Nell'antica Grecia la Pizia o Pitia era la sacerdotessa di Apollo che dava i responsi nel santuario di Delfi, situato presso l'omphalos - l'«ombelico del mondo», una pietra scolpita da cui la Pizia diffondeva i suoi vaticini.

L’onfalo indicava quindi che Delfi era il centro del mondo, Zeus infatti per determinarlo aveva liberato due aquile che volando in direzioni opposte si erano congiunte proprio a Delfi. Il mito racconta che Crono, per paura di essere spodestato, ingoiò tutti i suoi figli tranne Zeus che era stato risparmiato dalla madre Rea che con l’inganno fece ingoiare a Crono un masso al posto del figlio. Zeus, nell’intento di liberare i suoi fratelli, con un abile sotterfugio, fece bere a Crono un veleno che gli provocò il rigetto dapprima della pietra ingoiata al posto di Zeus e poi delle altre divinità.

La Pizia era anche chiamata pitonessa dal latino pytonissa, in riferimento alla maga che prediceva il futuro invasata da un demone di nome Python, ma deriva anche da Pito, il serpente oracolare, guardiano del santuario di Pito dedicato al culto ctonio antichissimo legato alla Dea Madre, che venne ucciso da Apollo.

L'oracolo di Delfi è una delle istituzioni religiose del mondo classico meglio documentate, ne scrivono Aristotele, Diodoro Siculo, Erodoto, per citarne alcuni. Diodoro Siculo fu il primo a narrare dell’origine del santuario, raccontando che un pastore di nome Kouretas, un giorno notò che una delle sue capre, caduta in una cavità, belava in modo strano. Così il pastore entrò nella grotta e, invaso dalla presenza divina, iniziò ad avere visioni del passato e del futuro. Kouretas, euforico per la scoperta, corse al villaggio per comunicarlo agli altri abitanti che andarono ripetutamente alla grotta fin quando uno di loro morì, si decise così di permettere l’accesso alla caverna solo alle giovani donne. La grotta divenne un santuario severamente regolato da un gruppo di sacerdoti.

Ancora Diodoro afferma che inizialmente il ruolo di Pizia era accessibile solo alle vergini, ma dopo che Echecrate di Tessaglia rapì e violentò la veggente di cui si era innamorato, fu stabilito per legge che tale ruolo poteva essere ricoperto solo dalle donne mature che però, in ricordo delle sacerdotesse originarie, avrebbero continuato a indossare le vesti da vergine.

Secondo Plutarco c'erano almeno tre donne che svolgevano contemporaneamente il ruolo di Pizia, ruolo che durò per circa 2000 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 d.C. quando l’imperatore romano Teodosio I la proibì perché culto pagano.

Esploriamo brevemente il culto apollineo strettamente connesso all’Oracolo di Delfi.

Nella religione greca e romana Apollo è uno dei più importanti dodici dei olimpici, è il capo delle Muse, il dio della musica, delle arti mediche, delle scienze, dell'intelletto ed infine ma non meno rilevante è un dio oracolare capace di svelare, tramite la Pizia, il futuro agli esseri umani. Apollo è figlio di Zeus e di Leto e fratello gemello di Artemide, dea della caccia e una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme con Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante).

I suoi simboli sono numerosissimi: la lira, l’alloro, il tripode sacrificale, cigni, lupi, cicale, falchi, corvi, delfini, serpenti, galli, grifoni. Apollo ha inoltre vari epiteti, atti a riflettere i diversi ruoli, poteri e aspetti della sua personalità. Il più importante è Febo, letteralmente "splendente" o "lucente", riferito sia alla sua bellezza sia al suo legame con il sole, infatti Apollo viene raffigurato come colui che traina il carro del sole nella volta celeste. Il mito narra che Apollo ottenne i segreti dell’arte divinatoria dal dio Pan, impadronendosi dell’oracolo di Delfi, città il cui nome deriva dal mostro Delfine, la compagna di Pitone, il drago-serpente ucciso da Apollo.

Come non citare a questo punto l’esortazione «conosci te stesso», in greco antico γνῶθι σαυτόν, gnōthi sautón, la massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi. Con questa massima il dio Apollo intima agli uomini di «riconoscere la propria limitatezza e finitezza», o ancora «conosci chi sei e non presumere di essere di più», un’esortazione a non cadere negli eccessi e a non offendere la divinità pretendendo di essere come il dio. Nella tradizione antica l’ideale del saggio, colui che possiede la sophrosyne - la saggezza, è infatti la moderazione.

