Luoghi sospesi, soglia tra interno ed esterno, tra terra e cielo.

La cosiddetta “cortilello” e la “strada interna” di Santa Maria della Scala sembrano trattenere il respiro del tempo, custodire le tracce invisibili di chi, nel corso dei secoli, ha attraversato. In questi spazi, abitati da echi antichi e presenze quasi profetiche, si apre una dimensione spirituale dove la materia sfuma nel mistero architettonico del luogo.

È qui che si innesta l’opera dell’artista americano Jacob Hashimoto, come un’eco che prende forma. Le sue installazioni, leggere come un soffio, sono costituite da centinaia di aquiloni in carta giapponese e bambù: piccole presenze sospese, che fluttuano nello spazio, collegate da fili quasi invisibili. Ogni sua installazione dialoga intimamente con l’architettura che la ospita, trasformando l’ambiente in un’esperienza a un tempo intima e collettiva, sensoriale e spirituale.

Per il Santa Maria della Scala, Hashimoto immagina Path to the sky come un viaggio. Un percorso, un path, che non è solo fisico ma anche interiore: “Pensavo al Santa Maria della Scala come a un portale tra la vita e la morte, e la strada verso il cielo era così segnata attraverso il selvatico cunicolo e i passaggi ospedalieri che portavano all’infinito…”.

Hashimoto crea una parabola del cammino umano che attraversa il tempo, dove ogni aquilone diventa un frammento di storia, un’anima, componendo una sinfonia di individui delicatamente connessi per formare un insieme armonioso.

Il Santa Maria della Scala è esso stesso un racconto in movimento. Ogni sala, ogni varco, è una pagina di un libro antico che continua a scriversi. Così anche l’opera di Hashimoto diventa metafora del viaggio, di trasformazione, di connessione. Un luogo dove lo spirito si solleva, dove l’individualità si dissolve per farsi parte di un tutto, un insieme poetico, fragile e potente.