Quando non si butta via nulla si possono fare anche miracoli. Anche la più piccola parte di un oggetto, quella infinitesimale, quella che pare assolutamente inutile e non utilizzabile, alla fine può avere un suo spazio e un suo ruolo. Può ritornare a nuova vita. L’ingegno e la creatività umane sanno esser preziose, quando si vuole. Tutto torna.

Fra i tanti, ci ha pensato un gruppo di artisti tedeschi, con Recycle Art, recuperando, inizialmente, tutti i componenti provenienti dalle carcasse di auto o motociclette per saldarli tra loro e creare sculture originali e uniche. Con un’attenzione maniacale per il dettaglio unita a una fervida e unica creatività, il gruppo ha dato vita ad autentici capolavori: un meraviglioso mondo di sculture, le cui dimensioni spaziano tra pochi centimetri e una decina di metri, fatto di fiori, animali, personaggi di fantasia, oggetti vari e complementi d’arredo, collocabili in una grande varietà di ambienti. Tanti oggetti ad abbellire ambienti interni o esterni, tanta creatività al servizio del riuso.

In questa arte, recentemente spicca anche un artista colombiano, un genio che trasforma rifiuti in figure di animali, ma non solo. Si tratta di Federico Uribe, classe 1962, con progetti che fanno sempre riflettere sul rapporto tra uomo e natura. Questo incredibile e unico artista crea oggetti di squisita fattura che sono assemblaggi di bossoli di proiettili, pezzi tagliati di matite colorate, lacci e spille colorate, cavi elettrici, cravatte, rifiuti di plastica, solo per citarne alcuni.

Le sculture che crea non sono scolpite ma costruite e tessute, in modi curiosi e imprevedibili, ripetitivi e quasi compulsivi. Il risultato è stravagante ma contiene un’enorme efficacia e comunicabilità. Collegando gli oggetti in modi così nuovi, Uribe riflette sulla presenza fondamentale della Natura e, nel processo, chiude il cerchio e restituisce alla Natura ciò che le è stato tolto: come gli alberi vengono trasformati in libri, l’artista trasforma i libri in alberi, le scarpe di cuoio in animali, mentre l’uso di proiettili e cartucce per riportare in vita una volpe o un coniglio potrebbe illustrare in modo drammatico il brutale annientamento della fauna selvatica sul nostro pianeta. L’uso dei proiettili gioca con la giustapposizione tra argomenti giocosi o nobili e un mezzo emblematicamente pericoloso. Le opere raffigurano animali o piante pieni di vita e riflettono l'innocenza che l'artista vede nella natura.

In uno dei suoi primi progetti, Animal Farm, una mucca nasce dalle suole delle vecchie scarpe da ginnastica, un asino riprende vita dai consumati tappi di sughero e un cane dalle mollette scolorite. L’arte del riciclo di Uribe nasce dai ricordi d’infanzia, trascorsa nella fattoria di famiglia in un villaggio vicino Bogotà. La vita in campagna ha creato in lui una particolare sensibilità per il mondo naturale, per gli animali e le creature che ci circondano, amore che l’artista riversa nelle sue sculture di rifiuti, straordinariamente dettagliate. Da qui Uribe avrebbe successivamente frequentato l’Università di Los Andeas e studiato pittura a New York (oggi vive a Miami, in Florida).

Oltre a questa iniziale fattoria allegra e colorata, Federico Uribe ha prodotto una seconda serie di sculture di arte dal riciclo, quelle che rappresentano trofei di caccia realizzati con proiettili. Il tutto per portare un’attenta riflessione su come l’uomo sia capace di distruggere un equilibrio complesso creatosi in milioni di anni, riempiendo il mondo di rifiuti e oggetti inutili, togliendo spazio alle creature che non possono parlare e comunicare. La pantera, la tigre e il leone ottenuti con i proiettili utilizzati, come moderni trofei messi in mostra di ritorno da un safari, simboleggiano la forza dell’uomo, capace di utilizzare le armi e distruggere le altre creature, per quanto maestose e feroci siano. Le volpi e le lepri, anch’esse realizzate con i proiettili, sono arte dal riciclo ma soprattutto sono un grido di dolore contro la prepotenza e la crudeltà dell’uomo, che per puro divertimento sacrifica gli animali selvatici. Oggetti che fanno un po’ sorridere ma anche molto riflettere. E questo è l’importante.

Ci sono poi opere con mille altri scarti. Come gli orsi, con il loro lato tenero e buono, fatti con le punte rimaste delle matite colorate, in un arcobaleno variopinto ed allegro, panorami naturali o bouquet fioriti fatti con resti di radiografie e di lampade LED, per non parlare di opere dove la connessione dell’uomo con la natura è rappresentata da rimasugli di cavi elettrici.

Al di là del dibattito pubblico e politico, l’intenzione dell’artista è quella di incoraggiare lo spettatore a vedere gli oggetti, che tipicamente hanno una funzione naturale, in modo crudo e ottimista.

«Come intenzione ricorrente nel mio lavoro», ha detto, «incoraggio lo spettatore a scoprire, al di là della sola funzione di un oggetto, una realtà simbolica ed estetica sottostante dove la vita supera la morte e la bellezza soppianta la distruzione».

Opere uniche, dove umorismo, estro, stravaganza, passione, colore, bellezza e amore sono ciò che rimane nella memoria dello spettatore. Chapeau!