La locuzione latina corrispondente è nosce te ipsum o temet nosce. Chi ha visto la trilogia cinematografica di Matrix ricorda che sulla porta dell'Oracolo vi è una targa in legno con la scritta «temet nosce», un monito per gli eletti che, desiderando comprendere se stessi, avanzano verso livelli superiori di autocoscienza. L’Oracolo si esprime in modo sibillino poiché è l’uomo che deve empiricamente scoprire la verità celata. Neo inizialmente rifiuta di essere considerato un eletto, non accetta ciò che Morpheus sa per certo, lo scopre strada facendo nelle relazioni con Trinity e con gli altri personaggi finché il suo potere esplode nella consapevolezza della sua missione di luce.

Il precetto délfico è centrale nelle Enneadi di Plotino, rappresentando la bussola che orienta il cammino mistico verso il congiungimento con l’essenza divina interiore.

Il desiderio di conoscere l’ignoto è arcaico nell’essere umano e rivolgersi ad un oracolo era ed è pratica frequente.

Ma in che modo la Pizia praticava l’arte divinatoria? Innanzitutto coloro che si recavano a Delfi per consultare l’oracolo erano dapprima selezionati dai sacerdoti che valutavano la richiesta. In seguito veniva sacrificata una capra, lavata con l’acqua di sorgente del santuario e dai cui organi, soprattutto dal fegato, i sacerdoti avrebbero deciso se l’incontro con la Pizia sarebbe avvenuto o meno. Inoltre era consuetudine offrire un generoso compenso in denaro al santuario. Successivamente, essendo stati soddisfatti tutti i requisiti, il richiedente veniva condotto nella camera sotterranea dove si trovava la Pizia. All’interno della cella vi era una fonte d’acqua alla quale si abbeveravano sia la Pizia che i sacerdoti e il richiedente. Si narra che il responso venisse inizialmente dato il giorno 7 del mese di Bisio, tra febbraio e marzo, una sola volta l’anno perché quel giorno era l’anniversario della nascita di Apollo. Successivamente, visto l’aumento dei pellegrini, le consultazioni venivano fatte il settimo giorno di ogni mese.

Prima di svolgere il suo compito la Pizia doveva digiunare, fare un bagno di purificazione e bere l’acqua dalla sorgente che giungeva all’interno dello spazio sacro.

La Pizia indossava una corona di alloro e teneva in una mano un piatto e nell’altra un rametto di alloro. Poi si sedeva sul tripode, sotto il quale si trovava incastonata una pietra cava, veniva pervasa dal pneuma mantico, il respiro divinatorio che promanava da una fessura del suolo e, masticando delle piante allucinogene come l’alloro, entrava in una sorta di trance, uno stato di alterazione mentale che, unito all’atmosfera magica del luogo e ai rituali sacri, la conduceva in uno stato di esaltazione mistica. Si suppone che la Pizia rispondesse a una domanda alla volta ed emettesse le sue divinazioni in modo chiaro e direttamente al richiedente, ma anche che i vaticini fossero confusi e interpretati dai sacerdoti.

Gli studiosi hanno ipotizzato, seppur senza prove geologiche, che i vapori rilasciati dalla fessura sotterranea fossero dovuti ad un terremoto, la fuoriuscita di gas come acido solforico e anidride carbonica avrebbe causato gli effetti psicoattivi nella Pizia.

Il ruolo della Pizia è di estremo valore poiché è l’intermediaria tra gli uomini e gli dei, è la medium più potente, lo strumento nelle mani del dio Apollo che attraverso la bocca della sacerdotessa emette il suo responso.

La Pizia è donna perché connessa alla Grande Madre, alla natura, all’acqua, alle madri Sole-Luna, ricordo che la formula sacra più antica, il Gayatri Mantra, è dedicato a Savitri, la dea dell’energia solare.

Attiene al femminino il potere creativo assoluto, l’intuizione, la magia del ciclo della vita tra generazione e rigenerazione, il disvelámento del mistero. L’energia femminile è insita in ognuno di noi, oscilla con quella maschile armonicamente, se integrate. Se ognuno di noi operasse dentro di sé l’integrazione degli opposti l’effetto benefico si rifletterebbe nel mondo.

Come teorizzò Jung che esplorò a fono le caratteristiche della psiche femminile, la donna è caratterizzata dal sentimento, dalla capacità di contenere gli opposti e di lasciare agire l’Eros come agente della loro conciliazione.

La Pizia in preda alla possessione apollinea è in una dimensione sia ctonia che celeste, attinge dalle profondità della terra e riceve immagini dalle dimensioni spirituali. Svolge anche la funzione di psicopompo per la sua capacità di viaggiare tra le dimensioni.

Concludo con alcune delle massime delfíche: segui il Dio, obbedisci alla Legge, riconosci ciò che hai imparato, comprendi ciò che hai sentito, abbi il controllo di te stesso, aiuta i tuoi amici, domina la rabbia, desidera saggezza, ascolta tutto, preferisci ciò che è sacro.

«Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità» Sant’Agostino