Le tue parole nella trasmissione Giù la maschera di Marcello Foa su Rai Radio 1, hanno suscitato reazioni entusiaste perché, riferendo esperienze in prima persona, hai trattato, da esperto ma al massimo della semplicità e schiettezza, questioni di rilevanza primaria per chiunque.
La prima questione riguarda la natura della mente. Sostieni che la mente e il flusso dei pensieri si possono dominare. Durante una passeggiata - affermi in Silicio - avvertisti la sensazione che potevi “tenere fermo” un pensiero, “girandolo” nella mente «come se avessi tenuto un oggetto tra le mani». «Per la prima volta – cito – provai il senso di essere responsabile dei miei pensieri, anziché alla loro mercè».
Questa constatazione è al centro da secoli delle indagini dei meditatori indiani e tibetani, ma ecco che tu l’hai messa in pratica costruendo il primo microprocessore che ha fatto la tua fortuna di inventore: «Ho materializzato un’idea riuscendo a ‘bloccarla’ e a trasformarla in una ‘cosa’ concreta».
Gli autori della trasmissione e gli ascoltatori sono rimasti a ragione stupefatti! Non c’entrano adesioni religiose e appartenenze a trafile iniziatiche, ci sei arrivato da te col tuo raziocinio e il tuo cuore in sintonia. Hai mostrato che si è liberi di farlo e che, se davvero lo si vuole, questo può cambiare il nostro approccio alla vita. Puoi dirci qualcosa di più sulla vigilanza mentale e il suo potere?

Sì, questo fenomeno, chiamiamolo così, per me è stato naturale: non mi ero posto la domanda se posso fermare i pensieri o no. Mi sono accorto che un pensiero potevo rigirarmelo in testa, cosa che non avevo mai fatto prima e che mi ha dato un senso di potere sui miei pensieri e che poi mi ha aiutato moltissimo anche nello studio, perché in questo modo potevo capire i concetti e se non li capivo mi facevo domande. Riuscivo a manipolare i concetti mantenendoli fermi nella mia mente, mentre prima i pensieri andavano e venivano come generalmente vengono e vanno nella mente di ciascuno. Non è che io posso decidere che pensiero emerge nella mia testa. Il pensiero è qualcosa che entra ed esce, che si sposta, che ha un suo dinamismo.

Per me è un aspetto di quello che si chiama, penso nei concetti dell'Est, la concentrazione. Cioè la capacità di mantenere la mente ferma su un soggetto in modo da vederselo, rigirarselo, analizzarlo. Questa è anche la mia capacità, quella capacità che mi ha permesso di scrivere Irriducibile o che mi ha permesso di esaminare le proprietà della coscienza, ma ancora più importante è il fatto che la concentrazione e il bisogno di capire crea addirittura una forma di attrazione a esperienze straordinarie di coscienza che ti portano a una risposta a quelle che sono le domande che ti fai.

Naturalmente la risposta non viene nei tempi e nelle forme in cui tu te l'aspetti. Devi aprirti a riceverla, però devi fare delle domande ben precise e poi la risposta ti viene a suo gradimento, non a tuo gradimento. Ma tu devi essere aperto a riceverla e, quando la ricevi, a trattarla con lo stesso rispetto e apertura mentale e concentrazione che ti permette poi di capirla.

Tu avresti vissuto quattro vite, come dici in Silicio, vorrei tornare sulla tua terza vita, quella di imprenditore.

La fondazione delle mie ditte, considero quella la mia terza vita, cioè la vita dell'imprenditore, la vita di chi si cimenta in un mondo più ricco e più sofisticato che non quello delle invenzioni, dei prodotti che sono strutture fisiche che rispondono alle leggi della fisica classica, perché noi possiamo soltanto creare macchine classiche.

Queste leggi sono abbastanza note e quindi predicibili, mentre i fenomeni che avvengono nel mondo più vasto, umano, come per esempio chi saranno i miei competitori fra due anni, a quel tipo di domande non c'è una formula che dà la risposta; quindi, fare l'imprenditore apre delle possibilità che sono molto più vaste di quelle di un inventore, di uno che crea dei prodotti, quindi usa la tecnologia, usa le conoscenze scientifiche per fare dei prodotti che funzionano.

Per me l'esperienza di imprenditore mi ha aperto quello che chiamo "la pancia", metaforicamente ovviamente, la pancia è la capacità di prendere decisioni che sono basate su intuizioni mentali, ma tu prendendo una decisione devi assumere dei rischi, quindi decisioni coraggiose che implicano che tu hai un certo livello di trust, di fiducia su te stesso, sulla tua intuizione, sulla tua capacità di predire almeno in maniera plausibile il futuro che ti è davanti.

