Si era sempre pensato che l’inganno tattico appartenesse solo a poche specie animali, in primo luogo all’uomo, poi alle scimmie antropoidi (scimpanzé, orango e gorilla), ai babbuini (ne esistono almeno cinque specie) e ad alcuni animali domestici come il cane. Per esempio, il cane sa molto bene come ingannare il suo padrone, “legge” nel suo pensiero e ne sa anticipare le intenzioni, solo che il padrone non se ne rende conto o fa finta di non rendersene conto.
Secondo alcune ricerche condotte in Brasile sembra che queste capacità cognitive appartengano anche ad alcune Aluatte nere (scimmie urlatrici) anche se, a dire il vero, l’inganno tattico è stato osservato anche in alcune specie di uccelli e perfino in alcuni insetti, per esempio nelle falene. In verità nelle falene, più che di inganno si dovrebbe parlare di mimetismo cromatico anche se poi la sostanza delle cose non cambia di molto. In conclusione, queste strategie, perché sono strategie vere e proprie, sono diffuse in tutto il Regno animale e, chi più chi meno, le manifesta.
L’inganno tattico probabilmente ha un’origine evoluzionistica, cioè adattativa, altrimenti non si capirebbe la ragione della sua esistenza. È una questione di sopravvivenza. L’animale che non sa ingannare bene e che non sa farlo senza farsi scoprire rischia di trovarsi in difficoltà: potrebbe essere sopraffatto, diventare il pasto di un predatore e conseguentemente mettere in difficoltà tutta la specie.
Per tornare alla appena citata falena, che è un Lepidottero come la farfalla, in che cosa consiste l’inganno (anche se non propriamente tattico) in questo insetto? Per non essere catturata da qualche uccello, la falena si posa sulla corteccia di un albero che ha il colore delle sue ali dispiegate, insomma, si confonde con lo sfondo. Tanto più la falena eredita il colore delle sue ali simile a quello di una corteccia tanto più ha la possibilità di essere lasciata in pace. Il predatore non si accorge della sua presenza. Il problema sorge nel momento in cui la falena spicca il volo e lascia la corteccia dell’albero su cui si era posata. In sostanza la selezione naturale favorisce questa specie, perché di falene ne esistono diverse specie, il cui colore delle ali si confonde con quello della corteccia su cui si posa. Quando questo non avviene e la diversità dei colori, ali/corteccia, è evidente, la falena corre il rischio di essere individuata e mangiata in un solo boccone. La falena ha un altro vantaggio e non indifferente, cioè quello di avere al centro delle sue ali due cerchi perfetti che sembrano due occhi dai quali è sempre meglio tenersi alla larga: a un predatore, infatti, potrebbero sembrare quelli di un serpente.
Abbiamo accennato all’inganno negli uccelli. Alcuni si fingono feriti di fronte a un cacciatore che in verità non li ha colpiti, così, quando quest’ultimo si avvicina alla preda che crede ferita o morta, l’uccello spicca improvvisamente il volo dall’erba e il cacciatore non ha più il tempo di sparare un secondo colpo. Quello della falena è un inganno mimetico e quello dell’uccello è invece un inganno tattico vero e proprio. Entrambi sono inganni interspecifici, in quanto la preda potenziale appartiene a una specie diversa da quella del potenziale predatore: falena-uccello, uccello-cacciatore. Ovviamente esistono degli inganni tattici intraspecifici e sono quelli più interessanti in quanto qui l’elaborazione cognitiva dell’inganno è molto più sofisticata e complessa, per non dire complicata. Qui è necessario ingannare un conspecifico, per convenienza o per un tornaconto personale. Si tratta a volte di ingannare persino un leader (o un capo) o un compagno che si conosce bene. Allora bisogna prendere tutte le misure e contromisure, degli accorgimenti, valutare i pro e i contro nel caso l’ingannatore venga scoperto prima di entrare in azione.
