Intanto le opere di Modigliani raggiungono quotazioni stratosferiche. L'inedita Tête de Caryatide, una delle sette sculture che espone al Salon d'Automne del 1912 e acquistata nel 1927 da Gaston Levy, da una stima iniziale di 4-6 milioni viene battuta nel giugno 2010 da Christie's, a Parigi, per 43,18 milioni di euro realizzando il record mondiale per l'artista, prima detenuto dal Ritratto di Jeanne Hébuterne, venduto nel 2004 da Sotheby's New York per 31,3 milioni di dollari, ma nel novembre dello stesso anno Nudo seduto su un divano (La Belle Romaine) raggiunge il nuovo record di 68,9 milioni di dollari.

Anche le false teste hanno un mercato, infatti nel 2008, ne viene venduta una quarta, Modì 2.0, scolpita da Ghelarducci, che si “diletta” in scultura, il cui ricavato va alla onlus, che fa ricerca per la lotta contro il cancro, sostenuta da Ferrucci, compagno di beffa, diventato oncologo. Mentre nel 2010, in vendita su e-Bay, appare "Scultura in pietra originale di Angelo Froglia utilizzata in Livorno, anno 1984, per beffa Modigliani corredata da documentazione fotografica giornalistica". Si tratterebbe della terza scultura eseguita dall’artista per il film Peitho e Apate. Della persuasione e dell'inganno (Cherchez Modì); a confermarlo è Massimo Froglia, fratello di Angelo, che aveva partecipato al video, che vedendo la testa su e-Bay commenta: ”Pensare che io l'ho usata per diversi anni come fermaporta”.

Il venditore di e-Bay afferma di assumersi ogni responsabilità per la vendita dell'opera e chiede 200.000 euro, cifra per la quale vengono battuti all'asta disegni veri (fino a prova contraria) di Amedeo Modigliani [1]. Sul web non c’è controllo, anche i disegni di Froglia (studi di teste alla Modigliani) vanno all'asta on-line di e-Bay per il folle prezzo di partenza di un milione e mezzo di euro o 7 milioni di euro se si "Compra subito” [2]. Al di là della provocazione, dello scherzo o delle reali intenzioni del venditore (sic!), è significativo sottolineare quanto il sostegno mediatico alla burla abbia conferito lo status di merce “estetica”. Invero c’è da domandarsi quante false teste ci siano in giro. Infatti un’altra appare nell’elenco degli oggetti della casa di Craxi a Hammamet: un “vero falso Modigliani” è scritto sull’etichetta applicata sotto il piedistallo [3]. Per certo sappiamo che i tre universitari eseguono una seconda nello speciale del tg su Raiuno e Froglia, oltre alle due gettate nel Fosso, almeno un’altra per il film Peitho e Apathe, ma alcuni amici dell'artista asseriscono che ne abbia realizzato altre su commissione. Senza contare la possibilità, affatto remota, di teste scolpite in una sorta di “moda” dei falsi, come ricorda una vignetta umoristica apparsa sulla stampa dell’epoca, nella quale appare un kit con pietra, martello e scalpello e la scritta che dice: “Fai da te il tuo Modigliani”.

A fare chiarezza sul numero delle vere teste di Modigliani ci pensa la mostra Modigliani scultore che si tiene al MART di Rovereto dal dicembre 2010 al marzo 2011, nella quale vengono presentate otto teste, provenienti dai maggiori musei internazionali e soprattutto dove vene rivista la numerazione ufficiale, rivelando che Modigliani porta a termine ventotto sculture, modificando quindi lo storico catalogo stilato nel 1965 da Ambrogio Ceroni, principale studioso della produzione plastica dell’artista livornese. Le 25 opere registrate da Ceroni - 23 Teste e 2 Cariatidi, 15 delle quali distribuite in musei, le altre conservate in impenetrabili raccolte private o disperse – sono diventate 26 perché lo studioso aveva fuso due teste in una. Inoltre ne sono state aggiunte altre due, confortate da immagini d’epoca, portando così a 28 il numero delle opere accertate. Nel catalogo si pone l’accento sul grande rigore scientifico della ricognizione, attraverso confronti, studi delle immagini d’epoca e il vaglio di ogni riferimento formale, per una ricostruzione che vorrebbe concludere il misterioso e controverso capitolo della vicenda scultorea di Modigliani. Oltre alle aste, le mostre di Modigliani sono garanzia di successo anche al botteghino, ma nel corso degli anni vengono scoperte diverse truffe. A Viterbo nell’estate del 1991 sono esposti ben 79 disegni giovanili, avallati anche da Osvaldo Patani, considerato tra i maggiori esperti del pittore. Anche questa volta Pepi fornisce la prova della falsificazione. I carabinieri sequestrano la mostra e la perizia stabilisce che la carta dei disegni è posteriore al decesso del pittore.