Quindi quell'aspetto lì è stato un aspetto molto importante perché mentre avevo sviluppato l'aspetto immaginativo e razionale nella mia seconda vita, cioè la vita in cui sviluppavo prodotti nuovi e i prodotti nuovi hanno bisogno di un'immaginazione che può immaginare cose che non esistevano prima, ma poi deve anche manifestarle in maniera che funzionino con le cose che si sanno oggi.

Quindi questi due aspetti, l'aspetto immaginativo e razionale, sapere anche usare le leggi della fisica, le leggi del mondo fisico per fare qualcosa che funziona, quelle cose lì le avevo capite bene, però se uno mi avesse detto allora tu mi spieghi come sarà il mercato fra cinque anni, io avrei dovuto dire che non lo so, non lo so e non posso nemmeno immaginarmelo, ma quando tu sei a capo di un'azienda, anche se non lo sai, devi almeno fare un tentativo di immaginarlo in modo da avere delle ragioni per dire che il prodotto che farai avrà un successo o meno, oppure una probabilità di successo o meno.

Alla fine devi dire sì o no, facciamo questa cosa o non la facciamo. Basta essere un livello sotto e quello che è nel livello sotto lascia la responsabilità al suo capo, che è il capo dell'azienda. Solo il capo dell'azienda deve assumere la responsabilità di tutto l'andamento dell'azienda attraverso decisioni in cui l'informazione per decidere è incompleta, è insufficiente; quindi, si deve sopperire con l'intuizione alla insufficienza dell'informazione che è disponibile.

Questo io l'ho imparato, però allora il mio cuore non era parte dell'azienda in un certo senso. Cioè lo era in parte, ma non era aperto abbastanza da essere percepito come parte della natura in cui esistiamo e quindi con l'apertura del cuore. Poi è lo sforzo che ho fatto per capire la natura di quella esperienza che mi ha aperto il cuore, allora ho capito che noi abbiamo ben più della mente razionale che è quello che la scienza usa, oppure della mente razionale e immaginativa che è quello che gli inventori e gli artisti usano, e della pancia, cioè, dell'azione coraggiosa che è quella che gli imprenditori usano. C'era anche il cuore, quello ancora più importante perché è quello che amalgama, che porta l'etica, lo scopo e il significato dentro quegli altri due aspetti che sono aspetti meno profondi, sono aspetti di azione, ma non così significativi come l'empatia, la compassione, il senso di lavorare insieme, il senso di volerci bene, eccetera, che il cuore porta.

E allora in questa prospettiva stupenda pensi che abbia senso parlare di una spiritualità intrinseca al nostro essere coscienti e autocoscienti?

Assolutamente, e questa spiritualità intrinseca è trovare un equilibrio, un'armonia tra questi tre centri fondamentali che tutti abbiamo, questi centri fondamentali non sono separabili, l'altro problema della scienza, del metodo scientifico, del modo di vedere la realtà della scienza che è divisiva, è quello di avere eliminato il cuore e la pancia.

Quando dico cuore e pancia intendo dire aspetti collegati, non separabili, ma non separabili nemmeno con la mente, con la testa, che insieme danno senso e significato e scopo alla vita. E se uno non li considera nemmeno parte dell'esistenza, uno si isola in una maniera talmente alienante dalla realtà che hai le situazioni che ci sono oggi in cui l'intelligenza artificiale viene affermata come sostitutiva dell'uomo. Sono cose aborrenti che eliminano il valore profondo degli aspetti umani che tutti conosciamo, ma che la scienza non vuole riconoscere.

Ma allora ci vuole un salto intuitivo che conduca a riconoscere che la prospettiva materialista è molto parziale, è alienante se vogliamo?

Certo, ma è più che un salto intuitivo, ci vuole il coraggio di accettare che queste cose esistono, cioè lo scienziato è stato abituato a usare soltanto il cervello perché deve provare le sue asserzioni, quindi per provare le sue asserzioni deve fare esperimenti, ragionamenti logici e così via. Ma esclusa l'intuizione, per esempio l'intuizione della mente, non può mai dire che ha avuto il suggerimento dall'intuizione, deve far vedere che la ragione per cui è così è solo logica, perché per qualche ragione l'intuizione è stata estromessa nel palazzo della ragione.

Quindi questo porta veramente a una forma di alienazione, perché tra l'altro la logica da sola non è in grado di provare la verità di tutte le asserzioni. Questi sono i teoremi di Gödel, il quale ha dimostrato che non è dato un sistema assiomatico, un sistema di principi che uno considera validi anche se non li può dimostrare e una persona fa delle affermazioni sulla base dei teoremi, si fa delle domande sulla base di questi assiomi, certe domande che si può fare, non tutte le domande che si può fare sono dimostrabili.

