Quando il giovane futuro professore si avvicinò al fax, questo era in funzione. I pochi capelli che aveva in testa sopravvivevano dentro una strana piega, segno che aveva dormito fuori casa, in un ufficio, o in una biblioteca. La camicia azzurra era ben stirata, quindi era riuscito a tornare a casa prima di recarsi al lavoro. Si notavano i residui della forfora, la pelle grassa, accenni di cerume. Gli studenti pensavano che avesse la faccia da idiota, alcune volte, durante le sessioni d’esame, da idiota si comportava sul serio, con le sue domande a trabocchetto, i commenti sferzanti, le sue citazioni banali.

Me ne sto disteso nel mio letto e osservo la stanza. È un porcile, non faccio fatica ad ammertterlo. Sono un tipo rumoroso, do noia ai miei coinquilini, studenti come me che si impegnano però molto più di me. Da tempo minacciano di sbattermi fuori dalla casa, perché, dicono, devono studiare, loro, non hanno tempo da perdere. Io non gliela rendo facile, dicono, è stato un errore quello di accettarmi e darmi la stanza. Non sono uno che sloggia, che si formalizza per qualche sincerità sputata in faccia. Ci rido su. Se devo essere chiaro, non mi importa minimamente di cosa pensano di me. Con me il bullismo non attacca. So di essere in minoranza. Continuo a tenere la mia stanza lorda e a sporcare anche bagno e cucina, gli spazi in comune. Mi dà soddisfazione sapere che diventano tutti pazzi, che devono pulire, mentre io me ne sto in camera a osservare il soffitto.

Il fax trasmette l'infausta incolore notizia: siamo spiacenti di non poter includere il suo racconto per la chiara incompatibilità con i temi e le ambientazioni della collana che ci accingiamo a pubblicare. Nella speranza che non desista, visto il suo vivido talento... Il giovane futuro professore dà un calcio al tavolo rovesciando il contenitore delle penne. Una si spacca in mille pezzi macchiando le scarpe lucide di inchiostro cristallino. Si affaccia di fuori, il sole lo colpisce diritto negli occhi con i suoi raggi. Fa un caldo boia. Di sotto, una miriade di giovani camminano veloci e vanno da una parte all’altra. Lui li osserva tutti senza vederne nessuno. Pensa a quanti falliranno nella vita, a chi verrà data un’occasione d’oro, chi la sprecherà, chi, invece, sarà fortunato e basta.

Se mia madre vedesse questo disordine e come trascorro le mie giornate! E lei che paga l’università. Mio padre se ne è lavato le mani. Mia madre sta investendo una parte dei suoi guadagni passati, e una parte di quelli che riesce ad accantonare ora, perché è una professoressa universitaria, per mantenermi in questo appartamento. Paga affitto e spese varie, tasse universitarie, cibo, vestiti e le mie uscite serali. Aspetta di vedere i primi risultati del suo investimento. Io mi chiedo quanto ci vorrà perché abbia un primo sentore del fatto che ha sbagliato tutto. Ha sbagliato il cavallo su cui puntare, non ha azzeccato l’investimento della vita, otterrà presto una cocente delusione. Il giorno in cui succederà dovrò rivedere tutte le mie priorità. Accendo il videoregistratore ed inizio a guardare un film. La mano priva di forze cade sul pavimento. Frugo. Sento la ruvidezza della stampa di un giornale sportivo, la vuota rotonda inconsistenza delle lattine di birra, due almanacchi, alcuni telecomandi, la guida dei programmi, una foto. È di Robert Altman.

Il giovane futuro professore sbatte la porta uscendo e dimentica il fax nell’ufficio. Sa che non tornerà in quella stanza, che quel fax non riuscirà più a riprenderlo.

Tim Robbins parla al telefonino mentre guida un’auto fiammante, indossa abiti eleganti e ha il portamento da magnaccia d'alto bordo. «Come si chiamerà questo nuovo film? I protagonisti.» Scende dall'auto e abbraccia la moglie che ha un pancione enorme. Salto giù dal letto e mi butto sul pavimento. Mi muovo come un marine che si mimetizza nella sabbia. Mi avvicino allo schermo e ci poggio il viso. Sfrigola. Perdo la testa per i finali come questo. Perdo la testa di fronte a certa genialità. Alle costruzioni ardite e a spirale.

