Da sempre ogni cambio di configurazione della moneta ha sempre provocato un profondo cambiamento del tessuto sociale e del modo di vedere il mondo da parte degli esseri umani. Il passaggio dal denaro a criptomoneta è un nuovo salto che conseguentemente ingloba una nuova visione del mondo.

La moneta, infatti, non è solo una misura universale dei valori di scambio (che incorpora tre funzioni della moneta: misura del valore, strumento di pagamento e fondo di valore); ma porta con sé una serie di implicazioni semiotiche, che Marx non è stato in grado di intuire, vuoi per il suo approccio, sia perché certi risvolti relativi alla moneta non erano, ai suoi tempi, ancora parte degli studi filosofici o scientifici. Partiamo con ordine.

Per fare un esempio recente, JF Lyotard, in La condizione postmoderna, ha asserito che - grazie ai nuovi mezzi di informazione - moneta e sapere circolano ora negli stessi circuiti. Il fatto che entrambi circolino negli stessi circuiti, afferma sempre Lyotard, cambia il modo di concepire gli opposti valori che governano la conoscenza (sapere/ignoranza) per diventare conoscenza dei mezzi di pagamento/conoscenza dei mezzi di investimento. Il cambio affermato da Lyotard, quindi, assume un cambiamento.

Da un modo di concepire i valori della conoscenza siamo quindi arrivati, secondo Lyotard, a concepire dei nuovi valori che si applicano ad essa e che sono funzione della moneta o del circuito in cui entrambi si trovano a condividere. Ma questa intersezione tra conoscenza e moneta, porta alla sola modificazione degli opposti valori con cui noi pensiamo la conoscenza; oppure, il modo con cui noi concepiamo la “moneta-conoscenza” porta delle modificazioni anche nella nostra weltanschauung?

Come ho detto prima, la moneta non è soltanto misura universale dei valori di scambio, bensì incorpora una serie di credenze, valori e norme sociali (come potrebbe essere altrimenti, visto che la moneta, in senso astratto non è altro che la risultante di scelte umane?) che fanno parte del modo con cui noi “costruiamo” la moneta; questi non sono fissati una volta per tutte, ma cambiano, a seconda del modo con cui noi “intendiamo usare” la moneta all’interno della globalità delle faccende umane.

Nel nostro caso, ovvero quello delineato da Lyotard, per esempio, l’equivalenza moneta-conoscenza, siccome il sapere è diventato la principale forza produttiva (merce-informazione), si verifica che la moneta inglobi la concezione stessa di conoscenza (da “il tempo è denaro” a “monetizza ciò che sai”) e la conoscenza abbia (rafforzandolo socialmente) solo un valore d’uso.

Non è la prima volta nella storia che questo tipo di co-fertilizzazione accade. Ci sono forti analogie tra il nostro tempo e quello del passaggio dalla società greca arcaica a quella classica - il periodo che comunemente è conosciuto in filosofia come il periodo pre-socratico (V-II sec. AC) - un periodo di transizioni e di forti tensioni sociali (che possono essere viste nei lavori di Platone).

Secondo il grecista britannico, studioso di Marx, G. Thomson l’idea di Uno (o unicità dell’essere) in Parmenide è la proiezione della sostanza del valore di scambio (propriamente presente nell’idea di moneta che si andava sviluppando in quel periodo): tra le altre cose l’uno parmenideo è, secondo questa originale interpretazione, pura astrazione, in cui viene eliminato ogni tipo di caratteristica sia essa qualitativa, concreta o sensibile. Non solo questa concezione viene incorporata dalla filosofia, ma anche dalla cosmologia ionica-milesiana. Il valore di scambio come ben sappiamo trova concreta realizzazione nella moneta. Il rapido sviluppo durante la vita di Parmenide di un nuovo e radicale tipo di moneta (il conio) la cui sola funzione era quella di incorporare il valore di scambio è uno dei fattori che ha permesso la nuova rappresentazione parmenidea della realtà come l’Uno astratto.