Ci sono domande che una persona si può fare che non sono assolutamente dimostrabili, se dimostri che sono vere allora sono false, se dimostri che sono false allora sono vere. Un esempio di questo tipo di asserzione è tutti i tebani sono bugiardi, io sono tebano e tutti i tebani sono bugiardi.

Ma c'è un macigno di resistenze ideologiche, di prassi sedimentate, politiche sociali e religiose rispetto a questa tua posizione.

Secondo me c'è un problema ancora più profondo: il bisogno di controllo e di potere degli scienziati, i quali se il mondo non fosse deterministico, e quindi loro conoscendo le leggi ti possono dire quello che avverrà o meno e quindi quello gli dà potere, sarebbero senza potere. E quindi loro vogliono veramente un mondo deterministico.

Anche Einstein con tutte le sue capacità voleva un mondo deterministico e poi parlava di cose quasi mistiche che non hanno nessun senso in un mondo deterministico. La coscienza non può esistere in un mondo deterministico perché in un mondo deterministico il libero arbitrio non può esistere, e se non può esistere il libero arbitrio la coscienza non ha senso perché è la coscienza che ti permette di capire quello che sta succedendo attorno a te. E poi se tu non hai il libero arbitrio per agire di conseguenza non avrebbe senso perché vuol dire che qualcos'altro in te decide per te... dicono che la coscienza è un epifenomeno, epifenomeno vuol dire che non è un vero fenomeno.

Il fenomeno è un fenomeno causale, la coscienza non è causale perché il cervello decide e poi informa la coscienza della sua decisione, quindi tu credi di avere deciso liberamente, invece non hai deciso liberamente e questa è una grandissima scemenza, lasciamelo dire.

Perché se fosse vero questo, tra l'altro, il sistema della giustizia non dovrebbe esistere, perché chi allora ammazza quattro persone ha agito senza libero arbitrio, senza scelta, è una macchina, in altre parole se noi fossimo macchine come ci dice la scienza non avremmo il libero arbitrio e non dovremmo essere nemmeno condannate.

Oppure se siamo condannate siamo semplicemente eliminate dal consesso civile, perché la nostra struttura fisica ci fa fare delle cose aborrenti, ma in realtà la religione, l'etica e la giustizia che dipendono dal libero arbitrio non dovrebbero esistere, ma nessuno ne parla, nessuno vuole affrontare questi problemi perché nessuno ha la risposta e quindi si continua come prima.

Ma in realtà lo scienziato hard scientist non vuole affrontare questi problemi perché sotto sotto anche lui vuole un mondo in cui lui è in controllo.

Lo so, però allora il problema irresolubile è il potere, cioè la sete di potere che prende sia il mondo scientifico che il mondo religioso, che il mondo spirituale, se vogliamo.

D’altra parte, se tu guardi la storia del mondo religioso e spirituale è anche quello un mondo di potere.

Appunto, ma come possiamo risolvere il problema, mio caro?

Il problema si risolve semplicemente attraverso un movimento in cui le persone più evolute si accorgono che non è così, si accorgono che ciascuno di noi, incluso le persone più evolute, hanno scoperto dentro di sé il bug della superiorità, il bug del bisogno di controllo, il bug del bisogno di potere e una volta capito che quel bug è un bug, non è una realtà, non è qualcosa che ti rende più survivable, la sopravvivenza del più adatto. Perché guarda che la stessa legge della vita, come te l'hanno espressa gli scienziati, è la sopravvivenza del più adatto.

Prima era la sopravvivenza del più forte, adesso è politically correct dire che è la sopravvivenza del più adatto, è la stessa sostanza, cioè vita o morte. Quindi chi sopravvive vuol dire che l'altro muore e tu sopravvivi, la sopravvivenza implica morte o vita, hai capito? Quello non appare subito, ma se tu ci pensi un attimo è chiaramente la distinzione tra sopravvivenza o meno è vita o morte. Il più adatto è quello che decide se tu vivi o se vive lui.

Perfetto, però allora scusami, bisogna sostituire al più adatto il più sveglio?

No, bisogna sostituire al più adatto quello che riesce nel conoscere se stesso, a indurre, a dare un esempio agli altri di conoscere se stessi in modo da cooperare e lavorare insieme per conoscere la realtà ancora più profondamente attraverso la cooperazione, non attraverso la competizione che è la conseguenza diretta del principio di sopravvivenza del più forte.

Quindi, secondo te, ci si può avviare a predisporre una nuova scienza della consapevolezza?

Certo, uno alla volta però. Nel senso che ciascuno di noi deve cambiare dentro di sé l'idea di chi è e trasformare a sufficienza la propria conoscenza di sé nel capire che anche lui aveva contribuito con il bisogno di superiorità al casino che esiste in questo mondo e quindi prendersi la propria responsabilità non solo della propria vita ma anche dell'esempio che dà agli altri.

