Gli apostoli sono le dodici ore del giorno accese dal sole di Cristo.
Essi sono le dodici porte della Gerusalemme celeste,
attraverso le quali entriamo nella vita beata.
Essi sono i dodici troni che devono giudicare le dodici tribù di Israele.
Questa è la Chiesa diffusa su tutta la terra.
Essi erano pochi ma erano gli eletti.
Da questi piccoli semi venne un abbondante raccolto.

(Beato di Lièbana (VIII secolo), Commentari dell’Apocalisse

Ogni elemento, ogni stella del cielo in virtù della Tua morte
partecipa straordinariamente alla Tua passione
e questo ci mostra la Tua potenza

(Beato Enrico Suso, Il Libretto dell’Amore)

Gesù era a cena dai Domenicani di Milano
(Johann Wolfang Goethe)

Il capolavoro di Leonardo rappresenta un fenomeno paradossale: il dipinto più studiato al mondo a livello scientifico-tecnico e stilistico e nel contempo l’opera meno conosciuta a livello ermeneutico e semantico e la più fraintesa, usata, strumentalizzata. Invano cercherete negli scritti dei maggiori studiosi di Leonardo e del suo Cenacolo un approfondimento, un ragionamento, una ricerca che vi spieghi, o almeno tenti di comprendere, le numerose e complesse scelte rappresentative e compositive fatte da Leonardo e i significati, il senso, il valore degli innumerevoli dettagli che sostanziano e strutturano questo racconto pittorico. Eppure Leonardo era stato chiaro nei suoi scritti di “filosofia della pittura”, dove enuncia in modo limpidissimo quale sia la sua poetica dell’arte e che possiamo sintetizzare in due semplici frasi: l’arte quale mediazione fra visibile e invisibile, fra moti spirituali e moti fisici, e l’arte quale sintesi fra idea/essenza e scienze naturali.

Non c’è soluzione di continuità fra Leonardo artista e Leonardo scienziato ma neppure con il Leonardo uomo di cultura e uomo del suo tempo. Questo capolavoro viene analizzato solo a livello di estetica pittorica e di produzione autoriale, come se Leonardo fosse un artista bohémien ottocentesco o un avanguardista del Novecento che abbia potuto alzarsi alla mattina e dipingere a piacimento secondo l’estro del momento, e come se abbia creato il Cenacolo di Milano ex nihilo, senza utilizzare modelli culturali ed estetici già dati e in voga, pur trasformandoli in modo straordinario.

Dobbiamo scegliere: lasciare il Cenacolo quale enigma alieno, extraterrestre, per pochi adepti, oppure volere veramente capirlo e decifrarlo nel profondo, ed è possibile. Il facile fraintendimento deriva dall’impatto emozionale e comunicativo potentissimo che induce l’opera non solo sui suoi visitatori (ho visto persone insospettabili, smaliziate, non certo sentimentali, piangere guardando il Cenacolo) ma incredibilmente pure su certi studiosi, portandoli fuori strada a livello di scenario ermeneutico. Si è generato così un circolo vizioso fra studiosi superstar che alimentano il mito di Leonardo e la sua idolatrizzazione ad usum delphini (Leonardo è anche un business economico, non dimentichiamolo) e il sostanziale rifiuto ideologico a trattare della semantica del dipinto, se non nei limiti, strettissimi e ingenerosi, delle prudentissime e quasi tautologiche affermazioni erudite dei medesimi studiosi che dovrebbero “aprire” il Cenacolo alle domande più semplici e più fondamentali, e, invece lo “chiudono” in una spettacolarizzazione autoreferenziale.

Pochissimi sono coloro che hanno colto alcune essenze della spiritualità di Leonardo e che possono aiutarci ad avvicinarci alle viscere dell’opera: Ross King, con il suo ottimo saggio L’Enigma del Cenacolo, per la sua sensibile attenzione alla ricostruzione del contesto storico-culturale del secondo Quattrocento e per il suo orientamento a lettura semantica e narrativa, Martin Kemp, con il saggio Leonardo, nel cogliere il dinamismo spirituale e l’interiorizzazione quale uno dei tratti unici e distintivi dell’opera del maestro, e infine Armando Verdiglione, con il suo libro Leonardo, nell’evidenziare il carattere universale, performativo e sinestetico della spiritualità cristiana del Cenacolo, e nel parlare di un Cenacolo dove già si avverte la Pentecoste.