Tra il 2010 e il 2011 si aprono due esposizioni: al museo archeologico di Palestrina Modigliani dal classicismo al cubismo e al Castello Ursino di Catania Modigliani i ritratti dell'anima che presentano disegni, quadri e sculture accompagnati da certificati di autenticità degli Archives Légales Modigliani. In realtà si tratta di opere contraffatte, scoperte dai carabinieri del gruppo Tutela del Patrimonio Artistico seguendo la pista di un traffico di falsi partita da Bari. Responsabili della truffa, l'allora presidente degli Archives dalla morte di Jeanne Modigliani, e il mercante d’arte Matteo Vignapiano che vengono arrestati con l’accusa di contraffazione e ricettazione (falsi sono pure i patrocini ministeriali e della presidenza del Consiglio pubblicizzati per le mostre e sui cataloghi!). Essi organizzano numerose mostre [4] con lo scopo di immettere i falsi sul mercato - dopo ogni l'esposizione trovano spesso un acquirente - con l’indiscussa autorevolezza degli Archives e l’affidabilità dei personaggi, tanto che era stato anche consulente dello stesso Reparto di Tutela del Patrimonio [5]. Eppure già nel 2008 uno dei personaggi, per aver falsificato disegni di Jeanne Hébuterne, è stato condannato in Francia a due anni di reclusione (poi ridotti) e 8000 euro di multa. Da Parigi, aveva trasferito la sede degli Archivi - che raccolgono circa 6000 documenti relativi all’artista - a Roma in Palazzo Taverna. “Nella visione oramai consolidata che la storia, le documentazioni e gli archivi di ogni grande creatore debbano risiedere ed operare nei luoghi dove si è espresso il clima culturale e formativo della loro personalità”[6] (Roma?!) dà vita all’ambizioso progetto di Casa Modigliani, centro polivalente che comprende sale studio e congressi, ricostruzione dell’atelier dell’artista e di bistrot parigino, galleria d’arte, bookshop, foresteria per studiosi e ospiti, oltre agli uffici amministrativi e commerciali. Tra prestigiosi nomi di studiosi e direttori di musei, il comitato scientifico annovera quale presidente Claudio Strinati il quale, ammette che gli era sembrato strano che il comitato non si fosse mai riunito e che non avesse mai deciso o verificato nulla, ma non pensava che vi fossero attività illegali [7].