Costruzioni ardite e a spirale, pensa il giovane futuro professore salendo sulla Land Rover mentre si dirige in centro per un impegno che non può rimandare. «Nessuno accetta più costruzioni ardite e a spirale. Vogliono la linearità. Ma la mia principessa bionda non doveva tradirmi, non ora. Ho impiegato mesi per costruire il suo adorabile personaggio. Il suo adorabile, perverso, maledetto personaggio. Che, a quanto pare, non funziona. O non è adatto alla collana. Babbei.» Sta borbottando la stessa litania da ore. Pensa e ripensa al manoscritto che tiene sul tavolo da lavoro del suo studio, nell’appartamento in cui vive, in centro. Ha una vita agiata e che non presenta particolari problemi. Il manoscritto è il suo futuro. Ne ha tratto un racconto che nessuno accetta, il suo dubbio è che il romanzo non valga niente. Sconfitto se ne sta il manoscritto sul tavolo a prendere polvere. Lui ha lavorato al racconto negli ultimi mesi e quelle pagine non le ha più toccate da troppo tempo. La prima pagina ha un colore diverso dalle altre e una scritta barocca da stilografica con tanto di svolazzamenti che danno nell'occhio. Si intitola: Gli assistenti preferiscono le bionde. «Il titolo non è granché, ma, dopotutto, si può sempre cambiare e trovarne uno migliore. Bisognerebbe leggerlo attentamente un racconto per poterlo giudicare.» Il giovane futuro professore si ferma di fronte a una casa prima di tornare alla facoltà. È la casa della sua fidanzata. E dislocata non tanto lontano da dove si trova il suo appartamento. Lui è nervoso, la notte precedente non sono stati assieme. Lui non si fida di lei, crede sempre che lei frequenti altri uomini quando lui non c’è. Ha una copia della chiave e appena può arriva ed entra senza avvisare. Vorrebbe tanto coglierla in flagrante.

Squilla il telefono della mia camera. Chi può essere a quest'ora? Mando in pausa il video mentre Tim Robbins sta scaraventando un tipo contro un muro. So già che dopo gli ficcherà la faccia dentro una pozzanghera. «Stai guardando un video di prima mattina?»
«Mamma che vuoi? Ho male allo stomaco e sono indietro con gli esami. Quindi ho molto da fare.»
«Devi smetterla di dirmi bugie e bere quelle birre del cavolo, alla fine ti verrà qualche malattia.» Mi tocco perché sono scaramantico.
«Devo passare in facoltà per incontrare una collega. Mi accompagni?»
«Non ci penso nemmeno. Dopo il film mi rimetto sotto le coperte. Riposo assoluto, quindi studio notturno sfrenato e disperato.»
«Sei un fannullone stronzo. Sono tre settimane che ti chiamo e fai il vago. Non ti sei degnato di fare una telefonata che fosse una. La devi finire con questa storia del cattivo rapporto che hai con il telefono. Sono tua madre e non accetto scuse.»
Che il momento della resa stia arrivando?
Riattacco, ma poi poggio la cornetta per terra, così la linea risulterà occupata e il telefono non suonerà più. Mia madre odia questi giocchetti. Impazzisce dalla rabbia quando la prendo per i fondelli.