Ma è con Anassimandro che inizia la svolta che sarà completata con l’introduzione del conio, a partire da Mileto. Nel famoso frammento di Anassimandro si fa riferimento all’impersonalità (incorporata dalla moneta) come necessaria per la risoluzione dei conflitti in modo pacifico che passa per una transazione economica che la Polis assegna alle parti per regolare i litigi legali. La impersonalità della transazione è rafforzata dalla suprema impersonalità della moneta; la moneta (come mezzo di risoluzione del conflitto) ha, quindi, una duplice funzione: mezzo di pagamento – che annichila o riassorbe il danno -, e misura del valore, che riconcilia le parti in disaccordo piazzando il danno subito in una scala di valori impersonale accettata da tutti alla quale appartengono altri danni, ma anche i beni o servizi.

Come misura universale la moneta, fornendo una misura universale, permette una molteplicità di transazioni controllate (cioè, calcolate per mezzo della moneta) e pacifiche. Archita di Taranto ha sottolineato questa potenza della moneta che, tramite il calcolo, permette di creare concordia sociale: secondo Archita, infatti, la scoperta del calcolo (o logísmos) fà cessare le liti, accresce la concordia; il suo avvento non genera benefici per alcuni, ma uguaglianza: con il calcolo, infine, ci riconciliamo ai patti che ci uniscono.

Quindi, per mezzo del calcolo, la relazione tra i litiganti è assimilata a una transazione commerciale, riprogettata dentro quella sfera illimitata della circolazione dei beni regolata dalla moneta come mezzo di scambio e misura di valore; d’altronde, in seguito, gli scambi commerciali verranno descritti dallo stesso vocabolario usato per descrivere i risultati sia in ambito legale che in ambito fisico dell’applicazione del concetto di giustizia.

Nel frammento di Anassimandro, infatti, l’idea di giustizia ha una duplice valenza: cosmologica e economica. Nello scambio monetario, infatti, come nella cosmologia di Anassimandro, gli opposti si originano e si “incarnano” in una singola sostanza, dalla quale vengono poi riassorbiti (secondo l’ordine del tempo, cioè a seconda dei costumi vigenti). L’opposizione tra parte lesa e chi ha creato il danno viene risolto tramite il potere universale del valore monetario che assorbe il danno. La moneta, in altre parole è paragonata a, o meglio, ha le stesse caratteristiche dell’illimitato di Anassimandro: l’apeiron.

Non è quindi un caso che la potenza di calcolo fornita dai moderni computer (dei mezzi imparziali rispetto alle vicende umane) unita alla riduzione dei beni materiali a beni intangibili o immateriali (internet of things), permetta di usare un nuovo tipo di moneta (le criptomonete); queste nuove criptovalute - al di là della complessità del meccanismo finanziario - incorporano quei valori, quelle credenze e norme che sono alla base della “rivoluzione informatica”, la quale promette di cambiare il nostro modo di concepire e rapportarci non solo con il denaro ma anche (e non solo) con i beni di consumo di ogni giorno.

Un cambiamento epocale simile a quello (anch’esso dominato da nazionalismi e populismi) della Grecia classica, che, come ho cercato di far vedere, ha portato alla nascita di una visione del mondo che è sopravvissuta per circa 1500 anni. Uno dei grandi valori già presenti a cui molte criptomonete, credo, puntino ad amplificare è certamente la decentralizzazione monetaria in quanto con le criptovalute l’importanza delle banche centrali tenderà ad essere sempre più marginale, insieme ad un ritorno ad una forma di baratto che da semplice scambio è piuttosto una forma di peering.

Ma quali forme di cambiamento profondo questo porterà nella società è difficile prevedere in quanto altre variabili sono in gioco (quali tra i più importanti troviamo l’emergenza ecologica) che sono sistemiche, in parte esterne alle dinamiche finanziarie e dipendono dalla consapevolezza degli esseri umani e dalle scelte politiche che – pur prendendo spunto dalla storia passata non solo quella recente, ma anche quella più remota – producano nuove forme di deliberazione pubblica.