Nel corso degli anni, saggi, inchieste giornalistiche e video sono dedicati alla burla, nel 2011 viene realizzato Le vere false di teste di Modigliani per la regia di Giovanni Donfrancesco, gustoso film documentario proiettato in diverse rassegne cinematografiche e su Rai5. Per l'estate del 2014, in occasione del trentennale, il Comune di Livorno, in attesa di una plausibile musealizzazione [8] ha allestito negli spazi della Fortezza Vecchia una mostra delle tre sculture, corredata da video, giornali dell’epoca e altri documenti, tematizzando il rapporto tra vero e falso, essendo “la falsificazione uno degli elementi permanenti nella storia della civiltà” come affermato prima delle elezioni comunali dal precedente assessore alla Cultura Mario Tredici, giornalista nei giorni del 1984, che ha portato avanti il progetto non senza difficoltà, infatti la città non sembra abbia ancora del tutto “digerito” l’episodio, ma sollecitato oltre che dagli autori della burla - "io e i miei compagni da tempo chiediamo che siano esposte - spiega Pietro Luridiana - Sono convinto, come del resto gli altri miei compagni, che le pietre della beffa siano una risorsa per Livorno un esempio unico nella storia dell’arte (anche se non sono pezzi d’arte) e nessuno capisce, neppure all’estero, per quale motivo siano tenute nascoste"[9] - anche da diversi storici d’arte che già nel 2009 si erano espressi a favore, come Enrico Crispolti che propone di “spiegare al pubblico cos'è successo, storicizzare l'accaduto, far vedere le opere vere di Modigliani, far capire perché Modigliani s'era avvicinato alla scultura e poi porre l'accento sulla troppa superficialità con cui la critica a volte parla di cose che non conosce”, e Giacinto Di Pietrantonio che afferma “di non fare solo un'operazione mediatica che fa scalpore e poi non aggiunge nulla al mondo dell'arte. Bisognerebbe storicizzare la vicenda e magari collocarla insieme ad altre attribuzioni sbagliate che hanno fatto la storia” [10].

Le teste sono state richieste poi dalla Fondazione Palazzo Blu, che ha già tenuto a battesimo grandi mostre di Mirò, Picasso, Kandinskij, Wharol, e inserite in una sezione collaterale nel Museo Nazionale di San Matteo di Pisa, in occasione della citata mostra Amedeo Modigliani e ses amis, presso Palazzo Blu di Pisa. L'esposizione con un'attenta e ricca selezione di opere provenienti dal Centro Pompidou e da collezioni pubbliche e private, ha riscosso un soddisfacente successo, attestato dalle lunghe file al botteghino, con più di centomila presenze. Nei mesi precedenti l'allestimento la mostra pisana non è stata esente da polemiche tra chi riteneva che fosse compito della città natale organizzare la mostra, e chi, operando nelle istituzioni, sottolineava i bilanci più che esigui delle amministrazioni comunali, sostituite dall’intervento imprenditoriale delle fondazioni private, in questo caso della Fondazione Pisa, alle quali sempre più è demandata la gestione degli eventi espositivi [11].

Intanto tra le iniziative intraprese dal Comune di Livorno, il nuovo sindaco pensa di spostare il busto di Dedo, che si trova nel parco di villa Fabbricotti, in una posizione vicina alla casa natale di via Roma e “di creare un percorso di pietre d’inciampo tra i luoghi modiglianeschi della nostra città, accompagnando le tappe di pietra in pietra con visite e racconti sulla sua storia e sulla sua epoca, su Modigliani a Livorno e su Modigliani in Europa nel mondo” [12]. Per la cronaca è opportuno sottolineare che dal 2010 al 2014, solo in Italia, sono state allestite più di una decina di mostre dedicate a Modigliani [13], senza prendere in considerazione quelle dove è presente solo tra i comprimari.

Il mito dell’artista maledetto e il relativo mercato non conosce crisi; come autore consolidato consente migliori prestazioni economiche in confronto ad altre forme di investimento, ma tra opere autentiche e contraffatte appare davvero improbo barcamenarsi. Considerando pure che, per un collezionista, ammettere che ciò che ha pagato profumatamente si è volatilizzato è inaccettabile, soprattutto pubblicamente, e a questo punto diventa davvero gravoso sconfessare i falsi, perché si entra nel girone dantesco delle querele e dei processi giudiziari. Perciò, coscienti del rischio di contraffazioni, critici d’arte e galleristi responsabili sono piuttosto cauti nell’effettuare autentiche. Naturalmente tutto ciò sembra importare poco al pubblico attirato dalle mostre del “pittore dai colli lunghi”, anzi l’esistenza di un gran numero di falsi paradossalmente diviene garanzia di griffe, così il fruitore può godere di un pezzo dell’intramontabile mito dell’artista, merce e merchandising che si vende bene come sanno curatori e organizzatori di mostre. Così, attirando folle di visitatori, anche una falsa esposizione sembra poter guadagnare il passaporto di attendibilità.

