dall’alto, quasi circolare, con l’acqua ferma che rifletteva il sole al tramonto. Ciò che mi ha colpito subito è stata la violenza sulla natura: tutti gli alberi intorno all’acqua erano secchi e rotti, avevo davanti una devastazione della vita vegetale impressionante, un paesaggio mummificato e incartapecorito che il tempo aveva come liberato dai colori rendendo ogni elemento molto chiaro. Ho pensato che quel luogo poteva essere perfetto come location per un servizio fotografico di moda, oppure anche per un cortometraggio dedicato all’horror, magari realizzato di notte con la luna piena. Quelli erano i pensieri… ma la mente ha iniziato a ricevere invece altro: le immagini di una donna con un cesto di panni sulla testa, una donna tipo “azdòra” romagnola, intenta ad andare a lavare.

Io e Giacomo siamo scesi e ho voluto toccare gli alberi, i due alberi che erano al centro del lago con le radici allagate e che sembravano fantastiche sculture. Continuando a osservare e a toccare le piante, ho capito quanto potevano essere facilmente sradicate. L’acqua era calda e un po’ lontano un pescatore ci guardava incuriosito. Ho sentito la voglia di ritornare lì, di fare qualcosa lì, e con Giacomo, che è un appassionato videomaker, ho detto che desideravo essere ripresa. Siccome il luogo è raggiungibile solo in bicicletta o a piedi, come oggetti avremmo portato l’indispensabile. Rientrata a casa ho scritto qualche appunto e ho immaginato di abbattere almeno un albero con corde rosse e volevo che anche altri elementi fossero rossi, come i panni da lavare, le pantofole da indossare e il fazzoletto in testa. Nei giorni successivi l’unica frase da dire sapevo che sarebbe stata in dialetto: “An nin poss piò… ” e non c’è mai stato un disegno in dettaglio o uno schema predefinito con concetti e significati inclusi dentro. La Lavandaia è una performance unica, ripresa e trasformata in cortometraggio dove molto importante è stato l’apporto artistico di Giacomo Banchelli che ha deciso di rendere tutto il filmato in bianco e nero, lasciando evidenti solo gli elementi rossi.

Giacomo

Fui colpito proprio da questa idea del rosso gettato con forza in un ambiente fatto di colori tenui e sfumati, con tonalità di verdi e marroni sotto un limpido cielo azzurro. C’erano piante vive e piante secche, un’acqua calma verde chiara, arbusti ciclicamente sommersi e poi lasciati nudi al sole che sembravano grandi intrecci di alghe marine in essiccazione, e una terra in parte fine e in parte ciottolosa colorata di grigi e marroni nei suoi vari strati. In quei colori naturali, i pochi elementi rossi scelti sarebbero apparsi come ferite, o vene sanguigne, o pensieri violenti che si muovono e si arrotolano nell’acqua magari dopo essere sgorgati dall’animo della protagonista. Inoltre, poco tempo prima era uscito al cinema il film Sin City in cui la fotografia fumettistica è giocata su un potente bianco e nero macchiato qui e là da sprazzi di colore. Tutto questo mi ha ispirato il bianco e nero con rosso de La Lavandaia, un rosso sangue che da un punto di vista tecnico è stato piuttosto facile da realizzare, ma che da un punto di vista estetico ben rappresenta il tormento della protagonista magistralmente interpretata da Vitaliana.

La Lavandaia (An nin poss piò)

Ideazione e interpretazione: Vitaliana Pantini Regia: Giacomo Banchelli Sulla riva di un lago una lavandaia lava panni rossi, come fossero interiora di animali. Stare piegata con le ginocchia nel fango le fa ricordare quanto è sottomessa alla vita di tutti i giorni e a poco a poco si scatenerà con la stessa forza della natura intorno a lei. Poi tutto riprenderà con gli stessi ritmi di sempre, come non fosse accaduto niente, perché l’educazione e la cultura nel femminile da secoli è quella di essere docili, generose e ubbidienti.

Il video ha partecipato al Bizzarro Film Fest di Bologna nel 2009 e ha vinto il Nastro d’Argento come cortometraggio e Vitaliana ha vinto come migliore attrice.