Dell'esempio che dà agli altri, ci vorrebbe un San Francesco di nuovo, insomma?

Ma no, perché non dobbiamo essere tutti santi, ci mancherebbe altro. Una volta che c'è un processo legato all'evoluzione naturale che porta a questo, l'evoluzione naturale come la vedono i fisici, o come gli scienziati, è semplicemente farsi fuori finché rimangono solo quelli che sono più adatti, è una cosa puramente meccanica che non porta mai a niente di meglio, semplicemente continua perché poi il più adatto è meno adatto, perché cambia qualcosa e non è più adatto.

Qualcun altro emerge che è più adatto, fa fuori quelli che erano più adatti prima e si continua così, questa è l'evoluzione della specie, ma questa evoluzione della specie non ti potrebbe spiegare perché la specie diventa sempre un po' meglio, perché c'è un miglioramento sensibile tra il presente e quello che era il passato.

Perché esistono sistemi sempre più complessi, se semplicemente basta essere più adatti? Non c'è nessuna ragione che ci siano, per esempio, sistemi multicellulari, perché se la vita ha a che fare con la sopravvivenza del più adatto non c'è nessuna ragione per le cellule di mettersi insieme e cooperare e creare un organismo di 50 trilioni di cellule, come l’abbiamo noi, che cooperano per far sì che, se io voglio andare in bagno posso andare in bagno invece di trovarmi in bagno sulle scale, sulla strada di un palazzo, ogni parte di me vuole qualcosa di diverso.

Sì, ho capito, ma allora questa maggiore complessità dovrebbe andare verso un meglio della propria natura...

Certo, ma io devo dire che, se io considero quello che succede oggi nel mondo e quello che la storia ci fa vedere, oggi è un po' meglio, non è certamente una rivoluzione ma è un po' meglio di quello che succedeva al tempo di Cristo.

Davvero pensi che sia un po' meglio?

Quello che descrive la Bibbia è aborrente, le cose che Dio addirittura ordinava agli uomini di fare... quindi oggi che ci accorgiamo che questo sarebbe impossibile, visto la nostra conoscenza migliore e il fatto che oggi viviamo, invece di avere una vita media di 30 anni, abbiamo una vita media di 80 anni, vuol dire che un certo progresso è stato fatto.

Lo so ma è stato un progresso materiale, possiamo diventare più vecchi ma non più desti, non più svegliati...

No, per avere fatto questo progresso materiale visto che l'abbiamo condotto noi, dobbiamo avere fatto anche un po' di progresso mentale e spirituale e del cuore, naturalmente non abbastanza. Il problema di oggi è che abbiamo molta strada davanti e c'è l'intoppo dell'intelligenza artificiale di questa mentalità materialista che vorrebbe riprendere controllo su di noi e ricondurci a una realtà in cui noi siamo schiavi dei più potenti, è quello che sta succedendo oggi.

È già, quindi che meglio è?

Non è che è successo ancora, non è che è successo ancora. Ci sono persone come me e come te che si difendono, che dicono che non va bene, che si oppongono, che usano il coraggio della pancia per dire di no, perché il coraggio della pancia è ispirato all'amore del cuore e anche all'intelligenza e alla coerenza che uno vede nella realtà più profonda.

Quindi tu sei insomma, mi sembra di capire che c'è un ottimismo nella tua visione di oggi.

Ma certo, ma ci mancherebbe altro. Il futuro non è mica scritto, il futuro, anche nella fisica quantistica, il futuro dell'universo è aperto, non è scritto. Cioè, solo i fisici arroganti ti dicono come sarà il mondo fra 30 miliardi di anni, ma questa è una stupidaggine che dicono quelli che non capiscono niente. Perché sono fisici non vuol dire che sono intelligenti o che sanno quello che dicono.

Però allora la probabilità è aperta verso il meglio e verso il peggio.

Assolutamente, la fisica quantistica non può dirti neanche per una particella lo stato futuro che si manifesterà, ti può dire soltanto tutte le probabilità di tutti i possibili stati in cui la particella si può manifestare, ti pare poco?

No, però...

Ma non dice qual è lo stato in cui si manifesterà, perché lo stato in cui si manifesterà è quello che determina poi lo stato successivo del mondo.

Sì, sì, ho capito. Però voglio dire, io sarò pessimista, ma penso che la probabilità è uno spazio aperto in cui si può andare anche verso il peggio.

Certo, assolutamente, ma quando io dico aperto non dico aperto solo al meglio, però dico aperto il che vuol dire che non è già, cioè, c'è un divenire che non è determinato.

Non è determinato?

Non è determinato. Ma siamo noi che lo determiniamo con le nostre azioni. C'è qualcuno di noi che dà un piccolo contributo e poi collettivamente si arriva a fare un passo avanti o passo indietro. Generalmente in media c'è un piccolo passo avanti.