Autentica però può essere indubbiamente l’emozione: se un’opera non è stata fatta dalla mano di Modigliani ma ha tutte le caratteristiche del suo stile, non sapendolo, ciò non toglie che allo spettatore può suscitare un’emozione vera. E’ quello che in pratica è successo per la burla, la volontà di voler credere fideisticamente alla leggenda ha tolto ogni prudenza in coloro che erano chiamati a verificarla. L’emozione dell’aspettativa avveratasi ha surclassato la disciplina professionale. Così per l’opinione pubblica, la burla scopre che “il re è nudo”, perché i potenti guru dell’arte vengono colpiti per la propria hybris, un sentimento popolare di rivalsa come ben identifica Cristina Acidini ricordando l’episodio: “La cosa che mi colpì era come nei giornali ci fosse quasi una gioia maligna nei confronti dei vati della critica nazionale, che avevano preso un enorme granchio. Capii quanto eravamo odiati” [14]. Del resto, secondo Luigi Toninelli, allora tra i maggiori galleristi, non ci sono ripercussioni sconvolgenti: "La vicenda ha prodotto un certo smarrimento tra la gente, ma molto meno tra gli addetti ai lavori ben informati, i quali fin dall' inizio avevano mostrato un certo scetticismo" e Filiberto Menna conclude che "il pubblico dovrebbe capire che l'episodio di Livorno non è l'unico e nemmeno il più grave: basti pensare ai falsi di De Chirico o ai falsi Vermeer (...). Tanto clamore perché è il primo grande scandalo, in campo artistico, nella civiltà delle comunicazioni di massa" [15].

Nella società globale, la società del web, che ha ampiamente oltrepassato la fase del media generalista televisivo dei tempi della burla, risulta ancora più evidente che alla distinzione tra le categorie di vero e falso, da sempre opposte, non corrisponde più l’automatica assegnazione di valore: valore per il vero e non valore per il falso. Ad esempio, un’opera di un artista misconosciuto, per quanto bravo e per quanto autentica, vale meno di una contraffazione che sia entrata in una circolazione mediatica e abbia fatto parlare di sé. I falsi, i fakes, dalle notizie bufala che fanno il giro della rete, ai siti fittizi, al phishing e così via, non si possono ritenere solo truffa, raggiro o scherzo amplificati da tecnologie capillari e pervasive, piuttosto bisogna considerare la nascita di un nuovo paradigma di consenso sociale, a cui soggiace una condizione di relativismo e di fluttuazione di senso. A questo punto ci si chiede chi assegna questo nuovo valore: il web, la televisione, i media, gli esperti, la casalinga di Voghera? In questa sede, una risposta articolata appare inopportuna ma è ragionevole considerare che, in una società complessa, ogni attore, al suo grado, conferisce all'opera significato e valore che, rimbalzando all’interno del sistema, si amplifica e potenzia ma anche si distanzia dall’oggetto reale, diviene un simulacro che, per definizione, è apparenza e quindi una falsa immagine [16].

Proprio la verifica di questo processo è alla base dell’operazione di Angelo Froglia: “Ciò che circolano, oggi, sono le immagini, i simulacri, le finzioni. Non gli oggetti. E nemmeno i 'soggetti', perlomeno intesi nel loro senso metafisico, tradizionale. Se questo è vero, allora il livello e il tessuto connettivo su cui operare la trasgressione artistica diventa proprio questo, quello del 'fantasma' reale. Una trasgressione 'velenosa' perché mediante la trappola del doppio riesce a lacerare le maglie dell'ordine simbolico costituito, perché ne disarticola le funzioni, ne fa saltare i nessi strutturali, ne mette a repentaglio le 'storiche' sicurezze. Ed è su questo piano e a questo livello, che la trasgressione artistica riesce a tradire persino se stessa per trasformarsi in trasgressione sociale". Da questo punto di vista risulta perfettamente riuscita l’azione di Froglia, che rivelando il potere dei media nel creare miti - spostando quindi l’attenzione dalle opere ai produttori del consenso e di senso - apre degli scenari che da decenni sono propri dell’operatività artistica contemporanea, dove il sociale diviene materia di creazione artistica, come ha opportunamente dimostrato Joseph Beuys. “La mia è stata un’operazione concettuale – conferma l’artista livornese - se volete è stata anche un’opera d’arte, come quella di Christo che impacchetta i monumenti, ma non avevo alcun intento polemico contro l’amministrazione, né contro la città, né contro i critici d’arte come singoli. Volevo semplicemente far sapere come nel mondo dell'arte l'effetto dei mass media e dei cosiddetti esperti possa portare a prendere grossissimi granchi” [17].

