Se dico Bud, noi italiani, pensiamo al mitico Bud Spencer senza dubbio, e giustamente direi… L’altra cosa che mi viene in mente, pensando a questo nome, è sicuramente la più famosa birra americana, quella che avremo visto in mille mila film... Mitica nell’immaginario ovviamente, io l’ho assaggiata ed avrei preferito bere colluttorio al gusto Rabarbaro andato a male, comunque questa bevanda, nell’ultimo periodo sta sprofondando clamorosamente in un baratro che sembra senza fine.

Analizziamo i fatti: negli ultimi mesi il reparto marketing della Bud Weiser decide di contattare l’influencer Dylan Mulvaney, famoso per aver “fatto vivere” al proprio pubblico social la sua transizione transgender. Tutto ok ma, nel marketing è sempre il caso di effettuare una piccola ricerca di mercato per non fare, quella che in gergo tecnico viene chiamata, una colossale figura di merda. Sì perché, il bevitore incallito di questa birra è un pubblico generalmente conservatore, fieramente maschio bianco-nazionalista-patriottico ma soprattutto etero, che preferisce sbattere il mignolo ogni mattina piuttosto che vivere cambiamenti nella propria vita. Un pubblico molto vicino a posizione integraliste cattolico-protestanti che farebbero rabbrividire anche il peggior Torquemada. Insomma, non proprio la figura della simpatia nell’immaginario collettivo… Inspiegabilmente, davvero non ci si crede, questo pubblico non ha preso bene l’idea geniale del reparto marketing della Bud, e ha protestato, ovviamente nei limiti con cui protesta l’americano medio: facendo il tiro a segno con le lattine piene della suddetta birra (una scusa come un’altra per usare le armi), boicottandola, impendendo l’ingresso delle persone nei supermercati dove viene pubblicizzata, bruciando casse di birra con un simpatico lanciafiamme (che, in America se non ce l’hai, sei l’ultimo degli sfigati), insomma i soliti fatti all’americana…

Non so se vi ricordate l’episodio di qualche anno fa nel quale, alcuni giocatori di Football americano, non cantavano l’inno nazionale prima della partita e addirittura si inginocchiavano, e tutto ciò perché? Per protestare contro il razzismo… assurdo! E giù a bruciare maglie e scarpini dei giocatori colpevoli di protestare contro il razzismo e boicottaggio spinto. È come se Mattarella, durante il discorso di fine anno, dicesse quanto è buona la pizza con l’ananas o che Dante, con la Divina Commedia, poteva fare di meglio… Ci sono cose che non si toccano, e per gli americani, fai quello che vuoi ma non toccare l’inno nazionale! Ovvia conseguenza della protesta è un calo di vendite clamoroso di circa centomilamigliaia %. No scherzo, in realtà, per ora, sono circa 5 miliardi di dollari… niente di che insomma dai, si stima una perdita del 28% in un mese.

Quei volponi della Bud hanno subito pensato alla contromossa. Licenziare immediatamente gli ideatori della geniale campagna di marketing, con tanto di crocifissione in sala mensa, ed intraprendere una serie di azioni che ribadiscano che la loro è una birra fiera e patriottica. Organizzando raduni di veterani, manifestazioni a favore delle giuste guerre per la democrazia che tanto piacciono agli americani e cose simili. Incredibilmente il pubblico di cow boy fieramente bianchi ed etero se la sono presa ancora di più col marchio, sentendosi presi in giro, dimostrando la presenza di un reale meccanismo di ragionamento all’interno di questi personaggi. Ma non basta, infatti questo dietro front della birra campionessa della fierezza americana, ha fatto infuriare le comunità LGBTQCGILCISLeUIL+, sentendosi usati solamente per scopi commerciali. Insomma neanche gli spot patriottici con tanto di fieri cavalli che impennano, promontori poetici e persone che si salutano senza spararsi addosso, hanno funzionato…

Io propongo una cosa cari simpatici amici della Bud, poi se volete una collaborazione vi lascio il mio iban. Visto che tutto è andato male, non c’è più niente da perdere. Fate un rebranding dove insultate tutti indistintamente: i fieri cow boy americani, la comunità LGBTQ+, quelli che amano le armi, prendete in giro l’inno americano (per esempio, ripensando al buon Jimi Hendrix che lo fece con la chitarra distorta, voi potete esagerare ancora di più, facendolo rifare ad un cantante neomelodico a caso), fate battute di black humor ai veterani di guerra, o addirittura dicendo che il sogno americano è una invenzione di Freud, un austriaco! Anche se, in definitiva, non vale la pena fare tutto ’sto casino per una birra che manco arriva a 5 gradi, riducendola alla categoria “Tè al luppolo con una leggera gradazione alcolica”.