Malati, affetti da malattia genetica o intolleranti alimentari? In quale misura l'intolleranza si struttura per l'infiammazione prodotta nell'intestino dal glutine del frumento Ogm? C'è una via d'uscita dalle frustranti privazioni alimentari?

Ai bambini molto piccoli, ma anche a persone già grandi, affette da un giorno all'altro da disturbi persistenti di ignota origine, è stato diagnosticato, spesso dopo una lunga serie di analisi, che erano celiaci, ovvero intolleranti in permanenza al glutine, un insieme di proteine contenuto nel frumento, nell'orzo, nella segale, nel farro, nel kamut. Il numero di costoro è talmente grande e in espansione negli ultimi pochi anni che il mercato ci si è buttato a capofitto. Interi settori dei supermercati sono dedicati a prodotti per celiaci, esenti da glutine anche in tracce e che hanno spesso sapori differenti dal cibo che dovrebbero sostituire. Il mercato dei prodotti speciali si espande, la TV propone servizi che incitano a comprare i prodotti senza glutine.

Anche solo in ipotesi, dobbiamo invece far circolare l'idea che possa essere il grano geneticamente modificato a collidere con il nostro metabolismo, e non che assistiamo a un guasto metabolico di ignota origine per cui alcuni vengono danneggiati se mangiano ciò che da secoli rappresenta il principale componente della collaudata dieta mediterranea. Per raccogliere dati che confermino o meno l'ipotesi e studiare come permettere un buon piatto di pasta a chi c'è abituato da sempre. Comunque la ricerca in campo medico continua.

Il professor Luciano Pecchiai, storico fondatore dell’Eubiotica in Italia e attuale primario ematologo emerito all’ospedale Buzzi di Milano, fa il punto della situazione: «E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto, cosicché facilmente allettava, cioè si piegava verso terra sotto l’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, negli ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica». Appare fondata l’ipotesi che la modifica genetica di questo frumento sia correlata a una modificazione della sua proteina e in particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene la sostanza alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia.

«E’ evidente – ammette lo stesso Pecchiai – la necessità di dimostrare scientificamente una differenza della composizione aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, geneticamente modificato, rispetto al frumento originario. Quando questo fosse dimostrato, sarebbe ovvio eliminare la produzione di questo frumento prima che tutte le future generazioni diventino intolleranti al glutine». Sì, perché la perdurante infiammazione cronicizza disturbi, quali la stanchezza, indipendentemente da quello che il soggetto mangia.

In letteratura si trova poi la vicenda del grano Creso. Nel 1974, all’insaputa dei più, viene iscritto nel Registro varietale del grano duro il Creso. Proviene da sperimentazioni fatte per aumentare la quantità di glutine in ambito degli istututi di genetica botanica, perché la quantità di glutine era considerata un valore, e aumentarla un goal da perseguire. In pochi anni la superficie coltivata a Creso in Italia passò da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni di quintali l’anno per un valore, allora, di circa 600 miliardi di vecchie lire. Una pubblicazione del 1984 descrive che quel grano era stato «inventato» e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia. Nel lavoro, come ricordò nel 2000 anche il fisico Tullio Regge su Le Scienze, si descriveva la derivazione del Creso dall’incrocio tra una linea messicana di Cymmit e una linea mutante ottenuta trattando una varietà con raggi X. Per altre varietà in commercio erano stati utilizzati neutroni termici. Il problema era che il glutine era stato aumentato, ma in uno stato aggregativo più grande, più difficile da digerire. La domanda da porsi è: in che misura il consumo continuativo di questo frumento può avere influenzato l’organismo di chi lo ha ingerito? Non si sa, né pare che alcuno voglia scoprirlo. Lo stesso Regge si limitò ad affermare che comunque «lo hanno mangiato tutti con grande gusto». E se la celiachia fosse il risultato di decenni di ripetuti e differenti interventi sulle varietà di grano che sta alla base della maggior parte del cibo che mangiamo? Chissà se a qualcuno, prima o poi, verrà voglia di capirlo.

Ovviamente lo spauracchio di dover riconvertire la produzione in un campo in cui c'è grande profitto spiega la probabile mancanza di interesse ad approfondire una simile ipotesi per trovarne l’eventuale fondamento. D’altra parte, nessuno ancora ha trovato una spiegazione al fatto che l’incidenza della celiachia è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni e l’allarme non accenna a rientrare. «Mentre qualche decennio fa si aveva 1 caso ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso ogni 100 o 150 persone», puntualizza Adriano Pucci, presidente dell’Associazione Italiana Celiachia. «Siamo dunque nell’ordine, in Italia, di circa 400 mila malati, di cui però soltanto 55 mila hanno ricevuto una diagnosi certa e seguono una dieta che può eliminare il disturbo». In molti sostengono che l’aumento dei casi di celiachia sia una conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ma la spiegazione, alla luce dei fatti, non è credibile. La ricerca oggi, oltretutto, anziché cercare spiegazioni sulle cause, cosa che permetterebbe di provvedere poi alla loro rimozione, percorre direzioni opposte, ipotizzando e sperimentando ulteriori modificazioni genetiche del frumento stesso per «deglutinarlo», o per «immettere» nel frumento caratteristiche proprie di cereali naturalmente privi di glutine, col rischio di provocare modificazioni dannose imprevedibili.

Per fortuna, anche se su scala ridotta, c'è chi si occupa di recuperare grani vecchi, ad esempio il grano del Senatore Cappelli. Alcuni panifici, che utilizzano grani antichi, memori della filastrocca dichiarano, forse a ragione, di produrre il Pan del re. Prima di sottoporsi a rinunce alimentari, quindi, le persone cui è stata diagnosticata la celiachia si potrebbero attenere scrupolosamente all'uso di farine biologiche, non Ogm. Se l'infiammazione intestinale cui è soggetto il celiaco avviene a seguito dell'ingestione di glutine modificato, basta sospendere la sostanza nociva e la celiachia regredisce. Tanto più quanto minore è la distanza dall'inizio dei disturbi. Per i bimbi, esiste in ambiente medico chi sollecita di dar loro la prima pappa, allo svezzamento, proprio a base di glutine, per scoprire subito se c'è una positività ed evitare successivi malesseri. Ecco quindi una sperimentazione fai da te per stabilire se la causa è il glutine, o un difetto del metabolismo corporeo. E quello che il mercato non ha interesse a fare, lo faranno i consumatori. L'importanza di dibattere l'argomento tramite stampa è legata alla possibilità di far circolare le notizie e aumentare l'interesse per questa ricerca, quindi il numero dei partecipanti e, di conseguenza, le risposte. Tutti sanno che la validità di una teoria statistica è tanto maggiore quanto più prove la confermano.

BOX
- La celiachia è un'intolleranza alimentare alla gliadina, una componente del glutine. Si tratta di una proteina presente in alcuni cereali (in frumento, orzo, farro, segale e kamut).
- La gliadina arriva nell'intestino e scatena una reazione "anomala" di alcune componenti del sistema immunitario (di difesa naturale). Alcune strutture del sistema specifico preposto al riconoscimento del proprio corpo (l'HLA, che provoca, per esempio, il rigetto di un organo trapiantato), individuano come "tossica" la gliadina e attivano la produzione di anticorpi e globuli bianchi verso questa sostanza ma anche contro il tessuto intestinale. Questo danno impedisce all'intestino di assorbire i nutrienti dei cibi. La prolungata ingestione di gliadina, inoltre, favorisce la comparsa di altri disturbi seri, come il diabete e la carenza di calcio e di ferro.