Questo mio saggio rappresenta lo sviluppo, e nel contempo una nuova sintesi, rispetto ai vari interventi ermeneutici che ho già formulato sul tema della rilettura narrativa e strutturale del Cenacolo in varie riviste, sia cartacee e on line (Secreta, Arte e Fede, Acacia, Academia.edu, Tradizione e Controrivoluzione) e rispetto anche al video della mia conferenza del 26 maggio 2011 che potete trovare su youtube. Vale ora la pena elencare, a prezzo di sembrare pedanti, le maggiori lacune e i più rilevanti sviamenti che si possono facilmente evidenziare nello studio del Cenacolo ad opera degli esperti del settore: 1) il non considerare il Cenacolo quale opera di arte sacra, mentre tale è, e per tre ragioni: il tema, il contesto spaziale-funzionale, i committenti e i destinatari: i colti e potenti Domenicani di Milano (che trattenevano anche stretti rapporti con i Domenicani di San Marco di Firenze, e siamo nell’epoca d’oro di Savonarola superstar 2) il confrontare il Cenacolo di Leonardo solo con i Cenacoli quattrocenteschi e perdendo di vista altri fondamentali modelli estetici che sono intensamente presenti nell’arte sacra italiana ed europea 3) il non indagare quale siano stati i modelli culturali e teologici di riferimento per Leonardo e i suoi committenti 4) il non dare adeguata importanza alla duplice committenza del Cenacolo (I Domenicani e Ludovico il Moro con la sua corte) mentre nel Quattrocento gli artisti, anche importanti, erano completamente subordinati alle indicazioni dei committenti, spesso colti e assai consapevoli su cosa volessero dall’opera commissionata 5) considerare Leonardo solo come artista o scienziato ma non come uomo di cultura curioso, attento, appassionato, anche nei confronti della cultura cristiana, dati i numerosi libri religiosi, biblici e scritturali che possedeva (Le confessioni di Sant’Agostino, numerose prediche fra cui una di Savonarola, un poema sulla Passione di Gesù di Jacopone da Todi, ecc.) e i cui titoli annota nel Codice Atlantico 6) il dimenticare che il genio artistico si apprezza nella sua unica e individuale creatività proprio nel come modifica, varia, declina, interpreta e utilizza temi, valori, iconografie, linguaggi, iconologie, immaginari, citazioni e simboli religiosi, teologici, mistici già dati, già conosciuti, tradizionali 7) il dimenticare che i destinatari del Cenacolo non erano studiosi di arte o visitatori museali, come oggi, ma solo i frati del Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie, quindi il Cenacolo di Leonardo doveva servire loro solo quale icona da contemplare in silenzio (interrotto solo da brevi letture spirituali) durante i pasti comunitari in uno spirituale e meditativo itinerarium mentis ad Deum, per dirlo con San Bonaventura, e quindi Leonardo deve averlo dipinto considerando necessariamente le Sacre Scritture.

Ce lo conferma sia la Crocefissione di Donato Montorfano all’altro lato del refettorio che i bellissimi e numerosi motti morali-teologici in latino di tema eucaristico-pasquale-sacramentale che possiamo ancora leggere nella parte alta del salone, insieme ad alcuni ritratti di santi domenicani. Può leggersi il Cenacolo leonardiano-domenicano senza approfondire la spiritualità domenicana, e più in generale le correnti religiose cattoliche di fine Quattrocento? Può leggersi il Cenacolo senza leggersi i libri che leggeva Leonardo? Sarebbe folle e risibile a livello ermeneutico e metodologico. Certi grandi studiosi hanno pensato invece di poter spiegare Leonardo solo con Leonardo, come fosse un apax, un alieno, un mondo a parte, un moderno, un artista già romantico/illuminista. La genialità incredibile, anche profetica, di Leonardo disegnatore e osservatore dei fenomeni naturali ha come schiacciato e spazzato via ogni pensiero autonomo, equilibrato e realista su Leonardo come pittore, specie per il suo capolavoro. E’ proprio riportando Leonardo all’iconologia e alla cultura del suo tempo invece che si comprende la grande e unica genialità di Leonardo pittore del Cenacolo, il quale, altrimenti, resta un’icona vuota, enigmatica, silente a livello di racconto e di significati, gli unici che allora interessavano veramente (insieme alla qualità tecnica e stilistica) sia per i committenti che per i destinatari dell’opera d’arte e per Leonardo stesso quale teorico della propria arte.

Nelle pagine seguenti dimostreremo come Leonardo nel Cenacolo è stato un genio universale assoluto anche e specialmente a livello spirituale, linguistico, culturale e a livello anche di pensiero cristiano, per cui possiamo dire con convinzione che l’Ultima Cena di Santa Maria delle Grazie rappresenta il più grande compiendo figurativo di Sacre Scritture e di Vangeli mai realizzato al mondo, la più geniale sintesi visivo/narrativa del Cristianesimo stesso. Il Cenacolo è una vera e propria sacra rappresentazione, un racconto teologico per immagini, un Libro biblico parlante, una ricapitolazione dei quattro Vangeli. Una delle uniche e meravigliose genialità del Leonardo del Cenacolo, presente in tutta la sua pittura ma qui espressa al massimo livello, è l’essere riuscito ad operare una trasformazione linguistica e iconologica straordinaria (rispetto alla semantica/iconologia dell’arte sacra a lui precedente e contemporanea) che ha permesso di passare dalla citazione all’allusione, dall’allegoria all’anagogia, dalla pedagogia didascalica a una narratività cristiana e teologica quasi subliminare.

