Tre aggettivi per descriverti

Irriverente, generoso, ironico.

Hai dichiarato che il tuo lavoro consiste nello scegliere, tra le varie sfilate del mondo, i vestiti che rappresentano maggiormente le tendenze dei vari brand e che suscitano il tuo interesse, per poi presentarli ai vari magazine e clienti per i quali lavori.

Giorgio Armani ha dichiarato in un’intervista che la differenza tra lo stile e la moda risiede nella qualità. Secondo te ciò che fa tendenza e diventa poi moda coincide poi con lo stile? Tendenza e stile non sono spesso la stessa cosa. Per me lo stile è un’attitudine, un modo di osservare le cose e il mondo, e la moda è uno di questi punti di vista. La tendenza è indefinibile e non riguarda lo stile, non ha senso parlare oggi di tendenze. Credo dobbiamo riappropriarci del nostro personale punto di vista. Le persone se le osservi bene sembrano più delle schegge impazzite senza un vero stile.

Tu hai lavorato e lavori ormai da parecchi anni come stylist per i maggiori magazine di moda, il valore aggiunto che riesci a trasmettere nella tua professione?

Il mio valore è quello di creare all’interno dei brand delle vere e proprie storie da raccontare. Dare armonia e un senso più preciso a ciò che i designer creano. Più sei bravo a farlo e più sei richiesto. Io motivo sempre il perché di alcune scelte, devi giustificare sempre ciò che fai o il perché scegli un capo piuttosto che un altro. Se vuoi fare il mio lavoro devi conoscere il mercato, l’aspetto commerciale e mettere insieme tutto, frullandolo poi con la tua fantasia. Io cerco di trasmettere armonia e di creare una perfetta correlazione tra contenitore e contenuto.

In occasione della Milano Design Week, quest’anno hai presentato al Macha Café, in via Savona 25, il nuovo progetto “Voleur de Fleurs”, nato in collaborazione con Officinaarkitettura, produttore e distributore in esclusiva delle wallpaper, e MatriX International per la parte di elementi d’arredo. Ci racconti come è partita l’idea del progetto e a cosa ti sei ispirato per i disegni delle wallpaper?

“Voleur de Fleurs” nasce dal bisogno di parlare di amore e trasmettere messaggi positivi, per questo mi sono immaginato la mia simpatica scimmietta che ruba i frutti dall’albero della vita per donarli a chi ama. Per quanto riguarda i miei disegni, ho fatto una scelta ben precisa: disegno solo animali e natura. La carta da parati è eco al cento per cento e i miei tessuti sono tutti made in Italy come le stampe fatte tassativamente a Como. Mi ispiro ai luoghi dove sono cresciuto, a Cagli, nelle Marche, le mie origini mi hanno dato tutte le immagini e l’immaginario per creare. Amo il Rinascimento e l’arte che sono e continuano a essere per me fonte di ispirazione, infatti le mie carte sono prima dipinte a mano e poi digitalizzate.

Qualche aneddoto o curiosità̀ che ci puoi raccontare in merito alla tua collaborazione con il magazine Vanity Fair, per il quale realizzi servizi di moda e copertine?

Purtroppo nel mio mondo, quando lavori con celebrity internazionali come Michal Bublè, Nicole Kidman, Monica Bellucci, vige una sola regola: il silenzio. Quello che accade durante lo shooting non si può né raccontare né fotografare. Rimarrà per sempre un segreto. La discrezione è la prima regola per poter lavorare con i grandi personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo.

Non tutti sanno che circa vent’anni fa hai ideato, con due giovani fotografi irlandesi, la rivista Thisisamagazine.com che era uno dei primi online, diventando un vero precursore di quello che oggi è considerata la normalità. La differenza che hai potuto riscontrare e riscontri ancora oggi tra la comunicazione online e quella cartacea, alla quale molti clienti ed editori sono affezionati.

Quando iniziammo a creare contenuti per questo progetto online, le persone non mi davano i vestiti e non c’era nessun ufficio stampa; questa cosa moderna chiamata magazine online non interessava a nessuno. Ci guardavano come se stessimo parlando una lingua sconosciuta. Io, noi, stavamo solamente guardando dove ancora nessuno aveva messo il naso. Lavoravamo con artisti che oggi sono famosissimi, graphic design incredibili che erano liberi di creare sul tema che noi suggerivamo per il numero che avremmo fatto. Il primo shooting che feci per la rivista online era con le tute da imbianchino e le scarpe con tacco vertiginosi e un manichino al posto della modella. Si respirava la libertà di ognuno di noi, l’arte e la creatività possono crescere solo nella libertà individuale di espressione. Il narcisismo, il potere, spesso prendono il sopravvento sulle idee e senza idee non si arriva da nessuna parte. Allora, nel magazine online che era stato creato vigeva solo la parola libertà. Era come essere su una macchina cabrio e viaggiare con i capelli al vento in piena estate. Nel cartaceo da sempre ci sono altre regole, né migliori, né peggiori, semplicemente diverse.

