Un articolo pubblicato sulla rivista Nature riporta i risultati di uno studio delle foreste pluviali australiane che dimostra che hanno cominciato a emettere più anidride carbonica di quanta ne assorbano. Un team di ricercatori guidato dalla dottoressa Hannah Carle della Western Sydney University ha esaminato dati raccolti nell'arco di 49 anni, tra il 1971 e il 2019 per ottenere questa conclusione che è sorprendente e anche preoccupante.
Le foreste pluviali australiane, e in particolare la cosiddetta biomassa legnosa formata da tronchi e rami, stanno soffrendo sempre di più a causa dei cambiamenti climatici, i quali stanno portando a temperature che diventano sempre più spesso estreme, livelli di umidità inferiori a quelli ideali e di conseguenza a siccità. Lo studio mostra anche che l'aumento di anidride carbonica non favorisce la crescita di quegli alberi. I risultati che riguardano le foreste pluviali australiane ma questa preoccupante tendenza potrebbe presentarsi anche in altre parti del mondo con una gravità che dipende dai cambiamenti climatici.
Le foreste pluviali normalmente sono conosciute come pozzi di carbonio perché gli alberi assorbono più anidride carbonica di quanta ne emettano. Le chiome degli alberi e il suolo costituiscono elementi importanti di questi pozzi di carbonio ma anche la biomassa legnosa fa la differenza. Per questi motivi, le foreste pluviali sono considerate importanti per compensare almeno una parte dell'aumento di anidride carbonica dovuto alle attività umane.
Negli anni scorsi, i dubbi legati al ruolo delle foreste pluviali venivano dalle aree in cui era in atto un'attività di deforestazione. Ad esempio, sono state condotte varie ricerche che hanno indicato che il ruolo dell'Amazzonia come pozzo di carbonio si è indebolito nel tempo proprio a causa di un'aggressione diretta da parte degli esseri umani.
I dati relativi alle foreste pluviali australiane mostrano un declino della capacità di assorbire anidride carbonica tra il 1971 e il 2019 da parte della biomassa legnosa. La conseguenza è che c'è stata una transizione che l'ha portata a diventare tra il 2010 e il 2019 un emettitore di anidride carbonica.
La situazione delle foreste pluviali australiane è diversa da quella dell'Amazzonia perché questo studio la lega non alla deforestazione bensì ai cambiamenti climatici. Le registrazioni di temperature a lungo termine del Bureau of Meteorology indicano che in Australia le temperature medie sono aumentate di circa 1.5° Celsius. Negli ultimi anni, sta diventando normale avere temperature estive superiori ai 40° Celsius. Anche le foreste pluviali stanno soffrendo a causa di queste temperature estreme. La siccità che colpisce sempre più spesso l'Australia a causa di questo progressivo riscaldamento ha effetti negativi anche sulla vita delle sue piante.
Nel caso della biomassa legnosa, quando c'è un equilibrio in un ecosistema forestale, ci sono alberi che muoiono e vengono sostituiti da altri alberi. I cambiamenti climatici generano stress negli alberi con un incremento della loro mortalità e una minore crescita di nuovi alberi.
Un'ulteriore minaccia per le foreste pluviali arriva dai cicloni tropicali. I cambiamenti climatici li rendono sempre più violenti e ciò ha come conseguenza maggiori danni agli alberi e in particolare alle loro chiome. La progressiva difficoltà nel rigenerare le parti perdute limita la capacità degli alberi di assorbire anidride carbonica.
Tutto ciò genera una progressiva instabilità negli ecosistemi forestali australiani. La conseguenza rilevata dal team della dottoressa Hannah Carle riguarda la loro trasformazione da pozzi di carbonio a emettitori di anidride carbonica. Ciò è preoccupante perché queste foreste finiscono per contribuire ai cambiamenti climatici. Resta da capire se ci saranno altre conseguenze, ad esempio sulle popolazioni di animali che vivono in quelle foreste e potrebbero essere danneggiate dalla loro decadenza.
L'importanza delle foreste pluviali negli ecosistemi globali è tale da essere considerata anche nei modelli climatici. Ciò significa che i climatologi includono i dati relativi alle foreste pluviali per valutare l'evoluzione climatica nel mondo e per stimare i cambiamenti in atto. La capacità delle foreste pluviali di assorbire anidride carbonica rappresenta un elemento importante nel combattere gli aumenti della presenza di questo gas nell'atmosfera a livello globale. Per questo motivo, è chiaro che se le foreste pluviali australiane sono diventate emettitori di anidride carbonica, i modelli climatici vanno rivisti in modo più pessimista.
Questo studio dei cambiamenti avvenuti nelle foreste pluviali australiane rappresenta un serio monito anche perché potrebbe trattarsi di un esempio di un cambiamento più esteso. Diventa più che mai urgente verificare lo stato delle foreste di tutti i tipi a livello globale per capire se quello in atto in Australia sia un fenomeno dovuto alle condizioni di quel continente o se i cambiamenti climatici stiano colpendo foreste anche in altre parti del mondo.
C'è un certo pessimismo sulla possibilità di fermare il riscaldamento globale e le foreste potrebbero diventare ancor più importanti in qualsiasi piano volto a evitare catastrofi ecologiche ancor più gravi di quelle che sono già sotto i nostri occhi. Anche in questo caso, l'Amazzonia è un esempio, nel senso che è al centro delle decisioni politiche prese negli ultimi decenni. Ora c'è un nuovo corso che ha portato a una netta riduzione della deforestazione ed è un cambiamento importante ma non basta. Servono politiche che favoriscano la conservazione delle foreste con un occhio di riguardo alla loro salute per far sì che possano tornare a prosperare e, tra le altre cose, ad assorbire anidride carbonica.