Rispetto allo statuto dell’opera classica, realizzata come mimesi della realtà e il cui valore è conferito dall’abilità dell’artista - quindi il falso è individuabile come problema attributivo – per opere concettuali, performance e processuali, la contraffazione non è più possibile negli stessi termini, mancando l’oggetto materiale da falsificare [18]. Come testimonianza dell'evoluzione umana, l’arte tende sempre più a smaterializzarsi, a divenire relazione, a identificarsi con l’idea. Gli artisti concettuali e dadaisti hanno dichiarato che tutto può essere arte, così un’opera diventa tale se concepita all’interno dei parametri del sistema dell’arte. L’attenzione si sposta dall’oggetto alla forma dell’espressione, la ricerca artistica diventa ricerca del significato di arte, della sua struttura ontologica e linguistica, così Joseph Kosuth, negli anni ’60, può affermare “l’unica pretesa dell’arte è l’arte. L’arte è definizione dell’arte”. Questo passaggio fondamentale, come molti sanno, è stato avviato già agli inizi del secolo scorso da Marcel Duchamp, che firmando, tra l’altro con firma di fantasia (quindi falsa), "autenticava" oggetti d'uso di origine industriale senza qualità artistica, i ready made, che acquistavano lo status di opera d’arte che, inseriti nei circuiti artistici, sono ora nei maggiori musei. L’arte povera, la body art, l’arte concettuale debbono a lui legittimazione critica, così le opere di Jeff Koons, di Maurizio Cattelan o di Damien Hirst sono sostenute da un “sistema dell’arte” – mostre, riviste, gallerie, musei, critici, curatori, mercanti, ecc. - che conferisce valore. Non a caso si sono mossi con un’attenta operazione di marketing, attraverso i media e gli apparati che generano consenso all’interno del mercato dell’arte.

In conclusione di questa complessa vicenda, che si muove tra lo scherzo e l’azione intellettuale, si può osservare che le teste di Modigliani ripescate nel Fosso Mediceo non sono assimilabili alla categoria del falsi in senso stretto, perché non siamo in una condizione classica di attribuzione di valore (vero/falso) [19] - non così altri falsi Modigliani che invece appartengono tout court al mero ambito della contraffazione e della truffa - ma sono certamente testimonianza materiale di un episodio di cronaca mondiale e quindi un significativo documento storico. Ma la burla di Livorno è più di ciò. E’ un’operazione concettuale, compiuta da un artista che ha espresso manifestamente le sue motivazioni, e può essere riconosciuto lo status di opera d’arte all’intera azione e le pietre, nel loro aspetto materiale, assurgere a reperto storico-artistico. Probabile invece che per l’insufficiente riconoscimento della performance artistica ci si fermi allo scherzo (quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito) anche perché la vicenda non è stata registrata o compiuta del tutto all’interno del sistema dell’arte contemporanea che ne legittimerebbe il valore, anche nel tempo.

Dopo trenta anni, distanza che appare adeguata poter guardare con distacco critico l’evento ormai storicizzato e inserito all’interno di un più ampio processo di sviluppo artistico e sociale, un’auspicata musealizzazione dovrebbe considerare non solo il documento storico ma anche il prodotto di un’operazione artistica-estetica che non ha eguali. In realtà, oscillando tra due diverse interpretazioni, le false teste di Modigliani vivono ancora questa sorta di ibridazione semantica, questa ambiguità ancora irrisolta, nate come figlie illegittime di un mito, per entrare nell’olimpo dell’arte attendono ancora l’assenso degli dei.