A tale riguardo, forse l’inganno tattico più interessante e curioso ci viene fornito, come accennavamo all’inizio, dai babbuini, animali molto intelligenti, scaltri e lungimiranti. I babbuini vivono in strutture sociali molto gerarchizzate. Nel gruppo di appartenenza ci sono un leader, dei sub leader maschi e anche delle femmine che hanno ruoli molto importanti nella società. Tutti devono stare al loro posto e i leader e solo loro hanno il libero accesso alle femmine in calore escludendo tutti gli altri maschi che hanno quindi delle grosse difficoltà a incontrarsi con delle femmine che, magari, sarebbero disponibili a stabilire un rapporto sessuale anche con loro, cioè con chi leader non è. Bisogna inventarsi qualcosa di veramente sorprendente per superare tutti questi ostacoli e divieti.
I babbuini quando architettano un sotterfugio, lo fanno, appunto, con un inganno tattico: nascondono dietro una pietra la parte inferiore del loro corpo mentre intrattengono dei rapporti sessuali con delle femmine accondiscendenti le quali anch’esse fanno vedere solo la parte superiore del loro corpo. Agli occhi dei leader, che non vedono in realtà quello che sta accadendo, tutto sembra regolare: ignorano cioè che un sottomesso si sia preso la liberta di rompere questo divieto. Il leader in questi casi non interviene credendo che a diffondersi nel gruppo sia solo il suo patrimonio genetico e non quello degli altri ai quali non è consentito. La ragione del successo di questo inganno tattico che non riguarda solo il mondo dei babbuini (in molti casi storicamente riguarda infatti anche l’uomo, soprattutto nelle dinastie reali del passato ma anche in quelle attuali che nel mondo sono ancora tantissime), è legata alla ereditarietà della variabilità genetica della progenie.
Se fosse sempre e solo un individuo a diffondere il suo patrimonio genetico e se malauguratamente dovesse trasmettere, per esempio, una malattia congenita grave, metterebbe in pericolo tutta la sua progenie e quindi tutto il suo gruppo di appartenenza. La conclusione è che la natura spesso sopperisce a delle dure regole sociali e culturali che vincolano i rapporti di coppia e che quindi in sostanza potrebbero ostacolare la variabilità genetica. Questa è la ragione, per esempio, per la quale le relazioni sessuali tra consanguinei non sono raccomandate. Sembra assurdo, ma la verità è che forse l’inganno tattico di tipo sessuale è stato fondamentale ai fini della nostra sopravvivenza, certamente fra i nostri lontani predecessori, dall’Australopitecus afarensis fino all’Homo heidelbergensis che hanno anticipato la comparsa dell’Homo sapiens circa 150-200 mila anni fa.
Ma torniamo per un attimo alle Aluatte di cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo. Cosa ha di particolare l’inganno tattico in questi animali? Si è trovato che alcuni maschi sottomessi sfruttano un innocuo gioco sociale con altri individui soprattutto per distrarre i leader e avere quindi liberamente accesso al cibo che non sarebbe possibile raggiungere con altri mezzi. Si tratta fondamentalmente di un inganno tattico in quanto qui il gioco diventa solo un mezzo per raggiungere uno scopo che non è solo quello del gioco fine a sé stesso. Negli asili nido i bambini spesso usano queste strategie per raggiungere posizioni di prestigio e di comando: scelgono i loro compagni di gioco, quando è possibile, per un secondo fine che non è solo quello del gioco in sé.
Quelle delle Aluatte sono strategie eccezionali e che richiedono complessi meccanismi cognitivi e di pensiero che non avremmo mai immaginato possedessero. Riescono a manipolare lucidamente le prospettive degli altri in funzione delle aspettative dei soggetti che riescono a ingannare. Noi uomini, tutti fondamentalmente antropocentrici, di fronte a questi fatti ne abbiamo sempre negato l’evidenza. Non avremmo mai pensato che delle scimmie potessero architettare strategie di questo genere, eppure ne sono capaci. Non sarà che l’inganno tattico diffusissimo nell’uomo abbia le sue radici in quello di questi animali?