Leonardo nel Cenacolo è maestro del sottile rimando, dell’occultamento visivo dei numerosissimi riferimenti scritturali. Per questo il dipinto sembra solo naturalistico e assolutamente non simbolico, e persino poco focalizzato a livello di religiosità. Per questo il Cenacolo è stato equivocamente laicizzato nella sua interpretazione: perché Leonardo ha inscritto la dimensione mistico-simbolica della sua narrazione pittorica, ineludibile dato il tema e la finalità dell’opera, quale raffinatissima sotto-traccia, quale strutturazione che resta dietro le quinte rispetto alla potenza dell’espressività emozionale degli apostoli, sulla quale solo si è concentrata attenzione di certi grandi studiosi. Ma senza i linguaggi religiosi e le matrici iconiche e simboliche tradizionali non si comprende neppure il senso profondo della più palese innovazione propria di quest’opera, l’importanza nuova cioè data alla figura umana e alle dinamiche gestuali e del volto, né si comprende la vera motivazione dell’assenza di aureole e della posizione di Giuda insieme agli altri apostoli.

Illustreremo tutto di seguito, entro breve. Leonardo inverte, cristianamente e vangelicamente, il rapporto fra simbolo e persona umana, fra segno e contesto/tema sotteso, come applicando quel passo del Vangelo in cui si dice: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato" (Mc. 2,28). Leonardo sottopone cioè a un processo di interiorizzazione e di fluidificante spiritualizzazione i tradizionali linguaggi simbolici e i modelli iconici propri del modello figurativo-narrativo delle “ultime cene” e nel contempo condensa con un’intensità e una completezza eccezionali ogni aspetto spirituale connettibile con il preciso momento della rivelazione del tradimento e del traditore. I significati finali, più vasti e profondi, il contesto spirituale universale della scena, sono questi elementi che sostengono motivazionalmente tutte le scelte selettive compositive e raffigurative. La figura umana resa in modo così realistico, sentimentale, teatrale, espressionista, si apprezza e spiega in una chiave fortissimamente cristocentrica, per cui ogni apostolo è come un elemento/colonna strutturale di una ricapitolazione sintetica del cosmo gravitante attorno al suo centro: Gesù Cristo e l’inizio della sua sofferenza. Solo nelle Lettere di San Paolo troviamo una struttura così nobile e sensibile che unisce semplicità a complessità, raffinatezza a fisicità, epopea metafisica a dramma umano. La delicata solennità dell’Ultima Cena, il suo perfetto e dettagliatissimo equilibrio compositivo sono metodi e vie e forme che Leonardo usa per raccontare, nella scena dell’inizio della Passione, tutta la storia sacra della salvezza divina offerta all’uomo. Il ritmo del racconto è cardiaco: diastole e sistole nel duplice andamento: centrifugo nell’irradiazione geometrico-spaziale di tipo solare-prospettico e centripeto, di ritorno verso Gesù/Centro, nelle mani, nei volti, nello sguardo e nelle reazioni di molti degli apostoli.

Per dimostrare questo, che il Cenacolo sia una complessa e profonda sacra rappresentazione e una sorta di mappa cosmico-mistica, procedo per fasi di analisi che qui riassumo anticipatamente: a) individuazione di ben 33 citazioni scritturali e religiose, sia bibliche che vangeliche, precise e concrete (non frutto di letture fantasiose) che sostanziano e strutturano il dipinto di Leonardo b) precisazione di determinate dinamiche spirituali e narrative fondamentali e volute declinazioni iconologiche che rendono unico il Cenacolo rispetto all’arte di ogni tempo c) le matrici iconologiche e spirituali dello stile del Cenacolo d) i modelli teologici-estetici che Leonardo ha utilizzato e riformulato creativamente nel suo capolavoro e) le concordanze interne e relazionali di tipo compositivo e rappresentativo presenti nella successione/collocazione apostolica che derivano dalla cultura e dalle trazioni cristiane ed ecclesiali più radicate. Approfondirò infine un’ipotesi di lettura che è emersa nel 2010 dalla studiosa Sabrina Sforza Galitzia, a sua volta debitrice, purtroppo senza riconoscerlo, dell’analisi di Franco Berdini/Francesco Mei/Argan, ipotesi che stranamente non è stata più da lei o da altri sviluppata ma che ritengo ancora attuale e interessante: il Cenacolo quale mappamondo mistico, quale icona cosmica, per la sua particolare strutturazione geometrico-spaziale.

Continua il 28 Marzo...