Una città la si può guardare in mille modi, nei dettagli, a volo d’uccello, ma anche in un periodo di chiusura e di difesa come è stato quello vissuto durante il lockdown. Lo ha fatto un grande artista e fotografo Vincenzo Castella che ha realizzato “Il libro di Padova” che è stato anche una mostra che si è conclusa l’8 gennaio scorso, curata da Salvatore Lacagnina, con il sostegno di Hermès con la collaborazione di Silvana Editoriale e di Studio la Città.

Si tratta di una sperimentazione quella che l’Orto botanico di Padova ha proposto nella sua sede per trasferire una sequenza di immagini fotografiche dal formato libro a quello espositivo. Un’operazione solo apparentemente ovvia. Le immagini sono quelle che Vincenzo Castella ha realizzato nel momento più cupo per il Paese e per la città di Padova, tra il 2020 e il 2021 in piena pandemia. Mi sembra doveroso ricordare che proprio a Vò Euganeo, in provincia di Padova, si registrò la prima vittima per Covid e la prima sperimentazione di isolamento del virus. Le immagini sono raccolte ne Il libro di Padova, volume edito da Silvana Editoriale su commissione di Hermès Italie, nell’ambito della collana libri fotografici nati come omaggio alle città italiane dove la maison è presente.

“Per rendere omaggio a Padova – spiega – Francesca di Carrobio, amministratore delegato di Hermès Italie “abbiamo invitato l’artista Vincenzo Castella, a mostrare la città attraverso immagini di grande forza espressiva”.

Il lavoro di Castella si connette alla riduzione sistematica del repertorio e della sintesi del linguaggio. La mostra che ha dato vita al libro raffigura l’Orto Botanico di Padova, un luogo magico ed unico al mondo, in cui lo sguardo di Castella ha catturato quaranta immagini che non vogliono essere un itinerario della città e tanto meno un’indagine sociale e territoriale.

Nel volume e nella passata mostra, Castella racconta la città del Santo attraverso quattro temi centrali: l’Orto botanico con suo affascinante e suggestivo mondo vegetale, la pittura attraverso gli affreschi conservati nelle chiese e nei palazzi, l’architettura che l’artista lascia emergere come spazio interno e l’Università con la sua storia che intreccia quella della cultura europea.

“I travelings e le panoramiche visibili – spiega il maestro Castella – non seguono i movimenti dell’occhio. Vuol dire separare l’occhio dal corpo. Sistemo il centro e la verticale per una porzione bastevole e poi la estendo, per vedere la presenza dell’estensione, per vedere se succede qualcosa, per includere significati nuovi”.

Ogni opera di Castella è una macchina che attiva diverse possibilità dello sguardo e un proliferare di storie. Castella che aveva iniziato la sua storia di artista proprio attraverso un’indagine sul campo delle comunità afroamericane del Missisipi e del Tennesee prosegue con i suoi mezzi il lavoro sulla rappresentazione della realtà attraverso il suo obiettivo sensibile e rivelatore. Con Padova ha giocato la carta del mondo silenziose e del richiamo della natura e dell’arte trecentesca e rinascimentale.

“Padova è una citta che amavo conoscere – continua l’artista napoletano – e volevo sperimentare un’unicità. E quindi quale migliore luogo per sperimentare il futuro del futuro. Ricordo che quando sono arrivato a Padova in piena pandemia non c’era un luogo dove poter risiedere, quindi magari facevo un viaggio per effettuare due ore di shooting fotografico. Ho dovuto ritagliare un spazio limitato perché gli accessi non erano possibili. Ma l’esperienza è stata straordinaria”.

Vincenzo Castella nasce a Napoli nel 1952 e vive a Milano. Inizia la sua attività nel 1975 con il progetto Hammies Nixon People, biografia semi-immaginata di bluesmen incontrati durante la sua ricerca nella comunità di afroamericani nel Missisippi. Dal 2006 Castella inizia a realizzare installazioni di negativi fotografici. Come per Cronache da Milano, opera presentata ad Art Unlimited a Basilea nel 2009, in cui i movimenti di una cameera virtuale riproducono una lettura articolata della foto stessa e delle relazioni nella vita della città con quello che è visibile e non visibile. Le opere di Vincenzo Castella sono presentate dal 1980 in Europa e in America. Nel 2015 il Board di Trustees della Tate Modern ha incluso nella sua collezione una selezione di cinque lavori del suo Progetto Malta.