Il giovane futuro professore arriva in facoltà. La fidanzata dormiva da sola, l’appartamento era in ordine, nessun segno di presenze etranee, tutto regolare. Nel piazzale dell’università ci sono gruppi di ragazzi che sciamano sulla scalinata. Altri confluiscono rumorosi dai parcheggi. Tutti corrono. Ma dove vanno? Il giovane futuro professore è confuso. Sente le sirene, un'ambulanza, la polizia. Una ragazza bionda, vent'anni, corpo fresco e robusto, se ne sta distesa in terra con un foro di proiettile che le ha trapassato le tempie da parte a parte. Il colpo è stato sparato dalla finestra più grande dell'aula dove si ritrovano i professori. Dove c’è il fax. La ragazza è morta. Si tratta di un omicidio. Il giovane futuro professore è sconvolto perché l'aveva interrogata qualche anno prima. Certo lui non si ricorda di tutti gli studenti che incontra. Ma con quella studentessa le cose stavano diversamente. Lei era brillante. Avevano pure scherzato. E lui aveva scritto “Gli assistenti preferiscono le bionde”. Ora quella bellissima creatura non esiste più. Se ne sta distesa esanime in attesa che il circo equetre delle forze dell’ordine arrivi per presidiare il luogo dell’omicidio. Lei è morta e il suo racconto è stato trombato. Significa che il romanzo non vale granché. Che non troverà mai il coraggio di proporlo a qualche casa editrice. Che finirà nel cassetto. Il più classico dei manoscritti chiusi in un cassetto. Ma ora la situazione è ben più grave.

Alle tre del pomeriggio vengo svegliato da una telefonata.
«Sei sveglio fannullone?»
«Mamma! Ma chi ha riattaccato la cornetta?»
«Allora lo ammetti che stacchi la linea per non sentirmi»
«Ma no, è solo che non volevo essere svegliato.»
«Ti ho chiamato per darti una brutta notizia. Hanno ammazzato una studentessa alla tua università. Verso mezzogiorno. Era del terzo o quarto anno. Si stava per laureare. Si sarebbe laureata in tempo. Lei. Sono sempre i migliori che hanno un destino crudele. Comuque, il professor Biondini è stato portato via. Il tuo professore.»
«È stato lui?»
«Non si sa.»
«Non devo più preparare l’esame.»

Il giovane futuro professore, seduto in cella, guarda una crepa del muro incredulo. Lo ha letto in migliaia di libri gialli, o nei noir in cui si perdeva tra una lezione e l’altra, seduto in una panchina a mangiare un tramezzino e una mela e a bere una diet coke, mentre la ragazza bionda passava e lui la osservava, pensando a come sarebbe venuto il suo personaggio adorabile e perverso. Ma da qui che capitasse a lui... È così grigio il mondo visto da una piccola cella! Certo è peggio vederlo da dentro una bara, a vent’anni, con un buco in testa. Che cavolo, smettila di pensare a queste cose. «Come avrà fatto quella pistola a finire nella mia cartella? E come avranno potuto quei pezzi di merda rigettare il mio racconto?» Questo borbotta il giovane futuro professore mentre un poliziotto lo interrompe bruscamente per avvisarlo che è appena arrivato il suo avvocato.

Non devo più preparare l’esame. Ho qualche settimana di respiro per decidere cosa fare. Ah, che fortuna sfacciata! Certo, mi dispiace per la ragazza. Ah, ma che diamine sto dicendo, non la consocevo neppure. Ora non so proprio cosa fare.
È il primo pomeriggio e in questi casi la noia rischia di rovinarmi la giornata. Decido di accendere il mio computer. I miei studi non porteranno a niente. Ma io diventerò un grande scrittore di sceneggiature e Robert Altman le dirigerà portandomi al successo. Quindi vediamo: esterno, giorno, grande casa coloniale romana, una ragazza sta suonando al campanello. Una ragazza sta suonando al campanello. Chi è? Non ne ho la minima idea. Un’amante, una venditrice porta a porta. La postina. No, è una studentessa, una studentessa bionda, ma certo. La studentessa e il professore. No, la studentessa e l’assistente. Si, è la direzione giusta. Sarà una sceneggiatura meravigliosa.

Nella’aula in cui si radunano i professori, la polizia sta facendo ancora i rilievi del caso. Documenti, impronte, prove con cui ricostruire i movimenti della mattina. Un fax, un documento arrivato pochi minuti prima che la ragazza venisse uccisa. Tutto da imbustare e attenzione a non inquinare le prove. Questo è il punto chiave. Questa triste comunicazione. Il racconto del giovane futuro professore non verrà pubblicato. E tra gli armadi pieni di libri antichi, vicino alla finestra più grande, sul pavimento, quella piccola macchia d'inchiostro. Il giovane, futuro professore l’ha combinata grossa. Questa volta non se la caverà. Alcuni errori sono davvero imperdonabili.