Note:
[1] Barontini A., Modì, su e-Bay la testa fatta da Froglia, in iltirreno.gelocal.it, 8.9.2010
[2] Cfr. Il Tirreno Livorno, 14 novembre 2010 [3] Testa di Modì a casa Craxi, Il Tirreno, 16.1.2010, p. 11
[4] Si ricorda analoga mostra, nella primavera 2012, al Palazzo della Cancelleria di proprietà della Santa Sede, dove gli investigatori per avere accesso ufficiale avrebbero dovuto avviare rogatorie internazionali, comunque hanno avuto modo di notare disegni di dubbia autenticità, come già Palestrina, Catania e Bankok
[5] I disegni e le grafiche falsificati sono scannerizzati da opere originali, trasferiti su carta invecchiata e rifinite a mano. Del tutto 'inventate' invece i bronzi, materia che Modigliani non poteva permettersi e mai documentata, la cui realizzazione è affidata a una fonderia in Lazio. Cfr. Terremoto nel mondo dell'arte: arrestato C. P., era il 'custode' di Modigliani, La Nazione, 18.12.2012 (cronaca Livorno); Longo G., Modigliani, la truffa 28 anni dopo la beffa, La Stampa, 20.12.2012
[6] modigliani-institut
[7] Cfr. www.independent.co.uk
[8] Marsala H., Ricordando le false teste di Modì. E la maxi burla finisce in un museo a Livorno, Artribune del 3.1.2014 (www.artribune.com)
[9] Trevisani E., Livorno, la beffa delle teste di Modì diventa una mostra: i falsi esposti dal 2014, ll Fatto quotidiano, 13.9. 2013
[10] A 25 anni dalla beffa Sgarbi vuole le false teste di Modì, Il Tirreno, Livorno, 22.8.2009
[11] Cfr. Evangelisti D., Modigliani, Pisa “ruba” Amedeo a Livorno: mostra internazionale con i quadri parigini, www.ilfattoquotidiano.it; Pisa “scippa” Modigliani alla sua Livorno. Replica dell’assessore Tredici - www.quilivorno.it
[12] Cfr. Il Tirreno. Livorno, 25.1.2015, iltirreno.gelocal.it
[13] Oltre a quelle già citate: Amedeo Modigliani - Il mistico profano, Gallarate - dal 19 marzo al 19 giugno 2010; Bianco Modigliani, Roma - dal 15 luglio al 15 agosto 2010; Amedeo Modigliani e il suo tempo, Pescara - dal 6 agosto al 20 novembre 2011; Modigliani e Licini - La poesia del Segno, Ascoli Piceno - dal 21 luglio al 15 settembre 2012; Modigliani UNO / generazioni a confronto, Scicli - dal 3 agosto al 5 settembre 2012; Modì tra arte e cinema, Milano - dal 15 al 29 marzo 2013; Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti: la collezione Netter, Roma – dal 14.11.2013 al 6.4.2014
[14] A 25 anni dalla beffa (…), cit. Il Tirreno, Livorno, 22 .8.2009
[15] Ma perché paga solo Durbé? La beffa fa ancora discutere, La Repubblica, 31.10.1984
[16] Cfr. Baudrillard J., Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 1976
[17] Laruffa A., Il ritrovamento (…) op. cit.
[18] Cfr. Lemme F., Tra arte e diritto, Allemandi, Torino 1993, in particolare capitolo La difficoltà d restaurare un concetto, p. 33; Baudrillard J., La sparizione dell’arte, Milano, Giancarlo Politi editore, 1988; Baj E. – Virilio P., Discorso sull’orrore dell’arte, Milano, Elèuthera, 2002
[19] Accame V., La pratica del falso. Vecchi e nuovi misfatti in nome della cultura: dai falsari dell'arte ai falsari delle comunicazioni di massa, Spirali, Milano 1995; Eco U., Falsi e contraffazioni, in I limiti dell’interpretazione, Bompiani, Milano, 1990, pp.162-188.