Ho appena visto il video prodotto dalla Federazione Editori Musicali, l’ennesimo tentativo di arginare il problema della pirateria musicale sul web. Ho ascoltato l’appello a cui hanno prestato faccia e voce, tra gli altri, Mauro Pagani, Franco Battiato, Gino Paoli, Ludovico Einaudi, Enrico Ruggeri e Caterina Caselli. Una prima annotazione: non si potevano trovare testimonial un tantino più adatti al target che si voleva raggiungere? Sinceramente non ce le vedo orde di adolescenti a scaricare “La gatta”, “L’era del cinghiale bianco” o “Divenire” via torrent, ma forse sono nel torto. Ad ogni modo è superfluo dire che la diffusione illegale di contenuti musicali è un fenomeno discutibile e moralmente scorretto, che è giusto comprare la musica e non prelevarla da siti fuorilegge. Eppure nel ragionamento che sta alla base dello spot trovo contraddizioni enormi.

La prima, abbastanza ovvia: si dice che la pirateria musicale uccide la creatività e la fantasia, azzoppando l’industria musicale. Mi pare una tesi ardita. Semmai taglia, e di molto, i guadagni di artisti che si erano abituati a vivere da ricchi vendendo i dischi, e che ora sono obbligati a infiniti tour tra lo stadio di San Siro e la sagra del fagiolo borlotto per salvare, almeno in parte, il proprio reddito. Non dico che sia accettabile o auspicabile, ma penso che le cose stiano così. Invece è vero che questo fenomeno riduce drasticamente la potenzialità dell’industria musicale, il che significa perdita di posti di lavoro e difficoltà per tante persone che, invece, da ricche non vivevano neppure quando si saltellava allegramente tra un disco d’oro e uno di platino. Eppure questa cosiddetta industria musicale, specie in Italia, è tutt’altro che esente dagli errori. Diciamo anzi che è in buona parte responsabile delle proprie disgrazie. Dal punto di vista economico, perché non è stata capace di proporsi in modo moderno, riducendo i prezzi dei compact disc quando ancora esisteva un mercato, per poi passare ad altri supporti, fisici o “liquidi” (mp3 e simili) che fossero. L’unica cosa che ha fatto per anni è chiedere più soldi ai pochi clienti che rimanevano, perdendo per sempre tutti gli altri. Dal punto di vista artistico, poi, si è ben guardata dal veicolare e promuovere la creatività, pubblicando nella stragrande maggioranza dei casi dischi brutti, già sentiti, poveri da ogni punto di vista. In questo senso non è certo Internet ad aver depresso la creatività, ma lo scarso coraggio dei discografici, convinti che il pubblico italiano fosse interessato solo a produzioni scontate, portabandiera di una leggerezza confusa con la banalità.

La seconda contraddizione mi sembra ancora più grande. Dice lo spot: i siti che veicolano illegalmente la musica (distribuendola gratis) non lo fanno per generosità, sappiatelo, ci guadagnano montagne di soldi, si arricchiscono alle nostre spalle. Beh, se è così facile fare soldi a palate mettendo in rete la musica gratuitamente, perché non lo fate? Anzi, perché non lo avete fatto per primi? Penso che nessuno avrebbe qualcosa in contrario a scaricare mp3 gratuiti dal sito della Columbia invece che dai vari server mariuoli. Temo che la situazione sia questa: ci hanno provato con Napster, ci hanno provato con Emule, ci stanno provando con Meagupload (chiuso ma sostituito da molti omologhi), ma difficilmente riusciranno a impedire lo scambio di file musicali e la loro disponibilità gratuita sul web. Il problema è di carattere tecnologico: finché per copiare un disco bisognava registrare il vinile su una cassetta, perdendo qualità in questo passaggio e nell’usura del nastro magnetico, nessuno si preoccupava delle copie illegali. La musica circolava, e in qualche modo aumentavano le vendite perché sentivi una canzone su una cassetta e volevi il disco. Oggi invece da Internet si scaricano file digitali che hanno, in alcuni casi, la stessa qualità audio, non solo dei file ufficiali, ma anche dei cd in commercio.
Insomma, alla luce di questo, riusciranno i nostri eroi a bloccare questa pirateria che equiparano ad un furto? Temo di no. Cari editori e artisti, non siete disposti per cupidigia a “regalare” la musica, cercando di guadagnarci con gli stessi mezzi che usano questi marpioni dei siti pirata? Non potete permettervelo per ragioni oggettive (i marpioni non hanno costi di produzione alle spalle)? In entrambi i casi, mi duole, siete condannati. Almeno provateci con qualche formula innovativa, tipo un abbonamento flat per scaricare la musica.

Il problema mi riguarda fino a un certo punto: spendo parecchie centinaia di euro in cd e vinili ogni anno, anche se ammetto di ascoltare saltuariamente i dischi sul web prima di acquistarli, per capire se mi piacciono. Tra l’altro questa è una potenzialità che, con qualche accorgimento tecnico, i signori della Federazione Editori dovevano sfruttare. E’ finito il tempo in cui potevano chiederti 24 euro per un cd chiuso nel cellophane: lo compravi e se poi faceva schifo erano problemi tuoi. Ora stanno puntando sul ritorno del vinile che non si masterizza con la stessa facilità dei cd. I più intelligenti includono nella confezione un codice per scaricare i file da ascoltare in macchina o con il lettore portatile, i più spudorati mettono in commercio cofanetti cd+dvd+vinile a prezzi da rapina.

La mia personale e per nulla autorevole previsione è che l’industria musicale uscirà fortemente ridimensionata nei fatturati e nel livello occupazionale, al di là di qualsiasi guerra alla pirateria, e che gli artisti avranno meno soldi a disposizione. Sulla morte della creatività non saprei dire, perché certo non mi pare creativa la roba che ci viene propinata dal main stream, mentre ci sarà sempre qualcuno che scriverà belle canzoni e magari le metterà a disposizione proprio su Internet.

Il mio consiglio, apparentemente contraddittorio, per gli appassionati di musica è quello di uno che è innamorato dei dischi da trent’anni: oggi si trovano cd a prezzi irrisori, recentemente ho visto ristampe a 4,90 nei negozi, e sui negozi on line, cercando, si trovano le novità intorno a 10 euro e il catalogo a pochi spiccioli. Comprateli finché esistono, vi garantiranno anni di divertimento, e non credo che rimpiangerete la spesa. Gli Lp nuovi si trovano nei negozi onesti intorno a 15-20 euro, nei mercati del disco si fanno affari anche con 5 e 10 euro. Tra pochi anni i dischi costeranno molto di più, perché diventeranno un prodotto di nicchia per gli audiofili, i quali, notoriamente, godono a farsi spillare quattrini per il solo piacere di sentirsi custodi del sacro Graal dell’altissima fedeltà. Ne parlo con cognizione di causa, visto che si tratta di una malattia che ogni tanto, seppur in forma lieve, mi colpisce. Per fortuna le ridotte disponibilità mi impediscono di dilapidare patrimoni.