Dal tuo profilo Instagram traspare sicuramente il talento e la passione per il tuo mestiere, ma soprattutto una grande vena ironica che viene trasmessa attraverso una serie di personaggi performativi che interpreti. Il filosofo tedesco Karl Wilhelm Friedrich von Schlegel asseriva che l’ironia è quello stato d’animo che sovrasta a tutto e che si solleva infinitamente su tutto ciò che è limitato. Credi sia questa l’arma vincente dei tuoi centocinquantaduemila followers e utilizzi l’ironia anche nella tua vita privata, come forma di libertà?

Io sono ciò che vedi e che dico di essere, l’ironia insieme alla curiosità sono il motore della mia vita. Io mi diverto anche da solo quando preparo i video o i contenuti per i miei social. La mia attenzione nei confronti delle cose e di ciò che mi circonda è sempre ironica e leggera. Non riesco a stare con persone che vedono sempre i lati oscuri o negativi in tutto e tutti.

Da fashion editor a designer, da fashion consultant a stylist, sicuramente hai la capacità di osservare il mondo a 360 gradi, come fanno i camaleonti, che riescono tra le altre, anche a cambiare colore non semplicemente per mimetizzarsi con l’ambiente circostante ma per distinguersi dallo sfondo e spiccare agli occhi della potenziale partner, a colpi di colore. Tra i vari ruoli che ricopri, quello al quale non potresti mai rinunciare e se c’è una persona, nella tua vita professionale o privata, che ha riconosciuto sin da subito questa tua poliedricità. Da bambino sei sempre stato così curioso e creativo?

Da bambino ero un piccolo esploratore, il mio sogno era quello di viaggiare e disegnavo cartine geografiche sognando di visitare luoghi lontani e sconosciuti. Ho avuto una infanzia bellissima, i miei genitori mi hanno dato sempre fiducia e mi hanno lasciato, seppur vigili su di me, libero nelle mie scelte. Giovanni Gastel e Cristina Lucchini sono state le persone che più di tutti hanno incoraggiato la mia creatività e libertà e hanno da sempre creduto in me, incentivando il mio estro. Infatti sono i miei riferimenti sia come professionisti che umanamente.

Insieme al fotografo Cosimo Buccolieri, con il quale lavori ormai da parecchi anni per diversi progetti, siete diventati una delle coppie creative più ricercate. Hai dichiarato in varie interviste che preferisci inserire, all’interno dei tuoi servizi fotografici, persone reali, in grado di trasmettere una semplicità emotiva unica.

Lavorare con Cosimo è come fare una staffetta creativa, ci compensiamo, confrontiamo, analizziamo nella libertà assoluta. Cosimo è un instancabile lavoratore e un genio creativo oltre che ormai un amico senza il quale non saprei stare. Solo lui riesce a fotografarmi in quel modo, mi conosce alla perfezione, riesce sempre a fare degli scatti creativi dove vedo sempre la versione di me che vorrei. Amo mettere persone reali nei miei shooting perché amo trasformarli e renderli bellissimi, a volte come non si sono mai immaginati. Amo gli umani e amo rendere belle le persone.

Nell’arte di Caravaggio, una delle ragioni di successo, è questa profonda partecipazione emotiva, suscitata dalla capacità dell’artista di mettere in scena temi sacri in ambienti di vita quotidiana, dove il divino si rileva negli umili e il motivo religioso diviene anche sociale. Da marchigiano, pensi che la tua provenienza da un paesino in provincia di Pesaro e Urbino, Cagli, ti abbia aiutato a custodire una certa autenticità nei confronti della vita reale e delle persone, in termini di valori?

Il fatto di essere cresciuto in un posto come Cagli mi ha permesso di sperimentare le emozioni e un contatto con le cose e la natura che mai avrei potuto sperimentare in altri luoghi. Quando torno dai miei, nelle Marche, e dai miei amici, respiro valori umani che mi fanno ancora credere nelle persone. Riesco a girare il mondo perché so che esiste anche un’alternativa al mondo in cui vivo: quello della moda che amo tanto, ma dove spesso l’autenticità non è la prima virtù nella scala dei valori.

Avete mai pensato di poter realizzare una grande retrospettiva con tutti i vostri progetti e fotografie?

Mi piacerebbe, ci penso ogni giorno, mi piacerebbe fare un libro e una mostra. Si è appena conclusa la fashion week a Monte-Carlo.

Cosa ha significato per te prendere parte per la prima volta all’apertura?

Per me è stato un riconoscimento incredibile perché hanno apprezzato la sartorialità e la costruzione dei capi. E’ piaciuta l’idea dei capi come continuità del mio mondo onirico, rappresentato nelle mie carte da parati. Quando qualcuno ammira e stima il tuo lavoro è come una certezza all’anima che ripaga dei sacrifici e delle fatiche.

In questo momento della tua vita, se dovessi realizzare una copertina o un servizio fotografico

per Simone come persona, quale immagine sceglieresti e cosa indosseresti?

A me piace molto indossare lo smoking, credo che a volte la modernità sia un certo ritorno al classico, forse se potessi sceglierei due cover: una in smoking e una forse vestito da segretaria sexy con tailleur alla Dior di Alfred Hitchcock.